Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Crisi. Napolitano indica la via d’uscita: la scelta spetta ai parlamentari

Nella giornata più brutta vissuta dalla seconda repubblica, la politica italiana trova, cosa non rara negli ultimi mesi, come unico faro Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha dovuto, quasi costretto, prendere le redini in mano per evitare che il Paese finisse inghiottito, in un gioco perverso dei mercati internazionali, in un corto circuito economico senza sbocchi. Bisognava dare delle risposte chiare, nette, decise e lui le ha date. E si è preso delle grosse responsabilità rispetto a quelle che lo identificano come un “semplice notaio” della Carta costituzionale. In una giornata difficile, delicata, a tratti drammatica per l’economia nazionale, nel leggere i dati sullo spread tra Btp e Bund, Giorgio Napolitano ha voluto fare chiarezza e rassicurare il mondo politico ed economico, sia interno che  internazionale. Le sue parole “o si formerà un nuovo governo o elezioni” fanno ben capire che l’Italia, nonostante le sue mille difficoltà, “è pronta ad adottare tutti i provvedimenti” che saranno richiesti. Il suo richiamo non è un out out ma una richiesta di buon senso al mondo politico italiano: gli interessi generali vengono prima di quelli partitici. In gioco c’è l’Italia, quindi, rivolto ai politici italiani, ragionate prima di tuffarvi in un tunnel senza luce. Lui ha avvisto, esponendosi non poco, quel variegato mondo politico che ora è chiamato ad assumersi la responsabilità vera di dare le dovute e giuste risposte.

La palla ora passa, dunque, alla politica italiana che deve decidere cosa fare: varare un nuovo governo, che sappia dare rispondere alle richieste dell’economia internazionale, o andare alle elezioni. Con il passare delle ore la seconda opzione perde sempre più quota e, nonostante i distinguo elettoralistici, prende il vento in poppa la formazione di un nuovo governo. Tutte le indicazioni portano a parlare di un nuovo “esecutivo tecnico”, o altrimenti detto di “unità nazionale” di “solidarietà nazionale” di “emergenza”. Al di là delle denominazioni, più o meno fantasiose, si sta lavorando, sotto la regia di Napolitano, ad un nuovo governo “a termine” e a guida tecnica per varare due importanti provvedimenti: uno economico, per dare una risposta immediata all’economia internazionale, ed un secondo politico per cambiare la legge elettorale in senso proporzionale. Fatto ciò si dovrebbero sciogliere le Camere ed andare al voto in primavera e comunque prima del semestre bianco per evitare che l’attuale inquilino del Colle, come lui stesso vuole, possa essere “accusato” di avere pilotato l’elezione del suo successore. Parallelamente all’ipotesi di un “governo tecnico a tempo determinato” nel campo delle ipotesi potrebbe prendere piede l’idea di un “governo istituzionale” con un orizzonte più ampio. E la nomina a senatore a vita del professore Mario Monti, principale candidato alla guida di un esecutivo prima“tecnico”, potrebbe andare in questa direzione. La scelta di Napolitano di nominare l’ex commissario europeo, proprio in questa drammatica giornata per l’economia Italia, non sembra troppo casuale. Probabilmente il presidente della Repubblica ha voluto rivolgere ai politici italiani l’ennesima richiesta di responsabilità: con Mario Monti senatore a vita, membro del Parlamento come voi, un vostro “più che autorevole collega”, non avrete più. Giorgio Napolitano ha calato sul tavolo le uniche possibilità per la politica italiana di dimostrare di essere diventata matura per superare l’empasse.

L’opzione Mario Monti, sia tecnica che istituzionale, ma con i dovuti distinguo, a seconda del profilo, sarebbe comunque appoggiata da tutte le opposizioni, dal Pd al Terzo Polo e da un nutrito gruppo di deputati del Pdl, circa novanta. Di Pietro e il Sel di Nichi Vendola si smarcano e, in questa fase interlocutoria, per esigenze elettoralistiche, vogliono andare ad elezioni anticipate perché contrari a qualsiasi tipo di “incucio”. La Lega di Bossi si dichiara indisponibile, non senza qualche distinguo, ad appoggiare un nuovo governo, sia esso “tecnico che istuzionale”, che non sia espressione della coalizione che ha vinto le passate elezioni politiche. Il pensiero di Berlusconi è noto, “mi dimetto dopo il via libera alla legge di stabilità ma subito al voto e no a ribaltoni elettorali”. Napolitano ha fatto forse più di quello che “poteva fare”, ora spetta ai partiti prendersi la responsabilità di dare le giuste risposte, non tanto al presidente della repubblica, ma a tutti i cittadini italiani.

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