Conte-Cruise, capo del 5 Stelle, nella ‘missione impossibile’ di riprendere Palazzo Chigi

 Il Movimento 5 Stelle ripartirà  da Giuseppe Conte che ha raccolto l’invito a elaborare nei prossimi giorni un progetto rifondativo del Movimento.  Parliamo di  una ristrutturazione integrale per trasformarlo in una forza politica sempre più aperta alla società civile, capace di diventare punto centrale di riferimento nell’attuale quadro politico e di avere un ruolo determinante da qui al 2050. Questo  si legge sul profilo facebook ufficiale del M5S,

 

Il summit, come noto, si è svolto a Roma ed è durato circa tre ore. Vertice con Beppe Grillo e lo stato maggiore del M5S per definire, tra l’altro, il ruolo di Giuseppe Conte,

Per l’ex premier sarebbe quindi pronto un ruolo ad hoc, all’interno del Movimento. Nelle prossime ore non si escludono quindi nuove decisioni su eventuali modifiche allo Statuto.

Si pensa a lui nel ruolo di capo unico, sulla falsariga del ruolo esercitato da Luigi Di Maio prima e Vito Crimi poi, nei panni del reggente. Con un mandato a termine, da rimettere poi al voto della base. Nel summit, alcuni avrebbero sollevato la necessità di affiancare al ruolo politico uno o due vice, per non centralizzare troppo il potere nella mani di un’unica persona.

Crimi ha  sottolineato la necessità di non ignorare il voto della base, che ha indicato la strada di una governance a 5 al posto del capo politico, votando la modifica dello statuto in tal senso. Uno dei possibili compromessi, potrebbe essere quello di trasformare il cosiddetto comitato direttivo in una sorta di ‘segreteria politica’, da affiancare a Conte deciso a intestarsi  la guida del Movimento. Grillo teme  che Conte finisca per uscirne depotenziato, e il Movimento con lui. Non è possibile, la riflessione che avrebbe fatto il garante ai suoi, che in ogni snodo complicato debba tornare in pista lui in prima persona.

Parliamo del sì di Giuseppe Conte al progetto di Beppe Grillo ma scriviamo  di semplici intenti. Ora bisognerà mettere mano alle modifiche dello statuto M5s per consegnare un ruolo a Conte che dovrà interpretare il suo ruolo partendo dai temi storici del Movimento: tutela dell’ambiente, importanza dell’etica pubblica, lotta alla corruzione, contrasto delle diseguaglianze di genere, intergenerazionali, territoriali, lotta contro le rendite di posizione e i privilegi, la piu’ ampia partecipazione dei cittadini alla vita democratica attraverso gli istituti della democrazia diretta, per citarne alcuni.

 

La riorganizzazione sarà, spiegano fonti qualificate, a 360 gradi e dovrebbe, presumibilmente, includere anche Rousseau, la piattaforma sulla quale il cambiamento che si prospetta dovrà, con ogni probabilità, passare al vaglio degli attivisti.

All’incontro  hanno partecipato i ‘big’ del partito – da Roberto Fico a Luigi Di Maio, da Alfonso Bonafede a Paola Taverna, dal capo politico reggente, Vito Crimi, ai capigruppo di Camera e Senato, Davide Crippa e Ettore Licheri – mentre le chat interne in Parlamento sono rimaste silenti. Che la maggior parte dei parlamentari non sia stata coinvolta, non tanto nella partecipazione al summit, quanto almeno nell’esserne messa direttamente a conoscenza, ha creato irritazione.

In ambienti vicini a M5s, non manca chi sottolinea: ‘vediamo quali saranno le condizioni’. “Io sono tra quelli che sono convinti sia una buona soluzione” l’arrivo di Conte – dice, per parte sua, l’ex ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora – “purché ciò non significhi coprire i problemi e le contraddizioni del M5s, e se è solo un operazione di comunicazione per risalire di qualche punto percentuale. Siamo come movimento 5 stelle in una fase delicata, siamo entrati nel governo Draghi per ii bene del Paese, pero’ è ovvio che questo ha creato una spaccatura immensa nel movimento. E dopo la formazione del governo con i ministri e i sottosegretari la spaccatura è stata anche peggiore. Ciò anche perchè le trattative forse sono state condotte non nel modo migliore, abbiamo rinunciato a molte battaglie storiche e forse non lo abbiamo saputo spiegare ai nostri elettori e alla nostra base”.

Grillo scrive: “Abbiamo le tecnologie, le idee e lo spirito di comunità che ci ha sempre contraddistinto. Ora, è arrivato il momento di andare lontano.  Transizione ecologica vuol dire futuro, non solo per salvare il pianeta, ma per garantire un buon futuro a tutte le persone. Vuol dire ridurre le disuguaglianze e la povertà. Dobbiamo mettere la transizione ecologica all’interno delle politiche della vita quotidiana, perché si tratta davvero di cambiare il modo in cui viviamo, il modo in cui produciamo, viaggiamo e consumiamo. Per questo, tutti dobbiamo fare la nostra parte”.

Il progetto è una sfida cruciale per il Movimento, una ristrutturazione integrale per trasformarlo in una forza politica sempre più aperta alla società civile, capace di essere punto di riferimento centrale nell’attuale quadro politico e di avere un ruolo determinate da qui ai prossimi 30 anni.

In quest’ottica sarà la forza trainante della transizione ecologica e digitale, poggiando su pilastri irrinunciabili, i valori originari che lo hanno da sempre contraddistinto”.

Le modifiche dello Statuto M5s che lega il Movimento all’Associazione Rousseau, la questione finanziaria che vedrebbe quest’ultima non aver ricevuto tutti i contributi previsti da parte degli eletti – non ultimo a causa dei tanti fuoriusciti – e ancora aspetti che potrebbero riguardare il logo M5s.

Fra i temi da trattare  anche il vincolo del secondo mandato cui sono legati gli eletti che, baluardo per tanti anni, potrebbe essere riconsiderato.

In realtà non parliamo di rifondazione del Movimento visto che le logiche ispiratrici dei pentastellati sono andate  in frantumi. Ed è innegabile. Come non è innegabile che Conte nel suo ultimo giorno a Palazzo Chigi aveva dato luce a un tristissimo show con tavolinetto e assembramento autoproponendosi guida di una coalizione di centrosinistra.

Dal canto loro i pentastellati fanno castelli in aria senza concentrarsi sulla situazione esplosiva   che sta mandando in frantumi il gruppo nel palazzo.

 

Le espulsioni, contestate,  sono state moltissime, per non parlare dell’addio di Alessandro Di Battista. L’ex attivista grillino potrebbe ‘portare fuori’ diversi esponenti grillini  ormai stufi delle infinite giravolte del Movimento e delle decisioni che vengono prese ‘dall’alto’.  Il rischio emorragia è davvero concreto e non mancano minacce di altre fughe se il governo Draghi non dovesse confermare le storiche battaglie dei 5 Stelle.

L’elettorato grillino è ormai ridotto ai minimi termini. Gli ultimi sondaggi parlano chiaro: il Movimento 5 Stelle continua a perdere consensi e scivola fino a un pessimo 13,2%.  Stando alla rilevazione di Tecnè effettuata il 26 febbraio, la coalizione formata anche da Partito democratico e Liberi e uguali si fermerebbe a un misero 35,4%, mentre il centrodestra di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sfonderebbe il muro del 50% e si attesterebbe al 51,8%.

Lo conferma Vincenzo Spadafora in tv su Raitre da Lucia Annunziata: “Noi oggi, secondo i sondaggi, abbiamo una destra estremamente forte con Lega e Fdi, al netto di Fi, che sono già oltre il  40%. Il Pd è fermo al chiodo del 20% quindi se non si riorganizza un’area di centrosinistra non c’è partita”.

Conte,  da capo dei 5S,  dovrebbe riuscire nell’impresa di invertire la rotta del quadro politico e puntare al ritorno a Palazzo Chigi. Un’impresa la cui fattibilità sfiora quota 0, considerando lo smottamento nel Movimento e i bisticci con gli alleati che potrebbero consumarsi già nei prossimi mesi in occasione delle elezioni Amministrative. Realtà sperata improbabile o, a dire meglio, inverosimile.

Giuseppe Conte ha detto sì. Un po’ perché era l’unica via che aveva di fronte per non scomparire. Un po’ perché Grillo gli ha promesso che d’ora in avanti ci sarà più gerarchia e meno Rousseau. In pratica, il Movimento diventa un partito vero e proprio. Con un leader. E con una missione specifica: collocarsi nell’area del centrosinistra per rinsaldare l’alleanza con Pd e Leu.

I furori antipartitici sono sfumati con l’abbandono prima di Paragone e poi di Alessandro Di Battista. Lo spartiacque – lo ha detto lo stesso Grillo – è stato il sì o il no al governo Draghi.  Il grido “onestà, onestà” non è più lo slogan predominante. Si è preferito sostituirlo con un altro mantra: “Andiamo a governare”.  Ad ogni costo.  Il M5S che sarà ha già un brogliaccio da seguire per la rifondazione: spostare gli ardori innovativi di un tempo sul versante ecologista.

 

 

 

 
 
 

 

 

 

 

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