Domani  il voto al Parlamento Europeo sulla riforma europea del copyright  e in particolare su una norma, l’articolo 11, che potrebbe sensibilmente incidere sull’accessibilità e la condivisione degli articoli giornalistici su Internet.

La norma proposta prevede che i servizi Internet (piattaforme online, siti web, social, forum, ma anche messaggistica, chat) debbano pagare un compenso agli editori per l’utilizzo dei loro articoli, per esempio quando un articolo viene pubblicato (anche parzialmente: il cosiddetto snippet) su un sito web o una bacheca social. L’esempio classico è quello degli articoli pubblicati dagli aggregatori di notizie (come Google News), ma la regola potrebbe avere effetti più ampi, arrivando ad applicarsi anche alla semplice condivisione di notizie tra utenti, alla messaggistica, persino a un semplice post su siti aziendali o associativi. Tutte queste attività di pubblicazione o condivisione potrebbero dare origine all’obbligo di un pagamento di una somma all’editore da cui proviene l’articolo, benché le tariffe, le caratteristiche minime di uno snippet per la tassabilità, e le modalità di raccolta della tassa, non siano per niente chiari. La norma è stata fin da subito battezzata ‘linktax’ per il fatto che originariamente avrebbe potuto portare alla tassazione anche di semplici link, eventualità che però i successivi emendamenti hanno cercato di limitare.

Si cerca   una mediazione per cercare di allargare le basi del consenso e arrivare al via libera del provvedimento. Che sarebbe solo il ‘primo passo’ del complesso processo legislativo europeo, il quale prevede poi l’integrazione del testo eventualmente approvato con due analoghi articolati, uno della Commissione europea e uno Consiglio. Al termine di questa successiva negoziazione il testo finale dovrà tornare in aula a Strasburgo per il definito via libera. Se tutto va bene a marzo, anche se basterà un qualche intoppo per far saltare tutto e rimandare ogni cosa al prossimo Parlamento.

L’appuntamento di domani è quindi decisivo perché se l’aula boccerà quanto proposto dai relatori tutto resterà come è al momento, ossia senza nessuna legislazione che tuteli efficacemente il diritto d’autore. Una partita importante che vede da una parte i Big Tech, ossia i vari Facebook, Google, Twitter, YouTube e altri che intendono continuare a utilizzare contenuti autoriali ed editoriali per conseguire ingentissimi guadagni in prima persona; dall’altro autori ed editori che chiedono il riconoscimento di un diritto connesso, in pratica di venire remunerati per il lavoro svolto, così da riconoscere a loro volta il diritto alla sopravvivenza ai giovani che vogliono accostarsi al mondo del giornalismo, della musica o delle arti visive.

La partita, dicevamo, smuove notevoli interessi economici, perché i giganti del web che pure eludono il fisco godendo di regimi fiscali compiacenti non si accontentato degli enormi utili percepiti (Facebook nel 2017 ha guadagnato 17 miliardi di dollari, Google 12,6).

 Peccato che la libertà della Rete con il provvedimento c’entri davvero niente. Se passasse il provvedimento di tutela, spiega Silvia Costa, eurodeputata Pd, per l’utente non cambierebbe assolutamente nulla, perché i contenuti che vede adesso li vedrebbe anche dopo. Solo che chi li mette in Rete, parlo di Google come di Facebook, dovrebbe giustamente riconoscere un qualcosa a chi ha creato qual contenuto. Sarebbe un modo per tutelare tanti giovani che vogliono vivere del proprio lavoro intellettuale e creativo e in quel modo si vogliono difendere dai parassiti della Rete.

Il lavoro di preparazione alla discussione, sia quello del relatore del provvedimento, il popolare tedesco Axel Voss, sia quelli degli ‘shadow rapporteurs’, i relatori ombra di ciascun gruppo, hanno messo a punto 252 emendamenti per riformulare gli articoli 11 e 13, che però non hanno prodotto la sintesi sperata, e accettata da tutti. Si andrà in sostanza allo scontro all’ultimo voto, dall’esito incertissimo. Non è infatti facile prevedere che cosa potrà accadere, perché oltre alle divisioni tra gruppi politici ci sono le divisioni geografiche. Nel gruppo dei socialisti per esempio la maggior parte dei deputati favorevoli al copyright è tra i Paesi del sud (Italia compresa) mentre i nordici sono con i Big Tech. Per una tutela si sono schierati popolari e socialdemocratici, mentre la maggior parte dei liberali è incerta. Contri i verdi, euroscettici, estrema sinistra.