Decreto lavoro, tutele crescenti e sciopero

“Noi sulla riforma del lavoro una mano te la diamo, il superamento dell’articolo 18 è sempre stata una nostra battaglia”, dice Silvio Berlusconi a Matteo Renzi,  e continua: “Non è il momento in cui servono crisi di governo, dobbiamo batterci uniti, il nemico è la Troika”. Il premier dice un fermo no: “Non credo servirà”. Un Nazareno bis sulla riforma del lavoro sarebbe controproducente ed inaccettabile per il Pd e per lo stesso premier. L’addio all’articolo 18, norma dello Statuto dei lavoratori del 1970, con funzione deterrente della norma relativa al reintegro nel posto di lavoro ha in realtà le ore contate. Nell’emendamento alla legge delega presentato ieri dal governo non c’è scritto e non se ne parla,  ma il premier ha già deciso,  sotto la spinta delle autorità europee,  ed i decreti attuativi sono in fase di elaborazione negli uffici del ministero del lavoro. Nulla cambierà per chi lavora in un impresa con più di 15 dipendenti, ma per i nuovi assunti scatterà l’indennizzo monetario in caso di licenziamento ingiustificato, e non più il reintegro. Già oggi, nei 4.200 procedimenti giudiziari arrivati a conclusione nel 2013 per cause di licenziamento, quai la metà si chiude con un indennizzo economico. Quando prevale l’azienda, il lavoratore non prende nulla. Domani potrebbe ricevere un indennizzo. L’articolo 18 ha in realtà un valore simbolico e la legge delega ridisegna le regole del lavoro, abbandonando la vecchia cultura del risarcimento e sostituendola con un modello attivo che fornisce sostegno a chi perde il lavoro, a condizione che si attivi per trovare un nuovo impiego. L’obiettivo è fare in modo che il lavoratore venga assistito costantemente nella ricerca di una nuova occupazione,   che questa attività sia condizionata all’accettazione del primo impiego possibile, pena la perdita del sostegno. Sarà necessario per questo un “forte potenziamento” dei centri per l’impiego e dovranno essere vinte le resistenze delle Regioni, perchè il lavoro è materia devoluta alle Regioni, e dell’Inps che dovrà erogare, come accade oggi, i trattamenti di integrazione al reddito. Ci saranno poi tutele crescenti per il contratto a tempo indeterminato, salario minimo per i lavoratori non protetti dalla contrattazione collettiva, compresi i parasubordinati, riordino e razionalizzazione delle forme contrattuali, coordinamento delle ispezioni. Ieri mattina la proposta del contratto a tutele crescenti era sul tavolo della commissione Lavoro del Senato,  ma il clima è particolarmente teso  con lo spettro dell’abolizione dell’articolo 18 che incombe cupo. Susanna Camusso, segretario della Cgil, non esclude uno sciopero con il coinvolgimento di Cisl e Uil.

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