Di Maio e il suo primo intervento in Africa come ministro degli Esteri…

“La politica estera sarà una componente essenziale dell’azione di questo Governo” e “avrà come obiettivo prioritario l’interesse nazionale in Europa e nel mondo”, “con l’autorevolezza che spetta ad un grande Paese come l’Italia e alla sua riconosciuta e apprezzata tradizione di equilibrio e apertura al dialogo con gli altri”. Manterremo “un dialogo franco e aperto con i nostri partner, senza ovviamente rinunciare ai valori europei e atlantici che caratterizzano la storia del nostro Paese”. Lo scrive Luigi Di Maio, apprende l’Ansa, in una lettera di saluto alla diplomazia italiana.

L’Africa – si legge nella lettera – non può essere più vista solo come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i quali incrementare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese.

Non va dimenticato, a questo punto, la forte influenza che ha la Francia, leggi Macron, ha sul territorio africano.  Un’influenza politica, economica, militare. Un legame costruito nei secoli con l’attivismo coloniale di Parigi che, a differenze di altre ex potenze occidentali, non ha mai reciso del tutto i suoi legami con l’Africa.  Il peso dell’influenza francese in Africa è impressionante. Coinvolta in oltre 40 interventi militari alle più svariate latitudini del continente, Parigi ha più volte mostrato di ritenere l’Africa come il giardino di casa propria. Spesso gli accordi di natura difensivo-militare sono stati sbandierati dagli inquilini dell’Eliseo di turno come scusa per tutelare i propri interessi. Sono decine gli interventi militari di Parigi in difesa di regimi filo-francesi e quelli, più o meno dichiarati, di sostegno a forze di opposizioni o ribelli a quelli che invece si dimostravano ostili al vecchio padrone. Un esempio quello accaduto in Costa D’Avorio il tentato colpo di Stato ai danni dell’ex presidente Gbagbo, assolto dalla Corte Penale Internazionale  dopo le incriminazioni per la guerra civile esplosa dopo le elezioni presidenziali del 2010. Ma gli esempi sono molteplici. Interventi militari della Francia diretti si sono verificati, tra gli altri casi, in Gabon, Togo, Mauritania, Mali, Ciad, Repubblica Centrafricana, Tunisia, Ruanda, Comore, Libia. D’altronde il continente africano ospita in pianta stabile oltre cinquemila militari francesi, con basi disseminate a tutte le latitudini, dal Gibuti al Gabon, dal Niger alla Repubblica Centrafricana. Presenza intensificata negli scorsi anni per le missioni anti terrorismo, per esempio in Mali, Niger, Burkina Faso e Mauritania. Interventi però spesso studiati e messi in atto, secondo i non pochi critici, per difendere gli interessi geostrategici della Francia in Africa, dallo sfruttamento delle risorse naturali alla protezione delle proprie multinazionali.

Gli interessi economici francesi in Africa sono  molteplici. Basti citare lo sfruttamento dell’uranio in Niger, dell’oro in Mali o del petrolio in Senegal. Ma anche la presenza dei colossi transalpini  in tutto il continente, da Bolloré a Total. Una mappa variegata che trova anche l’Africa Occidentale e meridionale, dall’Uganda al Kenya, dall’Angola al Mozambico fino al Sudafrica. D’altronde per quasi la totalità dei Paesi della Françafrique,  vale a dire l’area Nord e centro occidentale del continente, la Francia è ancora il primo partner commerciale. Uno degli strumenti in cui si esplicita questo legame economico è il franco CFA, finito nel mirino del Movimento Cinque Stelle. Si tratta di una moneta stampata in Francia e utilizzata in 14 Paesi africani: Benin, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo, Costa d’Avorio, Gabon, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Mali, Niger, Repubblica Centrafricana, Senegal e Togo. Il franco CFA viene stampato in Francia e, pur non essendo una ‘tassa coloniale’, obbliga i 14 Paesi che lo utilizzano a depositare la metà delle loro riserve su un conto speciale del Tesoro francese, che esprime dei propri rappresentanti in seno alle due banche centrali di Dakar (Senegal) e Yaoundé (Camerun) dell’area CFA.

Tempo fa Luigi Di Maio affermava: ‘Per fermare i flussi migratori occorre sanzionare Paesi come la Francia che non decolonizzano l’Africa. Se vogliamo continuare a parlare degli effetti continuiamo con la retorica dei morti in mare che ovviamente sono una tragedia e hanno tutto il mio cordoglio, ma dobbiamo parlare delle cause perché se oggi c’è gente che parte è perché alcuni paesi europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare l’Africa. Ci sono Paesi africani in cui la Francia stampa una propria moneta, il franco delle colonie, e con quella moneta si finanzia il debito pubblico francese. Se la Francia non avesse le colonie africane sarebbe la 15esima forza economia mondiale. Invece è tra le prime grazie a quello che sta combinando in Africa. Per questo la Ue dovrebbe sanzionare la Francia e i paesi che come la Francia stanno impoverendo l’Africa e stanno facendo partire quelle persone perché il luogo degli africani è in Africa, non in fondo al Mediterraneo. Se vogliamo fermare le partenze cominciamo ad affrontare questo tema e l’Italia si deve far sentire’.

Partiamo innanzitutto che il franco Cfa non ha nulla a che fare con i migranti che arrivano in Italia.  Innanzitutto parlare di ‘franco delle colonie’ è sbagliato. Corretto è invece parlare di Franco CFA, che nel 1945 significava Franco delle Colonie Francesi d’Africa, e oggi diventato acronimo di Comunità Finanziaria Africana.

Si tratta della moneta comune usata in diversi stati africani in seguito a un accordo tra la Francia e 14 paesi africani siglato nel 1945 e riconfermato nel 1958. Attualmente è in vigore nei seguenti Paesi: Camerun; Ciad; Gabon; Guinea Equatoriale; Repubblica Centrafricana; Repubblica del Congo; Benin; Burkina Faso; Costa d’Avorio; Guinea-Bissau; Mali; Niger; Senegal; Togo. La maggior parte di questi ha fatto parte dell’impero coloniale francese. Di questi, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo, fanno parte dell’Unione economica e monetaria ovest-africana (Uemoa), mentre i restanti cioè Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad fanno invece parte della Cemac, la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale.

Gli accordi che vincolano i due istituti centrali con le autorità francesi sono identici e prevedono una serie clausole:

– un tipo di cambio fissato alla divisa europea; (un euro è pari a 655,957 franchi CFA)

– piena convertibilità delle valute con l’euro garantita dal Tesoro francese;

– fondo comune di riserva di moneta estera a cui partecipano tutti i paesi del CFA (almeno il 65% delle posizioni in riserva depositate presso il Tesoro francese, a garanzia del cambio monetario).

La strada scelta dal Movimento 5 stelle era chiara: come Di Maio, anche Di Battista aveva messo nel mirino la Francia, segno di  una politica ‘anti Macron’.

Voglio, a questo punto, ricordare cosa scriveva la nostra testata qualche giorno fa sull’accordo Pd-Movimento 5 stelle: ‘Il governo M5s-Pd, a detta di acuti osservatori, è in realtà è un governo Macron e  riprende la svendita dell’Italia al capitalismo franco-tedesco. Macron ha soddisfatto le richieste di Trump al G7 e ha chiesto a Trump, con i tedeschi e tutti gli europei, di appoggiare la formazione rapida di un governo in Italia. Fuori dalla politica italiana tutti capiscono che l’economia italiana sta per scivolare indietro. Se la Germania e l’Italia perdono terreno, tutti gli europei sono nei guai economicamente.  La situazione italiana è critica: quando un Paese ha un enorme debito e un’economia ferma, è un problema per tutti. Il tweet di Trump che benedice Conte è legittimamente insolito e il nuovo governo Conte, a benedizione francese, si spiega con il fatto che Parigi ‘deve’ anche assolutamente governare l’Italia se vuole realizzare il suo progetto espansionistico. Si tratta di un governo a vocazione geopolitica eterodiretta da parte francese e il Movimento Cinque Stelle, a conti fatti,   è la compagnia di ventura più organica, più malleabile e per questo più funzionale agli obiettivi altrui. Il vero obiettivo è la trasformazione dell’Italia in una piattaforma logistica per l’entrata della Francia in Africa e la svendita del nostro apparato industriale a Francia, Germania e Cina’.

Singolare che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio,   in una lettera di saluto alla diplomazia italiana, scelga l’Africa, dove indirizzare il suo primo intervento. L’Africa – si legge nella lettera – ‘non può essere più vista solo come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i quali incrementare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese’.

Il Movimento  5 Stelle ha sempre criticato l’Unione europea e perfino l’euro, salvo frenare ogni posizione estrema nel patto stretto con il Pd,  e  il dialogo sotterraneo con i macroniani può  far comprendere come la mancanza di una ossatura ideologica nel M5S possa in futuro favorire anche approdi impensabili, come l’abbraccio con i sostenitori delle oligarchie affamatrici.

Ovviamente noi seguiremo i suoi interventi relativi per cogliere che il tutto non nasconda interventi pro-Macron…

Cocis

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