Economist e Usa 2016: ‘Trump come Isis e Brexit’

 La vittoria del controverso magnate Donald Trump nelle presidenziali americane e’ uno dei 10 maggiori rischi globali nella classifica redatta dall’Economist Intelligente Unit (Eiu), una società del gruppo Economist che valuta effetti e probabilità dei fattori di instabilità sull’economia mondiale. E’ l’ultimo affondo dell’offensiva dei media internazionali, che tuttavia finora non ha frenato la corsa del frontrunner repubblicano, minacciata ora solo dall’eventualità che non conquisti la maggioranza di 1237 delegati.  In tal caso ci sarebbe una convention ‘aperta’ e dal secondo voto potrebbe passare il governatore moderato dell’Ohio John Kasich, rimasto l’ultima speranza dell’establishment, o un outsider come lo speaker della Camera Paul Ryan. Nella classifica dell’Eiu, Trump alla Casa Bianca e’ il pericolo numero 6, dopo il crollo dell’economia cinese, una nuova guerra fredda con la Russia legata al suo intervento in Ucraina e in Siria, una frattura della Ue seguita dalla Grexit. Ma e’ allo stesso livello della crescente minaccia del terrorismo islamico e prima della Brexit o di un conflitto armato nel Mare cinese meridionale. La probabilità della sua elezione e’ considerata ‘moderata’, il suo impatto sarebbe ‘alto’ e l’intensita’ del rischio pari a 12, su una scala di 25. E’ la prima volta, tra l’altro, che la società dell’Economist valuta il rischio geopolitico dell’elezione di un singolo candidato, come ammette Robert Powell, un manager della Eiu, ricordando solo un precedente ma riguardante la più articolata transizione al vertice del partito comunista cinese. E sottolineando la difficoltà di esaminare le posizioni di Trump, perche’ il tycoon ‘tende a cambiare opinione come il meteo’. Ma alcuni punti sono apparentemente fermi. Ad esempio la sua ostilità ai grandi accordi commerciali, come il Nafta, che potrebbe portare rapidamente ad una guerra commerciale, in particolare contro la Cina, accusata di essere un manipolatore di valuta, e il Messico. A rischio naufragio anche l’accordo sulla partnership Trans-pacifica firmato in febbraio tra Usa e altri undici Stati del Pacifico. Allarma inoltre la posizione da falco sul Medio Oriente e sul terrorismo islamico, dall’ipotesi di un intervento di terra in Siria contro l’Isis all’idea di uccidere i famigliari dei terroristi, fino al bando dei musulmani in Usa.  Tutto questo   potrebbe diventare un potente strumento di reclutamento per i gruppi jihadisti, aumentando la loro minaccia nella regione e oltre.

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