«Leggo dichiarazioni ed esultanze sguaiate dei ‘tifosi’ della politica. Portate rispetto a circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare. Portate rispetto agli oltre 12 milioni che hanno votato sì a maggiori tutele nel mondo del lavoro. Parliamo di oltre 12 milioni di cittadini che, al di là dei colori politici, chiedono più tutele contro licenziamenti, precariato e incidenti sul lavoro. Noi saremo sempre dalla loro parte, dalla parte giusta. E porteremo avanti la battaglia per loro in Parlamento», scrive sui social il leader dei 5 stelle, Giuseppe Conte aggiungendo che “se vi sembrano numeri insignificanti, considerate che è lo stesso numero di votanti con cui la maggioranza Meloni è arrivata al Governo». Questa, in realtà, è una grande bugia.
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, allo speciale del TgLa7 commenta l’andamento del voto, svelando retroscena inediti.
“È troppo facile infierire su chi ha fatto questa campagna referendaria, non puntando sui quesiti referendari, che peraltro non era giusto da sottoporre con un referendum all’opinione pubblica. Ma comunque, visto che hai deciso di farlo, spiegate bene il motivo per cui l’avete fatto. No, hanno detto: ‘Dalli a La Russa, dalli alla Meloni, Salvini sbaglia’”, ha affermato il presidente del Senato, sottolineando l’impostazione personalistica e aggressiva adottata da una parte della sinistra.
Secondo La Russa, la reazione dell’elettorato è stata di repulsione e fastidio, sentimenti che hanno pesato sull’affluenza e sulla qualità del dibattito democratico. Un clima che ha spinto molti a disinteressarsi ai contenuti e a respingere una retorica giudicata eccessiva.
Il momento chiave arriva quando La Russa rivela inaspettatamente di aver votato. “Bonelli e la stessa Schlein – continua – hanno detto: ‘Andate a votare perché La Russa non vota’. La mia era una frase comiziale. Do comunque alla Schlein una notizia: La Russa è andato a votare, io un quesito l’ho votato”.
“Probabilmente senza i loro attacchi a La Russa e alla Meloni avrei votato no a tutti e 5 i quesiti, quindi la loro campagna di sicuro ha fatto perdere 4 voti alla presenza alle urne. E posso testimoniare che sono tantissime le persone che sono rimaste schifate da questa campagna referendaria, che poi diventa non solo di disistima, ma anche quasi di odio”, ha proseguito, descrivendo un clima politico ormai logorato.
Non sono mancate critiche al Partito Democratico: “Il Pd ha tentato di trasformare questo referendum in una vicenda interna di partito anziché fare un congresso, ha pensato di far spendere milioni allo Stato per vedere se aveva ragione la Schlein o i suoi oppositori. Gli altri hanno tentato di fare un referendum contro il governo. Hanno perso gli uni e gli altri, è inutile infierire ma spero che gli serva per il futuro. In ogni caso, il campo largo, se mai fosse nato, oggi è definitivamente morto”. Una sentenza politica netta, che chiude simbolicamente una stagione di tentativi di coalizione.
Anche su Maurizio Landini, La Russa esprime un giudizio: “Si è dimostrato più lucido degli altri ma non per questo va completamente giustificato perché non si possono modificare con un referendum norme vecchie ormai da diversi anni, fatti alcuni proprio dalla sinistra che oggi le voleva cambiare. Ci sono le strade in Parlamento per discutere, quindi credo che anche lui abbia sbagliato, sia pure non nei modi volgari con cui si sono comportati altri. Lui no, glielo riconosco”.
Il giorno dopo il risultato sui referendum su lavoro e cittadinanza il dibattito politico continua. Al centro: il flop dell’astensione. Il primo attacco rivolto alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, arriva dal leader del M5S, Giuseppe Conte. Che rilancia un post scritto dalla leader di FdI in occasione del referendum sulle trivellazioni in mare con cui accusava l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi di aver favorito l’astensionismo e difendeva il voto di chi era andato alle urne. “Il partito di Meloni, indirizzato dal fido Fazzolari, esulta trionfalmente e denigra chi ha fatto la battaglia per il referendum per rivendicare più diritti ai lavoratori. Meritano una risposta: la migliore l’ha scritta proprio Giorgia Meloni, nel 2016”, scrive Conte sui social: “Sono trent’anni che bramavi il potere e una volta che l’hai ottenuto, anche sull’istituto referendario, tra trucchi e inviti dei tuoi sodali ad andare al mare, ti sei smentita, con scarsa dignità”, prosegue Conte. “Prendere in giro milioni di italiani non è comportamento consono a un presidente del Consiglio. Neppure cambiare idea su tutto. Ma proprio tutto: dalle trivelle in giù. Come sei cambiata Giorgia!”.