Donald Trump al Congresso dichiara di voler ottenere il controllo strategico della Groenlandia e del Canale di Panama – parte prima –

A Palm Beach, in Florida, il 7 gennaio 2025, il presidente eletto degli USA Donald Trump rende noto può non escludere l’uso della forza militare o economica per prendere il controllo del Canale di Panama e della Groenlandia durante il suo mandato.

Di Trump è nota l’imprevedibilità,  già dimostrata nel suo precedente mandato. Parliamo di imprevedibilità non solo verbale visto che ribadiva l’importanza strategica per la sicurezza nazionale statunitense dei due territori.

Le dichiarazioni del presidente Usa vanno lette come un messaggio politico indirizzato ad alleati e avversari degli Stati Uniti, nonché come l’inizio di una strategia negoziale volta effettivamente a ottenere un maggiore controllo dei due contesti. Sia Panama, in particolare il Canale di Panama, sia la Groenlandia rivestono infatti un’importanza geopolitica ed economica cruciale per gli USA. L’uso della forza è un’opzione da non considerare visto che la Groenlandia fa parte della Danimarca, Paese alleato degli Stati Uniti e membro della NATO, e Panama è uno Stato sovrano a cui il canale è stato affidato in gestione a partire dal 2000 proprio dagli Stati Uniti, e parliamo dei Trattati Torrijos-Carter del 1977.

Partendo dal canale di Panama l’importanza per gli Stati Uniti è fondamentalmente geopolitico visto che si tratta di uno dei principali snodi del commercio mondiale, che per l’80-90% viaggia via mare. Gli scambi tra Pacifico e Atlantico passano infatti preferibilmente dal Canale di Panama, ma anche eventuali imbarcazioni militari che abbiano la necessità di andare da un oceano all’altro non possono far altro che farne uso, se non vogliono percorrere distanze molto più lunghe, complesse e dispendiose.

Il Canale di Panama ha mostrato reali difficoltà nei momenti di forte siccità visto che ha bisogno di acqua dolce necessaria per il funzionamento del canale stesso, che va pompata e rilasciata in un sistema di chiuse. Riguardo l’ambito economico le entrate derivanti dalle quote di passaggio che ogni nave deve pagare per attraversare il Canale sono una delle maggiori voci del PIL panamense e nell’anno fiscale 2024 hanno portato nelle casse dello Stato quasi 5 miliardi di dollari. Per l’economia USA si tratta in realtà di una cifra di ben poco conto, ma non è detto che non ci sia un certo interesse anche da questo punto di vista. C’è poi una sempre maggior influenza, commerciale e geopolitica, della Cina in Centro e Sudamerica, che gli Stati Uniti vogliono provare ad arginare per non trovarsi il loro principale avversario sistemato stabilmente in casa.

Dietro richiesta della Casa Bianca, il Pentagono ha il compito di fornire “opzioni militari” per garantire l’accesso degli Stati Uniti al Canale di Panama. Lo riferisce la Cnn citando una nota a firma del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, indirizzata ai funzionari senior del Pentagono, di cui l’emittente ha preso visione. Il Comando Sud dell’esercito americano sta quindi esplorando molteplici opzioni, che vanno dalla collaborazione con Panama ad “un’azione militare credibile” per garantire l’accesso continuo degli Stati Uniti e senza restrizioni alla via d’acqua strategicamente importante, come formalmente richiesto dall’amministrazione Trump. Secondo la Cnn, questo nuovo memo trasmesso al Pentagono contiene una serie di direttive che rivelano un’importante revisione delle priorità strategiche degli Stati Uniti.

Tra le direttive che i funzionari della difesa sono stati istruiti a eseguire “immediatamente” c’e’, appunto, quella di “fornire opzioni militari credibili per garantire un accesso militare e commerciale equo e senza restrizioni degli Stati Uniti al Canale di Panama”, recita il documento di cui la Cnn ha preso visione.

La reazione di Panama
Dal suo canto, invece, il governo di Panama ha assicurato che rimarrà “fermo” nella difesa della sua sovranità e del Canale di Panama, dopo le indiscrezioni su un possibile invio di truppe americane nel Paese. “Non ho altro da dire se non che Panama rimane ferma nel difendere il suo territorio, il suo canale e la sua sovranità”, ha dichiarato il ministro degli Esteri panamense, Javier Martinez-Acha. “Sia chiaro, il canale appartiene ai panamensi e rimarrà tale”.

Dopo le ripetute minacce di Trump di “riprendersi” il Canale, Panama ha fatto diverse concessioni a Washington, tra cui esercitare pressione sulla società di Hong Kong Ck Hutchinson proprietaria di due porti affinché’ li vendesse al fondo americano Blackrock. Il passaggio di mano è stato ufficializzato una decina di giorni fa.

L’importanza della Groenlandia per gli Stati Uniti

La Groenlandia è la più grande isola del mondo se non si considera l’Australia, è coperta per l’84% dai ghiacci e ha una popolazione di circa 60.000 abitanti. Gode di ampia autonomia amministrativa, pur essendo politicamente parte del Regno di Danimarca, che ne mantiene il controllo su difesa e politica estera.

L’isola è di grande interesse geopolitico per le sue risorse naturali, parliamo di idrocarburi, uranio e terre rare, e per la posizione nell’Artico. Durante la Guerra Fredda, la base aerea statunitense e NATO di Thule fu cruciale per monitorare i movimenti dell’Unione Sovietica e oggi, con la possibile e stabile apertura della Rotta Artica, l’isola è sempre più ambita da USA, Cina e UE. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno tentato di acquistare la Groenlandia più volte, inclusa una proposta di Trump nel 2019, rifiutata dal governo groenlandese e danese.

Recentemente, la Danimarca ha aumentato le spese militari nell’Artico per il controllo delle nuove rotte marittime e ha firmato un accordo con gli USA per rafforzare la presenza NATO. La Cina, invece, cerca di espandere la propria influenza economica con investimenti minerari e infrastrutturali. L’UE, infine, ha aperto un ufficio a Nuuk nel 2024 per rafforzare i legami con l’isola. La Groenlandia, dal canto suo, prosegue il percorso verso una maggiore indipendenza, pur cercando di mantenere un equilibrio tra le diverse potenze globali e con la Danimarca.

L’isola infatti, oltre ad appartenere geologicamente e geograficamente al Nord America, è ricca di materie prime e fonti di energia, ospita una base NATO ed è una piattaforma naturale perfetta per il controllo della Rotta Artica, in prospettiva una delle rotte commerciali marittime più importanti del Pianeta. Gli abitanti della Groenlandia stanno mantenendo un atteggiamento particolarmente indipendentista nei confronti sia della Danimarca sia degli USA: un atteggiamento confermato anche dai risultati delle elezioni tenutasi a marzo 2025.

La Groenlandia è stata una colonia della Danimarca dal 1721 fino al 1953. Nel 1721, infatti, il missionario norvegese Hans Egede guidò una spedizione sull’isola e fondò le prime colonie commerciali lungo la costa. Nel 1814, dopo la firma del trattato di Kiel, la Groenlandia passò ufficialmente sotto il dominio di Copenaghen, in seguito alla separazione della Danimarca dal Regno di Norvegia.

Fu solo nel 1953 che, da colonia, la Groenlandia passò ad essere parte del Regno di Danimarca, godendo di uno status assimilabile a quello di una contea, con la propria rappresentanza nel Parlamento danese, il Folketing. Nel 1973 la Danimarca entrò a far parte dell’Unione Europea e con lei anche la Groenlandia che però, anche a causa di preoccupazioni legate ai propri scambi commerciali soprattutto in materia di pesca con Paesi extra europei come Canada e Stati Uniti, nel 1985 scelse, in seguito ad un referendum, di uscirne.

È stato il primo caso di ritiro di un Paese dall’Unione Europea, una sorta di antesignano della Brexit del Regno Unito, avvenuta nel 2020. Quello della Groenlandia fu però un caso peculiare poiché fu riconosciuto come territorio speciale di uno Stato membro (la Danimarca) e le sue relazioni con l’UE sono contenute in uno specifico accordo, il Trattato sulla Groenlandia, in particolare in materia di pesca.

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