Coronavirus, perché il caldo può aiutare: parla la Gismondo

Non si sa quando il coronavirus sarà definitivamente sconfitto, ma nelle ultime ore i virologi stanno provando a stimare i tempi e a fare le prime previsioni. Compresa Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica dell’ospedale Sacco di Milano, intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus.

Coronavirus, perché il caldo può aiutare

Tanti i temi toccati dalla virologa. Per esempio, il ruolo del caldo. “Quando andiamo verso il caldo cala la presenza dei virus respiratori, ma soprattutto perché cambiano le nostre abitudini: durante l’inverno ci accalchiamo nei locali ed è molto più facile stare più vicini. L’estate stiamo più all’aperto e questo ci aiuta ad essere meno esposti ai virus”.

I tempi per il vaccino

“Per raggiungere il vaccino – aggiunge la Gismondo – ci vorrà tempo. Forse arriverà anche dopo il picco in tutta Europa. La cosa più rapida è una terapia, perché abbiamo tante molecole che potrebbero essere attive nei confronti del virus. È essenziale provare e riprovare molecole che possano darci una terapia”.

Secondo la virologa, si starebbe “puntando su due target diversi di attività: l’antivirale punta ad inibire il virus rapidamente, l’altra molecola (ossia quella del farmaco anti artrite, ndr) mira a ridurre l’infiammazione. Penso possano diventare una terapia combinata”.

Una lezione: mai più tagli al sistema sanitario

Maria Rita Gismondo sottolinea poi il risultato di anni di politiche basate sui tagli. “Tutti dobbiamo imparare da questa esperienza. La sanità non può essere spezzettata in varie regioni. Il cittadino su tutto il territorio nazionale deve avere lo stesso diritto alla salute. Addirittura auspicherei su tutto il territorio europeo. Spero che le persone non dimentichino i nostri sacrifici”.

Contagi in aumento, ma niente paura

“Stiamo assistendo a un incremento di casi di contagio rilevati – evidenzia la Gismondo -. Tra poco il 60-70% della popolazione sarà rilevato positivo, ma non dobbiamo preoccuparci. Con dei numeri maggiori ci renderemo conto che questo virus è meno letale di quanto possiamo pensare adesso”.

Per l’esperta il virus è silente nel 90% dei casi, ma “c’è un 10% di persone che ha bisogno di essere ricoverato in ospedale. Ad oggi i dati di morte diretta per coronavirus sono molto scarsi, si parla di qualche unità”.

E sui giovani  in terapia intensiva, “la medicina non è mai una scienza esatta, non significa che non ci possano esserci casi di qualche giovane. Dobbiamo però vedere la curva, dobbiamo parlare della maggior parte dei casi. Dobbiamo andare a vedere se ci sono altre malattie. Oggi l’età media dei deceduti è 81-83 anni, i guariti sono quasi il doppio delle persone che vengono ricoverate in terapia intensiva”.

Infine, una previsione. “Non illudiamoci di avere casi zero in tutta Italia e in tutta Europa. La Lombardia è stata particolarmente sfortunata perché ha avuto quel focolaio che ci ha messo in crisi. Se non ci fosse stato quel focolaio avremmo avuto pochi casi aumentati nel tempo e non questa crisi sanitaria. Tra due settimane ci aspettiamo un calo drastico dei casi positivi, dei ricoverati e dei malati. Non possiamo però pensare che tra due settimane il virus sia scomparso, ci accompagnerà ancora per qualche mese”.

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