Considerazioni di Roberto Staglianò su ‘Orphans’, testo di Dennis Kelly, con regia di Tommaso Pitta in scena al Piccolo Eliseo di Roma fino al 29 marzo

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Roberto Staglianò la recensione sullo spettacolo teatrale ‘Orphans’ in scena al Piccolo Eliseo di Roma fino al 29 marzo.

 

Saranno in scena al Teatro Piccolo Eliseo di Roma fino al 29 marzo i due fratelli di Orphans, testo scritto nel 2009 da Dennis Kelly. Di fatto sono due coppie: fratello, sorella/moglie e marito. Kelly, pluripremiato autore britannico di Barnet, tra i più rappresentati in Gran Bretagna, oltre che essere un nome importante anche per cinema e televisione, ha scritto il testo che è diventato in teatro un atto unico da un’ora e cinquanta minuti circa

Monica Nappo ha avuto l’intuizione di far conoscere in Italia ‘Orphans’,  avviando il progetto che è stato prodotto da Marche Teatro  con la regia di Tommaso Pitta, Nel cast, oltre alla Nappo  che interpreta Helen, recitano anche Lino Musella – il fratello Liam-  e Paolo Mazzarelli – il marito, Danny.

In scena c’è una grande finestra, la luce che proviene è quella artificiale della sera. L’interno ricreato è quello di un salotto borghese, arredato con un divano da un lato Dall’altro c’è un tavolo al quale sono seduti Helen e Danny, suo marito. Stanno cenando a lume di candela, forse per festeggiare qualcosa di cui si verrà a conoscenza dopo: l’arrivo di un bambino, il loro secondogenito. La loro intimità verrà spezzata e sconvolta dall’arrivo del fratello di lei, Liam che irrompe in casa in evidente stato confusionale e con la maglia intrisa di sangue -Sei coperto di sangue, Liam! dice Helen. -Sì, scusate tanto. Risponde così Liam. L’affermazione del fratello lascia intendere non solo la confusione legata alla circostanza, ma uno stato di permanente caos interiore. Liam sostiene di aver incontrato, per strada, un ragazzo ferito il quale, dopo essere stato soccorso, sarebbe fuggito via. Il suo racconto dei fatti sull’accaduto da subito sembra contraddittorio, ma le insistenti domande di Helen e Danny faranno emergere la verità che coinvolgerà tutti, anche Danny che si è da sempre sentito escluso dal particolarissimo legame intessuto tra i due fratelli, rimasti fin da piccoli senza genitori.  Il linguaggio di Kelly, tradotto da Gianmaria Cervo e Francesco Salerno, costruisce gradualmente la storia. Come in un grande puzzle si aggiunge sempre un tassello; si disvelano sempre più particolari, elementi e dettagli che comporranno solo alla fine l’inquietante verità sui tre. Helen è una persona confusa, rigorosa, manipolatrice, Liam vive la sua alienazione, a tratti buffa e commovente. Danny è l’elemento che avrebbe dovuto ristabilire equilibrio nel vincolo malato che lega i due fratelli, ma alla fine anche lui scopre una certa affinità con il lato oscuro.

La regia di Tommaso Pitta restituisce, agli spettatori del pubblico, una narrazione divisa in quattro parti scandite mediante la rotazione del punto di vista del salotto, spostato in scena dagli attori stessi; rotazione che non evoca e non ha un valore simbolico, ma che ha il compito preciso di scandire il tempo con esso il ritmo della vicenda.

Orphans,   scrive il regista in una nota, potrebbe essere definito il dramma della simbiosi. La tragedia di tre personaggi che non possono fare a meno l’uno dell’altro al punto che, per salvare l’insalvabile, finiscono per distruggere ogni legame tra loro e quindi per autodistruggersi. Il suo nucleo centrale è la violenza e la natura della paura, la paura dell’altro che non conosciamo, quella paura che porta a chiuderci nel nostro piccolo habitat, nella nostra comfort zone, chiudendo porte e finestre.

Dice Danny alla moglie Helen: ‘Allora è così che si è ridotto il mondo al giorno d’oggi? Chi conosciamo e chi non conosciamo?’. Helen risponde: ‘Sì, proprio. Oggi. Al giorno d’oggi il mondo è esattamente ridotto così. Chi conosciamo e chi non conosciamo’. Rinchiudersi all’interno del proprio nucleo familiare non comporterà in automatico una immunizzazione contro la violenza, anzi, all’interno di quelle mura domestiche la metamorfosi sarà più cinica, spietata e feroce. Il lato oscuro c’è, c’è stato e ci sarà in ogni spazio e in ogni tempo, noi possiamo scegliere. Se lo abbiamo visto, la scelta sarà nostra. Possiamo combatterlo e curarlo. Contrariamente possiamo giustificarlo con la complicità simbiotica di chi non vede o fa finta di non vedere.

Roberto Staglianò

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