Disastro Ilva, Vendola a processo con la famiglia Riva

Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Taranto, Vilma Gilli, ha accolto tutte le 47 richieste di rinvio a giudizio presentate dalla procura della Repubblica sul presunto disastro ambientale provocato dallo stabilimento siderurgico Ilva. Andrà a processo, dunque, anche l’ex governatore della Puglia e leader di Sel Nichi Vendola con l’accusa di concorso in concussione aggravata in relazione ai presunti tentativi di condizionare e ‘ammorbidire’ il direttore dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato. Il processo comincerà il 20 ottobre nell’aula ‘Emilio Alessandrini’ del Tribunale di Taranto. Tra gli altri rinviati a giudizio ci sono i fratelli Fabio e Nicola Riva, figli di Emilio, patron scomparso prima dell’inizio dell’udienza preliminare, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, il consigliere regionale del Pd Donato Pentassuglia, il deputato di Sel Nicola Fratoianni, l’ex presidente dell’Ilva Bruno Ferrante. Sono circa 800 le parti civili costituite. Per quanto riguarda i cinque riti abbreviati, sono state inflitte due condanne. I tre assolti sono il magistrato ed ex assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro, il carabiniere in servizio alla sezione di polizia giudiziaria della procura Giovanni Bardaro e l’avvocato Donato Perrini. Il giudice ha condannato invece il sacerdote don Marco Gerardo a 10 mesi e Roberto Primerano, già consulente della procura. Dei 47 rinvii a giudizio, 44 riguardano persone fisiche e tre riguardano altrettante società e cioè Ilva Spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici.”Per chi come me crede nei valori della giustizia e della legalità oggi è un giorno di delusione e di amarezza. Ma vado a processo con la coscienza pulita di chi sa di aver sempre operato per il bene comune. Come sempre mi difenderò nel processo e non dal processo”, commenta Vendola che rivendica di aver ”rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto”. Io ho rappresentato, in un territorio colonizzato dai Riva, prosegue l’ex Governatore della Puglia, la politica che non ha preso soldi e non si è piegata. Io ho rappresentato la prima e unica istituzione che ha posto sotto monitoraggio i camini del grande siderurgico e che, con la produzione dei dati dell’inquinamento, ha consentito alla magistratura di procedere nei confronti dell’Ilva, la quale ha inquinato anche nei cinquant’anni precedenti al mio governo, senza che alcuna autorità se ne occupasse. L’unica mia colpa è di aver cercato di costruire un doveroso equilibrio tra diritto alla salute e diritto al lavoro e non credo che questo sia un reato. Secondo l’accusa, Vendola avrebbe minacciato la non riconferma di Assennato, il cui mandato scadeva nel febbraio 2011. I fatti contestati sono compresi nel periodo che va dal 22 giugno 2010 al 28 marzo 2011. La concussione aggravata, come dicevamo, è contestata a Vendola in concorso con Girolamo Archinà, ex responsabile ai rapporti istituzionali dell’Ilva, Fabio Riva, ex vicepresidente di Riva Fire, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, e Francesco Perli, avvocato dell’Ilva. A processo anche Bruno Ferrante, ex presidente dell’Ilva ed ex prefetto di Milano. La decisione del gup è un fatto importante per la città di Taranto e per tutto il popolo inquinato, fa sapere Angelo Bonelli, coportavoce nazionale dei Verdi. “Taranto, la città dei veleni in cui 30 persone ogni anno perdono la vita a causa dell’inquinamento, i bambini si ammalano di tumore del +54 per cento in più rispetto alla media pugliese, la diossina ha contaminato la catena alimentare e gli operai muoiono in fabbrica per gravi incidenti sul lavoro, potrà cominciare a sperare di avere giustizia. E questo processo sarà il più importante nella storia della Repubblica italiana”. Secondo l’inchiesta condotta dai carabinieri del Noe di Lecce e dalla Guardia di finanza di Taranto, la continua emissione di sostanze nocive è avvenuta con “piena consapevolezza”, cioè, avrebbe determinato un “gravissimo pericolo per la salute pubblica” causando “eventi di malattia e morte nella popolazione”, mettendo a rischio la salute dei lavoratori dell’Ilva e avvelenando i terreni su cui pascolavano greggi di pecore e le acque nelle quale si allevavano le cozze di Taranto.  

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