Cosa succede se la Manovra non viene approvata

L’iter per l’approvazione della prima Manovra del governo Meloni prosegue spedita. All’alba della Vigilia di Natale, dopo una lunga maratona notturna, il testo ha ricevuto l’ok della Camera con 197 sì, 129 no e due astenuti. Adesso, a partire dal 27 dicembre, al Senato prende il via la seconda lettura. I tempi sono strettissimi: in caso di intoppi dell’ultim’ora i lavori potrebbero prolungarsi fino al 2023, con la conseguente attivazione dell’esercizio provvisorio sancito dalla Costituzione. Scenario che l’esecutivo vorrebbe evitare a qualsiasi costo.

Archiviata la pausa natalizia, è arrivato il turno di Palazzo Madama. E proprio come a Montecitorio, per scongiurare gli imprevisti, il governo ha optato la via più sicura: quella di mettere la fiducia. Il testo sarà quindi votato così come è stato proposto.

Secondo quanto previsto dal calendario l’Assemblea si riunisce dalle 14 del 27 dicembre per l’invio del testo alle commissioni. La riunione successiva è programmata per mercoledì 28 dalle 9,30 (con ogni probabilità proprio per dare il via libera alla fiducia, dal momento che tra la decisione e il voto devono trascorrere 24 ore). Poi il 29, sempre dalle 9,30, una nuova possibile convocazione, che contiene però la specifica “se necessaria”: l’ipotesi è quindi che la Manovra possa essere già stata licenziata per quel giorno.

Ovviamente, a patto che le opposizioni non complichino le cose all’ultimo momento, magari cercando di fare ostruzionismo e rispedendo un testo revisionato alla Camera. Ma se le modifiche tecnicamente sono ancora consentite, le malelingue tra i corridoi dei palazzi della politica sostengono che i parlamentari vogliano chiudere l’iter il più velocemente possibile per non perdersi il cenone di fine anno.

La Legge di Bilancio segue sempre un calendario preciso: deve essere approvata e votata in via definitiva entro il 31 dicembre di ogni anno, così da poter entrare in vigore dal 1° gennaio. In caso di ritardi nel licenziamento scatta l’esercizio provvisorio, misura eccezionale con la quale il governo può gestire esclusivamente l’ordinaria amministrazione, senza variazioni di bilancio.

A stabilirlo è l’articolo 81 della Costituzione con l’obiettivo di garantire un equilibrio tra spese ed entrate dello Stato. Tramite l’esercizio provvisorio l’esecutivo ha un periodo massimo di quattro mesi per riuscire ad approvare la Manovra: una situazione di stallo potrebbe durare quindi non oltre il 30 aprile. In questo lasso di tempo l’esecutivo è costretto a operare secondo le seguenti disposizioni:

  • Le spese sono ammesse soltanto in misura di tanti dodicesimi quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio (1/12 se è un mese, 2/12 se è due mesi, 3/12 o 4/12 e così via).
  • Solo le spese obbligatorie ed urgenti sono ammesse senza limitazioni.

Ma perché l’esercizio provvisorio è tanto temuto dal governo presieduto da Giorgia Meloni? Il rischio, andando incontro allo stallo gestionale del Paese, è quello di non poter adottare misure volte alla crescita economica per cui è necessario l’indebitamento, essendo consentite dalla legge solo le spese di ordinaria amministrazione.

E in uno scenario del genere, con una crisi che imperversa ormai da mesi, i danni economici sarebbero più che tangibili. Tale condizione avrebbe pesanti ripercussioni simboliche anche in termini di affidabilità e credibilità della stessa Italia sia per i vertici Ue che per gli investitori stranieri, comportando dal punto di vista pratico effetti negativi sul mercato.

Ad oggi nella storia della Repubblica l’esercizio provvisorio è scattato 33 volte, l’ultima delle quali nel 1988 durante il governo Goria. L’attuale esecutivo vorrebbe evitare di essere il primo dopo 34 anni.

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