Considerazioni di Barbara Lalle sullo spettacolo ‘Canto la storia dell’astuto Ulisse’ messo in scena al Teatro India di Roma

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, le considerazioni di Barbara Lalle sullo spettacolo ‘Canto la storia dell’astuto Ulisse’,  andato in scena dal 9 all’11 marzo al teatro India di Roma.

 

Scritto, diretto e recitato da Flavio Albanese, è un pièce che in una piacevolissima ora, ripercorre il la storia di Ulisse e ne glorifica l’intelligenza. Anzi no, non l’intelligenza, ma la Metis.

Ulisse è intelligente, astuto, ha furbizia e cattiveria a necessità, dal multiforme ingegno. All’epoca si chiamava metis, ora Gardner ci ha spigato con la sua teoria, le intelligenze multiple. A Napoli, semplicemente con saggezza empirica, senza ricerche psiconeurologiche, senza test di laboratorio, hanno avuto da sempre il termine corrispondente: la chiamano ‘a cazzimma’ e dal 2014 è stata inserita come neologismo nella lingua italiana.

Albanese ha costruito la narrazione in maniera da esser fruibile per un pubblico dagli 8 anni in poi, rimanendo al contempo gradevolissima anche per gli adulti che, non freschi di studi, potranno rispolverare le proprie conoscenze circa quel mito di Ulisse.

Flavio Albanese, ottimo attore di parola, con il barbone ed i capelli lunghi, nel solco della iconografia dell’eroe, pare essere stato sul serio 20 anni fuori casa; navigatore navigato di palcoscenico dentro un mantello ocra e sciarpa rossa, racconta la vicenda malie e magie davanti a una platea di ragazzini sulle poltroncine rosse del teatro India. Interagisce con i bambini in sala, gli porge domande, li coinvolge con quesiti. Sono stupita di quanto sappiano di Ulisse, sono preparatissimi. E sento qui e lì, anche qualche voce di adulto che, dimenticandosi di non esser più piccolo, risponde all’attore in scena.

Spiegati gli antefatti, si accenna alla questione omerica e a Dante, vengono poi posti in risalto diversi eventi dell’Odissea, come Calipso e l’immortalità declinata, Polifemo ed il vino, Tiresia e l’ambiguità insita della divinazione, le sirene canterine che come e peggio delle tempeste, rese in scena con strumenti sul palco, mandano a picco le navi. E poi il rientro ad Itaca, il figlio Telemaco e il cane Argo per cui Ulisse piangerà nel rivedere, i proci e il tiro con l’arco da non poter sbagliare.

Le scene e le sagome di Lele Luzzati, l’animazione delle ombre di Federica Ferrari in collaborazione artistica con Marinella Anaclerio portano alla massima potenza il fascino di questa storia antica, in grado di  appassionare e galvanizzare tutti.

Dolcissima la scena finale, e le delicate parole scelte per descriverla: la notte d’amore di due amanti, l’eroe greco e la sua tessitrice moglie, dopo 20 anni di bellicosa astinenza.

Questa è la storia di Nessuno, raccontata da Nessuno.

Barbara Lalle

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