Una veduta di Palazzo Chigi dove è in corso un nuovo vertice di governo sul testo del decreto di Agosto, Roma 6 agosto 2020. MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Dalla parentopoli di Prodi al caso Almasri e la debolissima memoria della sinistra

L’ultimo esempio sono le polemiche sollevate in particolare da Italia Viva per le conclusioni della direzione nazionale di FdI affidate ad Arianna Meloni. «Sorellismo», ha accusato il capogruppo alla Camera, Davide Faraone, mentre Matteo Renzi sui suoi social ha scritto che «solo in Italia e in Corea del Nord la sorella del capo del governo chiude la direzione nazionale del partito invitando tutti a sostenere il capo del Governo».

«Ricordo quando facevamo attività nel movimento giovanile assieme. Se Arianna non si chiamasse Meloni minimo sarebbe parlamentare. Chiamandosi così ha ritenuto di fermarsi prima, proprio l’opposto del familismo», ha commentato il capogruppo alla Camera di FdI, Galeazzo Bignami, che ha avuto gioco facile nel sottolineare che «mi sembra che si facciano due pesi e due misure». «A Bologna abbiamo avuto Silvia Prodi consigliere regionale e Vittorio Prodi presidente della Provincia. Non mi sembra che da sinistra possano dare lezioni neanche su questo», ha chiarito nell’ambito di un’intervista al Giornale, per il resto tutta centrata sui temi politici sul tavolo, dal caso Almasri all’immigrazione, fino alla riforma della giustizia.
La direzione di FdI, ha ricordato il deputato Antonio Baldelli, non è «evidentemente una seduta del Consiglio dei Ministri, un dettaglio che i deputati di Italia Viva, cui resta solo la polemica, potrebbero facilmente cogliere solo sfogliando un qualsiasi manuale di diritto costituzionale».

E non è neanche il Parlamento, dove, come ricordato dal presidente della Commissione Trasporti di Montecitorio, Salvatore Deidda, a sinistra ci sono clamorosi casi di “ricongiungimenti familiari” tra i banchi. «Insultano, creano banner e immagini con la premier Giorgia Meloni con programmi di grafica con l’Intelligenza artificiale, entrano in merito alle nostre assemblee di partito come se Arianna Meloni fosse stata imposta come presidente del Consiglio e non fosse una militante e una dirigente che è cresciuta con noi da 35 anni. Questa è l’alternativa a Giorgia Meloni e ai Fratelli d’Italia?», ha commentato Deidda. «Su X ho chiesto al collega Davide Faraone se mi può elencare i partiti e le coalizioni che hanno eletto e portato in parlamento marito e moglie, fidanzato e fidanzata e compagno e compagna. Se parliamo di famiglie – ha concluso Deidda – meglio fare chiarezza».

Il Pd lancia gli anatemi al governo sul caso Almasri e ed è partita per la tangente di una crociata che demonizza chiunque osi focalizzare il problema vero: ossia l’interesse nazionale e realpolitik in casi – come questo- di gravi casi di sicurezza nazionale. Ma dimentica, assieme a tutta la congrega dell’opposizione che strilla contro il governo, che gli “affari sporchissimi” e trattative non solo con la Libia (Vespa docet) sono patrimonio di tanti governi di cui la sinistra ha fatto parte. A rinfrescare la memoria ai dem che pontificano sul nulla è un’inchiesta del Tempo. La storia recente italiana é costellata di situazioni nelle quali, per ragioni di Stato e di sicurezza, si è dovuto scendere a compromessi con entità discutibili (che siano milizie o capi di Stato e di governo.
Certamente i dem ricordano Mario Draghi, presidente del Consiglio del cui governo faceva parte anche la sinistra. Fu proprio lui a spiegare la ragion di Stato in occasione della situazione creatasi con il presidente turco Erdogan per e l’imbarazzante situazione creatasi con la “sedia mancata” ad Ursula Von der Leyen in occasione della visita con l’allora presidente del Consiglio europeo Charles Michel. «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono- disse Draghi- di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio».

Trattare con tutti è compito di un governo che voglia tessere relazioni. Relazioni che possono tornare utili. E’ successo col governo Renzi. “La Rada Special Deterrence Forces é una di queste -scrive Francesca Musacchio- e in alcuni casi avrebbe giocato un ruolo cruciale nelle operazioni per liberare alcuni cittadini italiani rapiti. Tra questi il caso dei tecnici Bruno Cacace e Danilo Colonego: rapiti il 19 settembre 2016 ai confini tra Libia e Algeria. Il rilascio è avvenuto il 5 novembre sempre del 2016 (governo Renzi). E l’appoggio operativo della Rada sarebbe stato determinante nello sbloccare negoziazioni altrimenti in stallo”.

Se andiamo al luglio 2015– sempre governo Renzi- operai della Bonatti vengono rapiti nella zona di Mellitah, a 60 chilometri da Tripoli. Nel 2016, Salvatore Failla e Fausto Piano vengono uccisi in uno scontro a fuoco tra fazioni rivali. “Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, invece, sarebbero rimasti nelle mani di un gruppo affiliato a Isis e poi rilasciati. Anche qui il gruppo Rada di Almasri avrebbe avuto un ruolo”, leggiamo nelle ricostruzioni.

Durante il Governo Conte II – il Pd ne faceva parte- il premier M5S si trovò a dover trattare con il generale Khalifa Haftar: uomo forte della Cirenaica, non proprio una mammoletta. Non rappresentava un “governo” ufficialmente riconosciuto della comunità internazionale. Eppure, Conte e Di Maio, allora ministro degli Esteri trattarono con lui per liberare due pescherecci italiani: il Medinea e l’Antartide della flotta di Mazara del Vallo. Erano stati sequestrati “a settembre 2020 in acque libiche, a circa 35 miglia dalla costa; in una zona in cui la Libia sosteneva unilateralmente di possedere i diritti di pesca”. Ebbene, il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, trattarono dovettero trattare con lui: gli fecero visita “cedendo ad una sua «richiesta politica» per liberare i pescatori”.

“E a volte, ai governi di sinistra, è toccato anche trattare con gruppi terroristici per la liberazione di ostaggi come Greta Ramelli e Vanessa Marzullo: rapite in Siria la notte fra il 31 luglio e il 1º agosto 2014, e poi finite nella mani del Fronte al Nusra: gruppo jihadista affiliato ad al Qaeda. A cui sembra sia stato versato un sostanzioso riscatto per ottenerne al liberazione.

“Anche noi avremmo fatto la stessa cosa” spiega il dem Nicola Latorre, per quattro legislature in Senato con il Pd: considerato il braccio destro di Massimo D’Alema e di Marco Minniti, a si è occupato di difesa e sicurezza internazionale. Il quale decritta il termine “schifezze” usato da Bruno Vespa: «Non so a quali schifezze si riferisse il direttore Vespa. Se ci si rivolge a Marco Minniti o al sottoscritto, certamente non abbiamo fatto “schifezze”. Abbiamo svolto in maniera doverosa il ruolo che ciascuno di noi aveva, in particolare l’allora ministro Minniti. In particolare mi risulta che lui da ministro abbia condiviso sempre tutte le iniziative con informative puntuali e tempestive al Copasir». E conclude – intervistato dal Tempo-: «Quanto al tema della ragione di Stato, va ricordato che è a questo concetto che le autorità politiche e di sicurezza si rifanno, anche in deroga a principi di diritto internazionale. Da questo punto di vista è del tutto evidente che nel caso Almasri le autorità di governo e di sicurezza del paese hanno valutato, per ragioni di Stato, l’opportunità di riportare il libico in Libia».

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