epa08938979 Researchers at Aalborg University are screening and analyzing all positive Danish coronavirus samples for the new English virus variant cluster B.1.1.7, that is more contagious and spreads easier and rapidly, in Aalborg, Denmark, 15 January 2021. EPA/HENNING BAGGER DENMARK OUT

Covid, il dpcm non è in vigore e già si pensa a una nuova stretta

Il nuovo decreto Draghi ancora non è in vigore, ma a Palazzo Chigi già si discute una nuova stretta. D’altra parte i segnali di allarme si sono moltiplicati negli ultimi giorni, a partire da un incremento nei test risultati positivi al nuovo coronavirus, soprattutto se misurati su base settimanale, e passando per le dichiarazioni di Guido Bertolaso, consulente per l’emergenza covid della Regione Lombardia. “Tutta l’Italia va verso la zona rossa”, queste le parole, che hanno prevedibilmente fatto scalpore, dell’ex numero uno della Protezione Civile.

E allora l’esecutivo corre ai ripari a pochi giorni dalla conferenza stampa di martedì, quando pure si era provato ad aggiustare il tiro rispetto a una norma drastica come la didattica a distanza per le scuole di ogni ordine e grado, automatismo legato all’ingresso in zona rossa del territorio. Il ministro della Salute Roberto Speranza e la ministra per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini avevano annunciato contestualmente una riapertura di cinema, teatri e musei nei weekend, e la possibilità di acquistare bevande da asporto nelle vinerie anche dopo le 18, a patto che i prodotti non vengano consumati nei pressi dell’esercizio.

Le nuove misure sul tavolo del governo

Dopo i 20mila contagi di mercoledì però il cdm guidato da Draghi è convinto che il dpcm in vigore dal 6 marzo da solo non basterà. Ministri e premier si preparano a nuove strette, mentre la variante inglese prende di mira giovanissimi e bambini. Sarebbero diverse le norme in corso di valutazione per non farsi trovare impreparati a una situazione simile a quella dello scorso autunno, quando il Paese ha avuto un picco di 40mila contagi e 969 deceduti.

Un lockdown generalizzato sarebbe per il momento da escludere, anche in prospettiva, ma “di certo si è riflettuto su quale possa essere la soglia critica per far scattare una stretta ulteriore e quali siano le misure più adatte”, scrivono Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della Sera”. In altre parole, il governo si tiene pronto al peggio discutendo a che altezza del grafico dei contagi vada disegnata la linea oltre la quale ricorrere ai provvedimenti drastici.

Se non la quarantena nazionale, quindi, all’orizzonte potrebbero esserci invece più rigide limitazioni agli spostamenti delle persone e un’ulteriore anticipazione della soglia di inizio del coprifuoco, che allo stato attuale, e almeno fino al 6 aprile, scatta alle 22 e termina alle 5.

Preoccupano le regioni

Un altro pezzo della strategia del governo sarà esercitare forti pressioni per sollecitare gli amministratori locali a individuare i focolai nel più breve tempo possibile. Ai primi segnali di un contagio diffuso e circoscritto dovrà infatti arrivare tempestiva la risposta degli enti: stop alla mobilità e alle lezioni scolastiche, chiusura di tutte le scuole, giù la serranda di bar, ristoranti e negozi.

Tutto questo naturalmente da condividere con le Regioni, così come promesso da Draghi ed effettivamente messo in pratica in occasione dell’ultimo provvedimento a firma del neo-premier, una volta recepite le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico. Certo è che l’impennata dei positivi potrebbe allineare sulle stesse posizioni “prudenti” i governi e i partiti aperturisti. Prova ne è il silenzio del leader della Lega Matteo Salvini e i toni allarmati di Bonaccini, che nei giorni scorsi avevano dato vita a un improbabile tandem, entrambi chiedendo nuove aperture.

“La crescita del contagio richiede un’accelerazione nella risposta, se non vogliamo esserne travolti”, ha detto il presidente dell’Emilia-Romagna, trovatosi a gestire una delle situazioni più critiche a livello nazionale. Soprattutto Bologna preoccupa. Il leader del Carroccio è invece impegnato in un tour vaccinale, che lo ha portato a incontrarsi con l’ambasciatore indiano e i vertici della Repubblica Autonoma di San Marino, dove è stato già impiegato il brevetto russo Sputnik V attualmente in corso di valutazione dall’Ema, l’agenzia per la regolamentazione dei farmaci in Europa. Insomma la situazione è in peggioramento, la comunicazione politica così si adegua.

Al ministro Speranza sono stati recapitati i dati del monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità. Con tutta probabilità, nuove Regioni raggiungeranno Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Toscana in zona arancione. Altre si sposteranno in zona rossa, dove attualmente si trovano Trento e Umbria.

In particolare, potrebbero diventare rosse Emilia-Romagna, Campania, Abruzzo, Lombardia, Piemonte e Toscana. Arancioni invece Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lazio, Puglia.

Per il momento il governatore della Attilio Fontana ha spostato in zona arancione “rinforzata” la Lombardia, forte di una situazione a Brescia sempre più grave, ma anche dei 1200 casi registrati nella giornata di giovedì a Milano. Dalla mezzanotte quindi scuole chiuse su tutto il territorio, tranne gli asili nido, vietato l’accesso alle aree da gioco e stop ai movimenti verso le seconde case quando si trovano fuori dai confini del comune di residenza.

La partita dei vaccini

Se gli ultimi bollettini parlano di un aumento dei casi non arginabile in tempi rapidi, l’arma definitiva contro il Covid si chiama vaccino. Draghi sa bene che la somministrazione dei sieri è l’unica strada che porta alla normalità e sta provando ad accelerare.

Di oggi il blocco delle esportazioni di 250mila fiale di vaccino AstraZeneca dirette in Australia. L’Italia è il primo Paese che ha deciso di ricorrere al meccanismo introdotto dall’Ue a gennaio, che consente di bloccare le esportazioni di siero in mancanza di autorizzazione da parte degli stati membri. Fonti della BBC a Roma attribuiscono la decisione al numero uno dell’esecutivo.

Contestualmente è avvenuto un incontro tra membri dell’esecutivo e le parti sociali, dal quale trapela la possibilità di utilizzare i medici aziendali per le vaccinazioni. In campo anche la rete di ambulatori dell’Inail per tutelare le categorie di lavoratori più direttamente esposte al contagio.

Di ieri invece la telefonata tra la presidente della Commissione europea e il presidente del Consiglio italiano. “Contenta di aver parlato col premier Draghi – ha scritto Ursula von der Leyen su Twitter – abbiamo discusso della cooperazione sulla produzione e la consegna dei vaccini”.

Sullo sfondo la riorganizzazione delle logistica  da attuare con l’entrata in gioco della Protezione Civile e dei medici di famiglia. Toccherà al generale Francesco Paolo Figliuolo, recentemente nominato al posto dell’ex commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, oliare il meccanismo della campagna vaccinale più grande della Storia. Ma la nuova ondata di preoccupa anche per questo: la profilassi è in corso ma la ripartenza potrebbe essere stroncata sul nascere da un nuovo picco di infezioni.

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