Crisi Marelli tra governo, Pd e Cgil

Il governo ha ottenuto la “sospensione sine die” della chiusura dello stabilimento di Crevalcore della Magneti Marelli, dove 229 lavoratori rischiavano di rimanere a casa. L’azienda ha comunicato la decisione al termine del tavolo convocato al Mimit dal ministro Adolfo Urso, del quale è stata accolta la proposta di “cercare un investitore per una reindustrializzazione del sito”.

“L’azienda ha condiviso la proposta del ministro Urso al fine di lavorare a un tavolo congiunto con il governo, la regione Emilia-Romagna e le parti sociali, per l’identificazione di una soluzione che preservi la continuità industriale ed occupazionale del sito di Crevalcore”, si legge in una nota della Marelli, che ha anche annunciato “di aver dato mandato ad un advisor per individuare possibili acquirenti per favorire l’operazione di reindustrializzazione del sito di Crevalcore”. L’azienda, secondo quanto trapelato, al tavolo aveva parlato di “difficoltà oggettive legate alla transizione, alla mancanza di commesse e alla scelta di Stellantis di lavorare su piattaforme ex Peugeot e non ex Fiat”.

“L’incontro  delinea un futuro per lo stabilimento Marelli di Crevalcore e per i suoi 229 dipendenti. La nostra priorità è sempre stata quella di sostenere e rilanciare la produzione nel settore e nella filiera dell’automotive, e siamo convinti che ciò passerà dall’accompagnamento verso una piena reindustrializzazione di questa storica realtà produttiva, orgoglio del Made in Italy”, ha spiegato Urso, al termine del tavolo che è nuovamente convocato per l’8 novembre. Il ministro, che nella trattativa è affiancato dal sottosegretario Fausta Bergamotto, ha chiesto all’azienda di presentare quanto prima un piano industriale completo, relativo anche agli altri stabilimenti che insistono nel nostro Paese.

“L’azione dispiegata dal ministro Urso nella risoluzione della questione inerente la Magneti Marelli dimostra la concretezza del governo Meloni e la volontà di dare risposte effettive ai lavoratori dello stabilimento di Crevalcore”, ha sottolineato il viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti Galeazzo Bignami. “Lavoreremo – ha aggiunto – per trovare una soluzione definitiva a una vicenda che questo governo intende risolvere garantendo la tutela dei lavoratori e la filiera industriale italiana. Manteniamo gli impegni assunti con le lavoratrici e i lavoratori e confidiamo che tutte le istituzioni supportino l’azione del Governo in tale direzione”.

La sospensione a tempo indeterminato della chiusura degli stabilimenti è stata accolta positivamente dai sindacati. Perfino la Fiom ha parlato di “un primo importante risultato”, pur annunciando che “la mobilitazione prosegue. Decideremo insieme ai lavoratori le iniziative da mettere in campo fino a quando sarà scongiurata la chiusura del sito e non verrà garantita l’occupazione”.

Da un lato il governo che salvaguarda gli operai e le catene produttive italiane; dall’altro il Pd che affronta la vertenza a suon di passerelle e selfie ma si guarda bene, in compagnia della Cgil, dall’andare alla radice della crisi che chiama in causa gli Elkann. C’è – anche – una lettura tutta politica del caso Marelli, che  è arrivato a un punto di svolta positivo grazie all’intervento dell’esecutivo e del ministro Adolfo Urso in particolare, che è riuscito a convincere l’azienda a sospendere “sine die” la chiusura dello stabilimento di Crevalcore, in vista di un piano di reindustrializzazione. A focalizzare l’attenzione su questo aspetto è stato il deputato di FdI, Francesco Filini, sottolineando che “evidentemente alla sinistra non conviene attaccare l’editore dei quotidiani del gruppo Gedi”.

“Dopo il tavolo convocato dal governo – ha sottolineato Filini – arriva la notizia della sospensione sine die della decisione di chiudere il sito di Crevalcore da parte del gruppo Marelli, che ora lavorerà assieme al governo per individuare un investitore interessato a subentrare nello stabilimento emiliano, per salvare il futuro di 229 lavoratori e la continuità industriale del sito”. Il deputo di FdI, quindi, ha citato l’azienda che nel corso dell’incontro di oggi al Mimit “ha spiegato di aver scelto di cessare l’attività per ‘difficoltà oggettive legate alla transizione, alla mancanza di commesse e alla scelta di Stellantis di lavorare su piattaforme ex Peugeot e non ex Fiat’”.

“La crisi di Crevalcore, quindi – ha sottolineato Filini – è strettamente legata alle scelte strategiche del gruppo di John Elkann. Eppure né il leader di uno dei principali sindacati confederali, Maurizio Landini, né la leader del Pd, Elly Schlein, hanno pensato in questi giorni di passerelle e dichiarazioni ai media di richiamare l’imprenditore e il gruppo alle proprie responsabilità. Evidentemente – ha commentato l’esponente di FdI – alla sinistra non conviene attaccare l’editore dei quotidiani del gruppo Gedi, ormai divenuti un vero e proprio megafono della sinistra contro il governo di Giorgia Meloni. Al contrario, invece di chiedere a Stellantis maggiori garanzie la Schlein propone di dare altri soldi al gruppo erede di Fiat, in perfetta continuità con il passato”.

“Fin dalla nascita di Stellantis – ha ricordato ancora Filini – Fratelli d’Italia e la sua leader Giorgia Meloni hanno denunciato i rischi connessi ad una fusione tra Fca e Psa a chiara trazione francese, avvenuta senza che il governo dell’epoca, il Conte II, battesse ciglio. La chiusura dello stabilimento della Marelli è evidentemente parte di questo processo, le cui conseguenze si sono manifestate in maniera evidente con la preponderanza di modelli prodotti in Francia rispetto all’Italia, con 7.500 esuberi nel nostro Paese, con un crollo della produzione rispetto agli anni precedenti al 2019 e il volume degli investimenti che pende dalla parte di Parigi. Al contrario dei precedenti governi di centrosinistra, il governo Meloni ha subito affrontato il dossier, determinato a vigilare sugli impegni assunti dall’azienda in termini di investimenti, produzione e mantenimento dei livelli di occupazione, e a lavorare – ha concluso il deputato di FdI – per aumentare i volumi produttivi, invertendo il trend negativo degli ultimi anni”.

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