Confindustria smonta le velleità di Salvini su flat tax e pensioni

Dopo il voto del 25 settembre che le consegna la guida del Paese, Giorgia Meloni ha scelto saggiamente la strada del basso profilo, politico e personale: poche apparizioni, pochissime dichiarazioni, tanto lavoro oscuro per costruire una squadra di governo di concerto col Presidente della Repubblica, molto attento ai quattro ministeri chiave (Economia, Esteri, Interni, Giustizia) e che non presti troppo il fianco a livello di rapporti internazionali, ragion per cui difficilmente Matteo Salvini avrà un ruolo di rilievo nell’esecutivo.

Ma il contrasto fra i due è anche e soprattutto sui contenuti, fin dalla campagna elettorale: mentre Meloni predicava prudenza sul fronte delle promesse, Salvini ha sempre parlato apertamente di flat tax al 15%  e aumento delle pensioni, coadiuvato da Berlusconi che puntava ad alzare  gli assegni minimi di previdenza. A urne aperte poco è cambiato: il consigliere più ascoltato dalla Meloni – Guido Crosetto – ha ribadito l’impossibilità di porre in essere una flat tax da subito, mentre la presidente del Consiglio in pectore ha ben capito che le priorità del Paese –  dal caro energia alle crescenti sacche di povertà – mal si conciliano con programmi, per l’appunto, da campagna elettorale.

Nelle ultime ore, poi, ci ha pensato Confindustria ad aumentare il carico. Per bocca del suo presidente Carlo Bonomi, che peraltro a destra è visto come personaggio tutt’altro che ostile. L’Italia non può permettersi flat tax e nuovi prepensionamenti – è il messaggio di Bonomi, intervenuto all’assemblea generale dell’Unione degli industriali di Varese. Per “il nuovo governo seguire le proprie promesse agli elettori è semplicemente impossibile, perché si rischierà di compromettere la discesa del debito. E quanto più ci si discosterà dal percorso contrattato con l’Europa, tanto più si rischia il risveglio dello spread, visto che la Bce ha comprato titoli aggiuntivi italiani, ma ora questa stampella cesserà”.

“Non possiamo permetterci immaginifiche flat tax sull’Irpef che dimentichino Irap e Ires. Non possiamo permetterci nuovi strumenti di prepensionamento che continuino a gravare sul bilancio dell’Inps rispetto ai contributi raccolti”, ha detto Bonomi, assicurando di non voler “in alcun modo negare ai partiti il loro legittimo desiderio di perseguire al governo gli obiettivi che hanno descritto agli elettori”.

“Il prossimo governo deve avere ben chiaro che bisogna salvare il sistema industriale italiano dalla crisi energetica. È un tema di sicurezza nazionale. Migliaia di aziende sono a rischio, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di reddito per le famiglie”, afferma.
Per questo “tutte le risorse disponibili, escluse quelle per i veri poveri, vanno concentrate lì, perché senza industria non c’è l’Italia”, ha esortato Bonomi, ricordando inoltre che “il nuovo governo potrà contare su ulteriori 170 miliardi del Pnrr ancora da spendere, se si continuerà a metterlo a terra, senza contravvenire al contratto sottoscritto con l’Unione europea. Una cifra gigantesca al cui confronto – ha osservato – riallocare 4-5% del totale della spesa pubblica ordinaria non è un’impresa impossibile, anzi”.

“Dopo il responso elettorale espresso dagli italiani, noi non possiamo che augurarci la formazione di un governo nei tempi più rapidi possibili, un governo composto da persone autorevoli, competenti ed inappuntabile nella sua composizione”, ha proseguito.

“Un governo che confermi la posizione dell’Italia nell’Europa e lavori nel rispetto delle regole di bilancio, di tutela dei diritti, dello stato di diritto, della scelta atlantica e della Nato, con totale condivisione delle misure comuni definite a causa dell’aggressione russa dell’Ucraina”.

“Ci auguriamo non solo un governo autorevole e competente, oltre che fermo nel ribadire la collocazione internazionale dell’Italia, ma anche che il nuovo governo, su due questioni almeno, voglia e possa costruire una generale e vasta convergenza su strumenti e obiettivi comuni, anche con tutte le forze che saranno all’opposizione. C’è bisogno di unità serietà responsabilita”, ha affermato, aggiungendo: “Ce n’è bisogno sul fronte dell’energia e sul fronte della finanza pubblica, cioè sulle due questioni più urgenti che il nuovo governo si troverà ad affrontare dal ‘giorno 1’ successivo al giuramento davanti al Capo dello Stato”.

Il leader leghista si difende attaccando, alla Salvini. “Altro che immaginifiche, noi la Flat tax e la riforma delle pensioni le portiamo a casa, costi quel che costi, saranno nel programma dei primi cento giorni del governo”, si sfoga il leader con Borghi, Bagnai e gli altri falchi del partito che come lui in quell’esecutivo contano di entrare a vele spiegate. In realtà fra lo strappo di Bossi che vuole il ritorno di una Lega nordista e gli ostacoli alla sua presenza nel governo, il ‘Capitano’ è sempre più solo.

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