L’ultimo monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità ha evidenziato che l’indice di trasmissibilità Rt si è stabilizzato, crescendo più lentamente rispetto all’aumento vertiginoso di ottobre. La curva epidemica quindi accenna a una flessione, ma questo non significa che presto si assisterà a una revoca delle misure restrittive rinnovate nell’ultimo Dpcm. Il motivo è l’impatto che il Covid sta continuando ad avere sugli ospedali, in tutte le Regioni ormai vicini alla soglia critica per la tenuta.
Il 15 novembre è una data da segnare in rosso perché da quel giorno si potrà capire che direzione prenderà il governo in vista del Natale. Giuseppe Conte, dopo la firma sull’ultimo Dpcm, ha spiegato che “serviranno altri sacrifici per preservare le Feste”. Da una parte c’è chi spera per un allentamento delle misure, dall’altra c’è chi spinge per una chiusura totale. Medici in testa.
Un lockdown c’è già, anche se soft e non uniforme. Diverse zone gialle stanno già tendendo all’arancione e tra qualche giorno potrebbero restare in poche. Per capire cosa succederà tra un mese saranno cruciali i prossimi giorni. L’osservata speciale è la Campania: ci sono state ispezioni nelle strutture Covid e nelle Asl per valutare se ci siano state o meno delle mancanze.
Ma anche quanto successo lo scorso weekend, con diversi assembramenti nelle città di tutta Italia, potrebbero spingere il governo a mantenere la cautela, soprattutto in vista delle giornate di vacanza dove il rischio di un ‘liberi tutti‘ crescerà a dismisura.
Il presidente del Consiglio vuole aspettare gli effetti delle misure intraprese, quindi il 15 novembre. Superata quella data si faranno altre scelte che, date le tempistiche, decideranno le sorti del Natale.
Il consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi ha chiesto un maggior rispetto delle regole, riferendosi alle immagini di gente accalcata nei centri delle città lo scorso weekend. Secondo lui l’alternativa, vista la pressione sulle strutture ospedaliere, è il lockdown nazionale.
Quello chiesto dal presidente dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, che ha sottolineato come gli anestesisti siano già costretti a scegliere chi intubare e chi no, vista la carenza di posti letto nelle terapie intensive. La chiusura totale è invocata perché oltre ai pazienti Covid ci sono quelli oncologici o con gravi malattie cardiopatiche. Senza dimenticare che i sintomi causati dal coronavirus sono gli stessi di quelli dell’influenza, il cui picco deve ancora presentarsi.
Se i dati non migliorano sensibilmente, a Natale saremo in grossi guai“, non gira intorno al problema l’infettivologo e primario di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, che in un intervento al “Global Health – Festival della Salute Globale” esprime tutta la sua preoccupazione, come riportato da Tgcom24.
L’analisi di Galli parte da ciò che è accaduto nei mesi passati dopo la prima ondata dell’epidemia da coronavirus, per mettere in allerta gli italiani: “Mi auguro che quanto predisposto possa bastare, ma comunque i cenoni allargati quest’anno non saranno possibili. Alla luce dei numeri, se gli interventi non funzionassero arriveremmo a Natale nel pieno della seconda ondata”.
“Se funzioneranno, dovremo adeguarci a una riapertura graduale e a molte cautele, per non ripetere quanto già successo a Ferragosto. Giusto confidare nel vaccino, sbagliato stare ad aspettarlo senza agire per il contenimento della pandemia” è la previsione del primario.
Nel suo intervento al Festival della salute globale Massimo Galli ha parlato anche della possibile mutazione del Sars-CoV-2 tornando su quanto accaduto in Danimarca con l’abbattimento di milioni di visoni per evitare nuove forme di contagio.
“Questi animali in cattività sono stati infettati accidentalmente dai loro allevatori – ha sottolineato Galli – ma avrebbero anche ritrasmesso il virus all’uomo, a differenza di tutti gli animali domestici in cui il fenomeno è stato studiato, che non rappresentano un pericolo“.
Come riportato dal Messaggero, per l’esperto è infatti “possibile che il sistema immunitario dei visoni finisca per selezionare nuovi mutanti, problema ulteriore di cui certo non avremmo bisogno. Tutte le forzature che imponiamo alla natura hanno un prezzo.”
Il past president della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) ha concluso infine dicendo che “è possibile che nella seconda ondata il virus sia in parte cambiato – ha osservato l’infettivologo – Stiamo cercando di capire quanto questo sia accaduto in Italia”.