Scontri in Egitto: Essam Sharaf convoca riunione d’emergenza

Una riunione di emergenza del governo  è stata convocata dal primo ministro egiziano, Essam Sharaf,  a causa degli scontri fra cristiani copti e le forze dell’ordine che hanno provocato 24 morti al Cairo. Secondo quanto rivela la tv di Stato, la riunione ci sarà nel pomeriggio. La decisione è stata presa dopo l’ arresto di almeno 40 persone, seguiti alle proteste delle ultime ore.

Frattini: l’Ue deve punire i responsabili: – “Spero che vi sarà la condanna di tutto il Consiglio dei ministri Ue per le gravissime violenze contro i copti cristiani dell’Egitto” e “sono certo che le autorità egiziane vorranno investigare e processare subito i responsabili”: così il ministro Franco Frattini, al suo arrivo al consiglio Ue a Lussemburgo.

In Egitto, “c’é un’escalation che ci preoccupa molto. Questa è una sfida per il governo transitorio che deve dimostrare che la prevenzione e la reazione saranno più energiche di quelle avute sotto il regime di Mubarak”. Lo ha detto Franco Frattini che ha auspicato una reazione “non solo sufficiente, ma anche forte”. La punizione dei responsabili delle violenze contro i copti in Egitto “sarebbe un buon segno in vista della prima tornata delle elezioni di novembre”, ha detto.

In Egitto, sarebbero già in corso esodo di cristiani copti. E’ quanto ha riferito il ministro degli esteri.”Abbiamo sentito di esodi di cristiani. Si parla di 100 mila cristiani che avrebbero lasciato l’Egitto, ma non sappiamo se queste cifre sono vere”, ha precisato il ministro.

36 morti negli scontri di ieri: 36 persone sarebbero rimaste uccise ti negli scontri avvenuti ieri davanti alla sede della tv di stato, durante una protesta contro la distruzione di una chiesa ad Assuan. Lo affermano fonti copte, che hanno annunciato per oggi alle 14 i funerali nella cattedrale di Hamra. Fonti ufficiali parlano invece di 25 morti (tre dei quali soldati).

La libertà di culto è un “diritto fondamentale che va rispettato”: lo ha detto l’Alto rappresentante della Politica estera della Ue, Catherine Ashton, al suo arrivo al Consiglio Esteri della Ue a Lussemburgo. La Ashton ha espresso preoccupazione per le violenze al Cairo e sottolineato che “é tempo che l’Egitto proceda verso libere elezioni” che possano portare il paese verso la democrazia.

Altri scontri sono in corso nei pressi dell’ospedale in cui sono ricoverati i feriti. La protesta dei copti al Cairo era stata annunciata nei giorni scorsi e doveva radunare decine di migliaia di fedeli in piazza Tahrir per manifestare anche contro il capo del Consiglio Supremo della Difesa, maresciallo Hussein Tantaui, accusato di non essersi impegnato per far rispettare i diritti dei cristiani egiziani da parte della maggioranza musulmana (i copti in Egitto sono circa il 10 per cento della popolazione, di 80 milioni di abitanti).

I copti sono anche convinti dell’esistenza di un accordo tra i militari che detengono il potere in Egitto dalle dimissioni dell’ex presidente Mubarak, cioè dall’11 febbraio scorso, e la confraternita dei Fratelli Musulmani, l’unica forza organizzata che sarebbe in grado di partecipare alle elezioni legislative fissate per il 28 novembre prossimo. Non sarebbe stato dato invece tempo sufficiente per organizzare campagne elettorali ai gruppi che hanno promosso e portato avanti la rivoluzione del 25 gennaio scorso che ha fatto cadere il regime di Mubarak. Oggi, mentre proteste di copti si svolgevano anche ad Assuan e ad Alessandria d’ Egitto, al Cairo sono cominciati gli incidenti sui quali ancora non c’é una chiara ricostruzione ufficiale. Secondo l’agenzia di stato MENA, le violenze sarebbero cominciate “dopo spari e lanci di pietre da parte dei manifestanti copti che marciavano verso il quartier generale della televisione per protestare contro tensioni riguardanti una chiesa di Assuan”. Secondo testimoni oculari , i copti che in corteo si stavano recando verso il palazzo Maspero sarebbero stati attaccati con bottiglie molotov, lanci di pietre e armi da fuoco da teppisti e “baltageya” (si definiscono cosi” in arabo violenti e criminali comuni al soldo dei controrivoluzionari). Alla reazione con lanci di pietre dei partecipanti alla manifestazione sarebbero poi intervenuti soldati e poliziotti sparando con le armi in dotazione e lanciando lacrimogeni per disperdere i protestatari. Il primo ministro, Essam Sharaf, ha lanciato stasera un appello per ammonire cristiani e musulmani a non cedere “agli appelli alla sedizione”.

 

Ahmed al Tayyeb: appello per negoziati tra musulmani e cristiani: Il grande imam di al Azhar, Ahmed al Tayyeb, la più alta istituzione dell’Islam sunnita, ha lanciato oggi un appello per l’inizio di negoziati urgenti tra i leader delle comunità musulmana e cristiana, all’indomani della morte di 24 persone in scontri tra copti e forze dell’ordine: lo ha riferito la televisione di stato.

L’imam, in particolare, ha chiesto colloqui urgenti ai membri della Famiglia egiziana, un’organizzazione che riunisce religiosi musulmani e cristiani, “al fine di provare a contenere la crisi”. Al Tayyeb ha già preso contatto anche con il patriarca copto Chenuda III, ha riferito la televisione di Stato. Secondo l’ultimo bilancio fornito dalle autorità locali, 24 persone sono rimaste uccise negli scontri scoppiati ieri sera nel centro del Cairo durante una manifestazione di cristiani copti, i più violenti dalla rivolta dello scorso febbraio che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak. Nella notte le autorità hanno imposto un coprifuoco in città, cessato stamattina alle 7, per cercare di riportare l’ordine attorno al Parlamento, la sede del governo e il museo archeologico del Cairo. I feriti sono oltre 200. Migliaia di cristiani copti erano scesi in piazza per protestare contro la distruzione di una chiesa nella provincia di Assuan, e le violenze sarebbero scoppiate dopo che un gruppo di manifestanti ha gettato delle pietre contro la polizia militare, in assetto antisommossa, schierata davanti all’edificio della televisione di Stato. I copti, che rappresentano dal 6 al 10% della popolazione egiziana, ritengono di essere discriminati in una società a grande maggioranza musulmana.

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