Coronavirus, l’ultimatum di Renzi al premier Conte

“Glielo diciamo in faccia: siamo a un bivio. È stato bravo a rassicurare gli italiani, è stato molto bravo. Il punto però è che nella fase 2 della politica non basta giocare su paura e preoccupazione. C’è una ricostruzione da fare che è devastante e richiederà visione e scelte coraggiose”. Così Matteo Renzi rivolgendosi al premier Conte in Senato: “Se sceglierà la strada del populismo non avrà al suo fianco Italia viva”.

Parlando in Aula dopo dopo l’informativa del presidente del Consiglio, il leader di Italia Viva ha detto che “gli italiani per l’emergenza sanitaria sono in uno stato che ricorda gli arresti domiciliari. Non ne usciamo con un paternalismo populista o una visione priva di politica. Nessuno le ha chiesto di riaprire tutto, abbiamo chiesto riaperture con gradualità e proporzionalità”.

“Il nostro Paese – ha spiegato – ha avuto momenti in cui la politica ha abdicato rispetto alle sue responsabilità, nel 92-93 ha abdicato alla magistratura, nel primo decennio del 2000 quando ha abdicato ai tecnici, ora non possiamo abdicare ai virologi, non possiamo chiedere loro come combattere la disoccupazione, tocca alla politica”.

“C’è una nuova divisione più profonda, tra garantiti e non garantiti. La richiamiamo ad avere uno sguardo più ampio sul futuro economico. Voteremo il decreto sulla liquidità predisposto da Gualtieri ma il mondo va avanti e di fronte a questo ora è il momento di agire: prevenire, non rincorrere”, ha aggiunto.

Rivolgendosi a Conte, Renzi ha detto: “Sia più prudente quando parla agli italiani: lei ha detto 11 volte ‘noi consentiamo’. Un presidente del Consiglio non consente, perché le libertà costituzionali vengono prima di lei. Lei non le consente, le riconosce. Io ho negato a Salvini i pieni poteri: non l’ho fatto per darli ad altri”.

“La presidente Cartabia ha detto con chiarezza che in queste situazioni di emergenza la Costituzione è la bussola: nemmeno durante il terrorismo abbiamo derogato così tanto alla Costituzione. Richiamarla a un uso più prudente dei dpcm non è lesa maestà. Non può essere un dpcm a dire se l’amicizia è vera o no, se il fidanzamento è saltuario o stabile, sennò ci avviciniamo allo stato etico”.

 

 

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