I vicepremier Luigi Di Maio (S) e Matteo Salvini (D) durante le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (C) nell'Aula della Camera in vista del consiglio europeo, Roma, 27 giugno 2018. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Conte messo all’angolo dai suoi vice

Conte  il 18 settembre andrà a Salisburgo a discutere di immigrazione con gli altri capi di governo europei.

Una certa narrazione  lo descrive come un vaso di terracotta soverchiato dai due vicepremier, fino al punto da finire ai margini della scena internazionale, come è successo martedì quando Salvini,   incontrando Orbán,  ha dirottato su di sé i riflettori che avrebbero dovuto illuminare il summit di Conte con il collega ceco Babis, uscito al contrario dai radar.

Il presidente del Consiglio svolge un ruolo importante nello stemperare tensioni che formano un elenco corposo di mine vaganti. C’è la nazionalizzazione delle autostrade invocata dai 5 Stelle e combattuta dai leghisti. Ci sono le pensioni d’oro: ‘Il tetto dei 4mila euro è la pietra angolare’, assicura il M5S mentre Salvini prende tempo, dice che si atterrà al contratto di governo e comunque esaminerà la questione con i responsabili economici di Camera e Senato del Carroccio martedì, convocata per parlare di manovra.  E poi le frizioni sulle grande opere, la parità scolastica o i vaccini, per citarne alcune.

‘Sulle pensioni rispetteremo il contratto di governo’, dice il ministro dell’Interno in diretta Facebook: ‘Ho convocato per martedì prossimo una riunione per la prossima manovra, come segretario di partito. Intanto stiamo raccogliendo i dati’.

Il punto è proprio il contratto di governo. Sulle pensioni, come è noto, i 5 Stelle vorrebbero misure più nette, al contrario della Lega. Un punto di mediazione s’era faticosamente trovato lo scorso 6 agosto con la proposta di legge depositata a Montecitorio, a firma dei due capigruppo M5s e Lega, Francesco D’Uva e Riccardo Molinari. Ma il progetto viene fatto a pezzi da Alberto Brambilla, considerato uno dei consiglieri più ascoltati del segretario leghista. A suo giudizio, l’articolato contiene infatti tagli iniqui e arbitrari. Ma i Cinque Stelle vanno subito in allarme e Di Maio richiama all’ordine l’alleato di governo, invocando il contratto di governo, dove – ricorda il ministro dello Sviluppo – abbiamo scritto che vogliamo tagliare le pensioni d’oro. Sia ben chiaro che noi nel tagliarle agiamo su chi prende dai 4mila euro netti in su e se non hanno versato abbastanza contributi per arrivare a quella cifra noi tagliamo quella pensione privilegiata. Si va avanti – scandisce netto – e se qualcuno vuole dire che il contratto di governo non bisogna attuarlo lo dica chiaramente. I Cinque Stelle, insomma, non arretrano di un millimetro.

Il vero punto dolente, per quanto Palazzo Chigi voglia minimizzare, è la competizione continua tra le due forze di governo che, in un frangente difficile soprattutto sul fronte più delicato – quello dei conti pubblici – restringe la libertà d’azione di Conte, rendendolo di fatto un premier a sovranità limitata.

 M5S e Lega hanno bisogno non solo di avviare flat tax e reddito di cittadinanza nella prossima manovra, ma di farlo contestualmente perchè in competizione tra loro. Insomma: la vera spina nel fianco del premier non sono le tensioni fra i due partiti alleati e tra di loro concorrenziali, ma tra questi due partiti e la compagine tecnica  che con quella competizione deve fare i conti, volente o nolente, ogni santo giorno.

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