Comunali e Iannone (FdI): ‘Accordo Pd-M5S è saldatura politica assistenziale e clientelare’. Cresce il numero di indigenti

“L’Eurostat  fotografava impietosamente che la metà dei cittadini della Campania sono a rischio povertà;  l’Inps comunica che nella nostra Regione le famiglie che a maggio hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza sono pari quasi a quelle dell’intero Nord. E’ la dimostrazione del fallimento sia del governo regionale e di quello nazionale per lo sviluppo e il rilancio della Campania. E il futuro non promette nulla di buono, specie a Napoli dove in vista delle elezioni comunali si è prodotta la saldatura politica tra il Pd, rappresentante di una politica assistenziale, e il M5S, emblema della politica clientelare a sostegno di Gaetano Manfredi. Della serie che non c’è mai fine al peggio”,  dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Antonio Iannone, commissario regionale di FdI in Campania.

Di Maio, ricordiamo,  si affaccia dal balcone di Palazzo Chigi, lo champagne stappato e l’annuncio: “Abbiamo abolito la povertà!”. Era il 28 settembre del 2018, sembra un secolo fa, ma sono passati quasi tre anni. Oggi l’Italia tocca un nuovo record di poveri. Causa Covid, certo, ma il record negativo fa scomparire tutti i precedenti fino al 2005. E il reddito dei ristori.  E i ristori del governo? E gli aiuti di Conte?

In Italia nel 2020, anche causa pandemia, torna a crescere la povertà assoluta  che tocca poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% dal 7,7% dell’anno precedente). Lo comunica l’Istat evidenziando come dopo il miglioramento del 2019, nell’anno della pandemia la povertà assoluta aumenta raggiungendo il livello più elevato dal 2005, quando è iniziata questa rilevazione. A poco o nulla è valso, dunque, lo strumento normativo che doveva “cancellare” la povertà, il reddito di cittadinanza , finita spesso e volentieri nelle mani dei furbetti e non certo agli indigenti. Per quanto riguarda la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019).

Nel 2020, continua l’istituto di statistica, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019. Tale dinamica fa sì che, se nel 2019 le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura al Nord (43,4%) e nel Mezzogiorno (42,2%), nel 2020 arrivano al 47% al Nord contro il 38,6% del Mezzogiorno, con una differenza in valore assoluto di 167mila famiglie.

Rispetto al 2019 la quota di famiglie povere cresce a livello nazionale in tutte le tipologie di comune, ma se al Nord aumenta – da 6,1% a 7,8% – nei comuni fino a 50mila abitanti e nei comuni periferia delle aree metropolitane e comuni da 50.001 abitanti (dal 4,8% al 7,0%), nel Centro a peggiorare sono le condizioni delle famiglie residenti nei centri area metropolitana (l’incidenza passa dal 2,0% al 3,7%). Al Sud, infine, il peggioramento più forte si registra nei comuni più piccoli, con una incidenza di povertà che cresce, dal 7,6% al 9,2%, nei comuni fino a 50mila abitanti (diversi dai comuni periferia area metropolitana).

L’Istat segnala comunque come l’”intensità” della povertà assoluta – che valuta quanto la spesa mensile delle famiglie povere è in media al di sotto della linea di povertà (cioè ‘quanto poveri sono i poveri’) – registra una riduzione (dal 20,3% al 18,7%) in tutte le ripartizioni geografiche. Un risultato, si spiega, “frutto anche delle misure messe in campo a sostegno dei cittadini (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, estensione della Cassa integrazione guadagni, ecc.) che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà”.

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