President-elect Donald Trump speaks during the presidential inaugural Chairman's Global Dinner, Tuesday, Jan. 17, 2017, in Washington. (ANSA/AP Photo/Evan Vucci) [CopyrightNotice: Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.]

Donald Trump tra transgender e Iran

L’amministrazione Trump ha deciso di non difendere più davanti alla giustizia la posizione presa dall’amministrazione Obama sugli studenti transgender. Quelle linee guida secondo cui ognuno può usare bagni o spogliatoi non secondo il sesso di nascita ma secondo la propria identità di genere. L’attuazione di tali linee guida è stata bloccata ad agosto da una corte distrettuale del Texas in seguito a una causa intentata da una decina di stati Usa. Paura per gli immigrati irregolari in almeno sei stati Usa. Nell’ultima settimana,  riportano i media,  sono stati migliaia gli arresti in quella che si sta delineando come una vera e propria ondata di raid ordinati dalle autorità che si occupano dell’immigrazione e della sicurezza dei confini. E’ il risultato del decreto firmato da Donald Trump il 26 gennaio scorso, con l’obiettivo di una decisa stretta sui circa 11 milioni di immigrati clandestini negli Usa. Obiettivo dei raid dovrebbe essere quello di arrestare e rimpatriare immigrati con la fedina penale sporca. Ma,  riportano i media americani,  ad essere colpite in queste ore sono anche molte persone senza precedenti per reati. Un aspetto quest’ultimo che differenzierebbe queste operazioni da quelle in passato messe in campo anche da Barack Obama. Trump ha promesso di rispedire a casa in maniera forzata almeno 3 milioni di illegali che si sono macchiati di crimini. E per raggiungere questo risultato ha dato ordine al Dipartimento per la sicurezza nazionale di ampliare la platea delle persone da perseguire: non solo quelle già condannate dalla giustizia per reati penali, ma anche quelle con reati minori e in alcuni casi anche persone solo sospettate di attivita’ criminali o illegali. Le citta’ piu’ colpite dai raid delle autorita’ nell’ultima settimana sono state Atlanta, Chicago, New York, Los Angeles. Oltre ad alcune aree della North e South Carolina. In parallelo,   la tensione tra Usa e Iran continua a salire, dopo il botta e risposta innescato dalle dichiarazioni del consigliere di Trump alla sicurezza nazionale, Michael Flynn. Il Dipartimento al tesoro americano ha annunciato nuove sanzioni contro l’Iran in seguito al recente test missilistico di Teheran. Colpite decine di entità iraniane coinvolte nello sviluppo del programma missilistico e sospettate di favorire il terrorismo. L’Iran ha ribattuto, come ricordiamo,  annunciando ‘azioni reciproche’. Le nuove misure restrittive erano ampiamente annunciate, con Trump che ha accusato l’Iran di ‘giocare con il fuoco’. I soggetti colpiti dalle nuove sanzioni sono indicate in una lista che comprende 13 persone e 12 entità, alcune accusate di contribuire alla proliferazione di armamenti di distruzione di massa e altri per presunti legami con il terrorismo. La Casa Bianca ha infatti giudicato come ‘provocatorio’ il test missilistico condotto  e confermato dall’Iran, che ha reagito dicendo che non era la prima volta che riceveva minacce da qualcuno di ‘inesperto’. L’amministrazione Trump sembra dunque determinata a rivedere i termini dello storico accordo sul nucleare raggiunto tra l’Iran, il 44esimo presidente Usa Barack Obama,  e le principali potenze mondiali nell’estate del 2015 ed entrato in vigore nel gennaio successivo. La tesi della Casa Bianca è che le nuove sanzioni non violino quell’intesa,  da sempre giudicata ‘cattiva’ da Trump,  perché prendono di mira gruppi o persone coinvolti nel programma missilistico e nel terrorismo. Per l’Iran però ogni sanzione è vista come una violazione di quell’accordo e la Repubblica islamica è peraltro convinta che il test missilistico non viola le risoluzioni Onu legate all’accordo stesso, cosa su cui Trump non è d’accordo. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza, a Teheran, alla vigilia del 38° anniversario della Rivoluzione islamica e lo slogan che più viene scandito è questo: ‘Morte all’America’. Sembra ormai seppellito il disgelo voluto da Barack Obama conclusosi con l’accordo sul nucleare.  Il Padre della rivoluzione iraniana l’Ayatollah Khomeini entrò nella storia anche come padre spirituale dell’Iran.   A marzo del ‘79 un referendum sancì la nascita della Repubblica islamica con il 98% dei consensi. La nuova costituzione prevede l’esistenza parallela di due ordini di poteri: quello politico tradizionale rappresentato dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, e quello di ispirazione religiosa affidato ad una Guida Suprema assistita da un Consiglio dei Saggi, a cui fu affidato l’effettivo esercizio del potere e che riconosceva nell’Islam,  e non nelle istituzioni,  il vertice dello stato. Tra le prime decisioni del Consiglio ci fu l’avvio di grandi nazionalizzazioni che cambiarono radicalmente la struttura economico-produttiva dell’Iran.  La scrittrice e giornalista italiana Oriana Fallaci fece un’intervista a Khomeini, pochi mesi dopo la sua ascesa al potere. La Fallaci riuscì a descrivere con grande precisione il nuovo mondo iraniano, che aveva riempito le sue strade con i ritratti della ‘Guida’ del Paese.  Cambiarono anche le abitudini. Niente bevande alcoliche, per incominciare. Le libertà sessuali divennero crimini da punire. Non passava giorno senza che la stampa desse notizia di qualche adultera fucilata. Si fucilava anche gli omosessuali, le prostitute. Khomeini forniva una sua interpretazione della parola libertà e democrazia e proibì l’espressione Repubblica Democratica Islamica, cancellò la parola democratica con la giustificazione che la parola Islam non aveva bisogno di aggettivi. Inoltre, limitò i contatti con il mondo occidentale. Con gli Stati tagliò le relazioni diplomatiche. Così si scivolò verso il 4 Novembre 1979 quando a Teheran varie centinaia di manifestanti entrarono nell’ambasciata statunitense prendendo in ostaggio tutti i 52 funzionari. I manifestanti, studenti islamici,  chiesero l’estradizione del deposto Scià. Per liberare gli ostaggi trattenuti nell’ambasciata occupata, l’allora presidente, Jimmy Carter, autorizzò una folle impresa: con 90 soldati avrebbero dovuto raggiungere Teheran e con un blitz porre fine al sequestro. L’operazione fallì e otto soldati statunitensi rimasero sul terreno. Solo durante la presidenza di Ronald Reagan, dopo 444 giorni di ‘rapimento’ arrivò l’annuncio della liberazione. La vicenda si concluse con un ‘accordo’ semplicissimo: armi americane in cambio della chiusura della vicenda. Lo scontro tra Usa e Iran torna a riaffiorare oggi. Donald Trump, rovesciando la politica di Obema,   che aveva portato a un’intesa, ha riaperto le ostilità politico-diplomatiche con Teheran e mentre in occasione dei festeggiamenti per la vittoria komeinista riemergevano in Iran cartelli che sembravano ormai in archivio, come  ‘Morte all’America’. Il presidente statunitense lancia un inequivocabile avvertimento al collega Hassan Rohani: ‘Si pentirà di aver utilizzato un linguaggio minaccioso’. Immediata la risposta di Rohani: ‘Chiunque minaccia l’Iran e le sue forze armate sappia che la nostra nazione vigila’.

Roberto Cristiano

 

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