Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, al Consiglio Europeo di Bruxelles, 20 giugno 2019. ANSA/FILIPPO ATTILI/US PALAZZO CHIGI ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

Divergenze Italia-Ue sui conti, negoziato in salita

 

 

 Al termine della prima giornata del Consiglio europeo restano le divergenze tra Italia e la Commissione Ue sulle stime sui conti pubblici. La trattativa del premier Giuseppe Conte, che nel corso della giornata ha avuto diversi colloqui informali con i leader Ue, resta in salita e a tarda sera resta nel governo italiano la preoccupazione per la riuscita del negoziato. Con la convinzione che le stime della Commissione sui conti e sul deficit italiano siano lontane da quelle reali sui cui si basa la posizione italiana

 

Al premier è bastata una mezza giornata al Consiglio europeo per capire che per evitare la procedura per debito eccessivo contro l’Italia dovrà fare un vero e proprio miracolo. Lo raccontano fonti dello stesso governo che a un certo punto della giornata si presentano in sala stampa.

Attraverso la stampa, Conte lancia l’allarme diretto a Matteo Salvini per capire se sulla procedura minacciata dall’Ue contro l’Italia è disposto a far cadere il governo. L’Ue, cioè Commissione europea e tutti gli Stati membri, non sono disposti a fare sconti.   Poi manda i suoi a raccontare alla stampa la sua sorpresa per le brutte sorprese scoperte, ad ammettere il fallimento della prima missione bruxellese. A nemmeno 24 ore dall’arrivo a Bruxelles della lettera di risposta da Roma, Pierre Moscovici è stato chiaro: “Prenderemo anche in considerazione la risposta di Conte ieri, ma in questo momento una procedura per debito è giustificata, quindi andiamo a lavorare, in maniera costruttiva, per evitarla. Ma non lo si fa attraverso scambi, commenti sulle regole: lo si fa sul rispetto delle regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita”.

 Conte era convinto che l’assestamento di bilancio, approvato  in consiglio dei ministri e da completare alla prossima riunione dell’esecutivo mercoledì, sarebbe riuscito in qualche modo a evitare la ‘condanna’ dell’Italia. Ottimista sul fatto che la presentazione dei dati del Tesoro che attesterebbero una situazione migliore per i conti pubblici nel primo semestre 2019 (“deficit al 2,1 per cento e non al 2,5 come previsto dalla Commissione”, aveva detto al suo arrivo al vertice) sarebbe stata sufficiente a evitare la procedura per debito, la prima nella storia della zona euro, suggerita dalla Commissione europea uscente, ‘acclamata’ dai ministri economici dell’Eurogruppo nell’ultima riunione a Lussemburgo la settimana scorsa, in dirittura d’arrivo all’Ecofin del 9 luglio che potrebbe aprirla formalmente.

 A Bruxelles Conte cerca sponde ma non ne trova. Parla anche con il portoghese Antonio Costa, che in teoria potrebbe essere interessato a tenere un atteggiamento più morbido verso l’Italia, proprio perché a capo di un paese che ha conosciuto da vicino le cure della Troika. E invece magari proprio per questo, nemmeno Costa fa sconti. Per non parlare dell’olandese Mark Rutte: a fine 2018, nello scontro tra Roma e Bruxelles sulla manovra economica, gli olandesi hanno sempre fatto la parte dei ‘falchi’. Fosse stato per loro, la procedura l’avrebbero aperta già a dicembre.

In realtà, la Commissione indica gli Stati membri quali ultimo anello della catena che effettivamente deciderà se far scattare o meno la procedura, percorso obbligato di riduzione del debito che può durare anche 5 anni e potrebbe persino privare l’Italia dei fondi strutturali europei. Ma, oltre a non aver trovato sponde negli altri leader, Conte è preoccupato proprio perché a Bruxelles, raccontano sempre i suoi, ha inteso che la Commissione Juncker è prontissima ad andare avanti sulla procedura: trattasi di una Commissione uscente, in scadenza a fine ottobre, pertanto intenzionata a lasciare il segno e a non passare alla storia come l’esecutivo che ha permesso all’Italia di godere della flessibilità per un quinquennio, dal governo Renzi in poi. Un ragionamento che è esattamente il contrario di quanto sostenuto da Matteo Salvini. Il leader della Lega ha sempre contestato la possibilità che la Commissione uscente possa assumersi la responsabilità di decidere una misura così pesante, mai usata per nessun paese della zona euro.

In effetti, i commissari europei chiedono un atto vincolante, una manovra correttiva già per il 2019 e poi impegni di riduzione del debito anche per la manovra 2020 e non solo. A fine giornata, mentre al Consiglio proseguono le trattative sulle nomine europee tra leader impantanati nei veti incrociati, Conte insiste che il suo governo non farà una manovra correttiva. Ma si rende conto che la strategia pensata all’inizio non basta a placare gli europei.

Un “tesoretto” stimato all’incirca sui 5 miliardi, composti da maggiori entrate rispetto alle previsioni, risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 e i due miliardi congelati nella legge di bilancio. E’ questa la cifra a cui, spiegano fonti governative, l’esecutivo giallo-verde è al lavoro in queste ore di trattativa con l’Ue e in vista del Consiglio dei ministri di mercoledì chiamato a varare l’assestamento di bilancio. Non c’è alcuna manovra correttiva, l’assestamento certifica come procedono i conti, spiegano le stesse fonti.

L’unica che non si espone sulla procedura per debito è Merkel, stando a quanto raccontano le fonti italiane. La Cancelliera rassicura Conte sul fatto che sarà tenuto informato sulle trattative sui nuovi incarichi europei, per una questione di criteri geografici: paese grande del Mediterraneo, non può essere escluso. Ma certo non significa che, in queste condizioni di isolamento politico, l’Italia possa ambire a uno degli incarichi al vertice: presidente della Commissione o del Consiglio, Alto rappresentante per la politica estera, governatore della Bce. Nemmeno per sogno. L’Italia però dovrà scegliere un commissario come tutti gli Stati membri. Ma lo scambio tra Conte e Merkel non mette a fuoco questo, né sul portafoglio, tanto meno sul nome. E’ ancora presto e anche qui c’è uno scarto tra le aspettative e la realtà.

Conte, al pranzo con Sergio Mattarella al Quirinale, prima del Consiglio europeo, ha parlato di “portafoglio economico di peso” per l’Italia. Il punto è che non siamo ancora a quel livello di discussione: prima i leader dovranno scegliere il presidente della Commissione e sarà lui a decidere la squadra.

Ma oggi il tema non è il commissario o le nomine. In cima ai pensieri del premier c’è la procedura da evitare assolutamente. Anche perché da qui passa il destino del governo. E’ chiaro il timore che, se l’Europa deciderà di ‘condannare’ l’Italia, Salvini possa far saltare il banco. In questa partita, Conte si gioca tutto. E con lui il M5s, per niente interessato a tornare al voto.

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