Duro colpo al boss del clan Moccia e al genero: sequestrati 6,5 mln

Circa 6,5 milioni di euro sequestrati a Antonio Lucci, l’ex boss del clan Moccia soprannominato Tonino ‘o pazz, e altri 360 mila euro a Giorgio Tranchino, genero di Lucci ritenuto esponente dell’articolazione territoriale di Casoria nonché intermediario tra il gruppo dirigente del clan le diverse articolazioni territoriali dell’organizzazione criminale. Sono due i decreti di sequestro disposti dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli ai sensi della normativa di prevenzione antimafia. Lucci, attualmente in regime di detenzione domiciliare, è pluripregiudicato per reati associativi comuni, lotto clandestino e violazioni in materia di armi: è noto soprattutto per essersi distinto come capo di un gruppo criminale con origine nel quartiere cittadino di Secondigliano ma inserito nella storica e potente organizzazione camorristica denominata clan Moccia, egemone nei comuni della provincia a nord di Napoli. In questa veste .si è reso responsabile di usura, estorsione e corruzione delle aste giudiziarie nei comuni di Frattamaggiore, Casoria e Afragola. I sigilli sono scattati su numerosi immobili, imprese nel settore del parcheggio e autorimessa e rapporti finanziari. Tranchino è pregiudicato per associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Attualmente sta scontando in detenzione domiciliare la pena definitiva di 8 anni e 4 mesi di reclusione emessa dalla Corte di Appello di Napoli come affiliato al clan Moccia e in particolare come esponente dell’articolazione territoriale di Casoria.

“I 6,5 milioni di euro in beni di vario tipo sequestrati su proposta del Questore di Napoli, si sommano agli oltre 740 milioni sequestrati a partire dal 2020 dalla Polizia di Stato, in attuazione della strategia di contrasto all’accumulo di patrimoni illeciti portata avanti dalla Direzione Centrale Anticrimine mediante le misure di prevenzione patrimoniali proposte dai Questori, talvolta in forma congiunta con le Procure competenti”, commenta il Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine. “Siamo convinti – aggiunge Messina – che l’ablazione dei beni rappresenti un’arma formidabile che indebolisce le organizzazioni criminali incidendo sulla loro capacità di riorganizzarsi quando colpite dalle operazioni di polizia giudiziaria. Rispetto a quest’ultime, il potere di proposta di misure di prevenzione patrimoniali – riconosciuto per Legge ai Questori della Repubblica – si pone come uno strumento complementare e del tutto irrinunciabile ai fini dell’efficace azione di contrasti alle mafie. I sequestri di oggi hanno riguardato due soggetti collegati ad un clan storico e tradizionalmente attivo nella città di Napoli, che disponevano di immobili ed attività economiche del tutto ingiustificati rispetto alle loro capacità reddituali, per cui si presume un legame con gli introiti dell’organizzazione camorristica. Tali beni – come gli altri già sequestrati in precedenza – potranno essere ora avviati verso la restituzione alla collettività”, conclude il numero uno dell’Anticrimine.

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