Il 20 settembre si vota per le elezioni regionali. Alle urne andrà un Paese  alle prese con nuove povertà e nuovi disoccupati, produzione ferma e senza soldi, e bisognoso di una nuova offerta politica. E di leadership.

Dopo giornate di ostruzionismo di Fratelli d’Italia, il decreto elettorale è stato finalmente sbloccato con  il via libera finale alla Camera di lunedì: si vota il 20-21 settembre e sarà si andrà alle urne in sei regioni (Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia), in oltre mille comuni di cui 14 capoluoghi, e per il referendum sul taglio dei parlamentari (345 in meno tra Camera e Senato).

La data è frutto di un compromesso con  l’Agcom che sarà garante del fatto che i governatori uscenti e ricandidati non saranno favoriti negli spazi e nella visibilità dopo aver già beneficiato dell’effetto Covid.

I 5Stelle portano a casa il bottino più importante: aver accorpato i voti e tenuto dentro il loro cavallo di battaglia, il referendum, è certamente garanzia di una maggiore affluenza del loro elettorato, di una vittoria quasi blindata sul taglio dei parlamentari e dà loro la forza di provare a correre da soli in almeno cinque regioni su sei. Con tanti saluti al progetto politico di allargamento strutturale ipotizzato dal Pd. E con conseguenti rischi di perdere nelle tre regioni a guida Pd: Campania, Puglia e Marche. Resta ancora in forse la Liguria: qui il vicesegretario Andrea Orlando insiste su una candidatura unica  in grado di complicare la vita al bis di Giovanni Toti e utile anche a sostanziare l’alleanza politica di governo. Se cade questa carta e Pd e M5s dovessero andare separati anche in Liguria, la maggioranza giallo-rosa di governo ne uscirà indebolita.

Italia viva fa storia a sé: avrà liste proprie in ogni Regione, la prima vera occasione di contarsi.  Liste separate ma in appoggio del candidato di centrosinistra.

L’ex premier non nasconde che sarà una campagna elettorale “difficile e con tanta fatica, ma ci divertiremo sicuramente come spesso accade durante le campagne elettorali. Non c’è occasione migliore per avvicinare nuove persone”.

Focus primario è sulla Toscana, dove ieri Renzi ha presentato il suo libro ‘La mossa del cavallo‘ a Firenze. L’obiettivo, ha spiegato il fondatore di Italia Viva, è “essere decisivi per la vittoria di Giani e avere un risultato superiore ai 5 Stelle”. Secondo l’ex premier “la differenza la faremo noi, e sarà una sorpresa per tanti che guardano i sondaggi”.

Il Centrodestra corre unito con un  nulla di fatto tra Salvini, Meloni e Tajani. Nell’ottobre scorso era stato sottoscritto un patto: Salvini voleva contarsi nella sfida nelle roccaforti rosse, Umbria, Emilia Romagna e Toscana. E aveva lasciato il candidato a Forza Italia in Campania (Stefano Caldoro) e a Fratelli d’Italia in Puglia (Raffaele Fitto) e Marche (Acquaroli). La batosta in Emilia Romagna, aver realizzato che anche la Toscana sarebbe stata inespugnabile, aveva cambiato i programmi già a febbraio. Gli accordi sono da riscrivere, spiegò Salvini deciso a voler piantare la bandiera della Lega in una regione ‘pesante’ del Sud, Puglia o Campania.

Salvini adesso rischia di finire prigioniero tra Zaia  e Giorgia Meloni che sale nei sondaggi e in Puglia non retrocede di un millimetro rispetto alla candidatura di Fitto. Il quale Fitto si porta dietro un problema: gli ex fittiani sono tutti passati alla Lega e mai e poi mai voteranno per il loro ex leader. Uno scacco matto che sembra senza via d’uscita visto che Silvio Berlusconi a sua volta è fermo immobile sulla casella Caldoro.

Il Presidente della Regione Campania descrive in questi termini, durante la sua consueta diretta settimanale sui social, la decisione di posticipare le elezioni regionali a settembre. Quando ci è stato negato il voto a luglio – spiega il governatore – in qualunque altro Paese civile sarebbe scoppiata una rivolta. Invece il governo non dice niente perché ci sono forze politiche, l’opposizione e il Movimento 5 Stelle, che vogliono menarla per la lunga perché hanno paura di votare. Per De Luca, l’esecutivo sta “calpestando il mondo della scuola, le famiglie e anche gli elettori, visto che, accorpando tre elezioni, ci si troverà 5 schede nelle mani. È una vergogna, in Italia dopo l’emergenza è tornata l’ammuina, il fare finta, il burocratismo e la politica politicante priva di dignità”.