Claudio Colangelo, dopo 11 giorni in mano ai maoisti torna a casa

È durato undici giorni il suo inferno. Claudio Colangelo, 61enne è stato rilasciato. Uno dei due ostaggi italiani in mano ai ribelli maoisti è stato consegnato nelle mani dell’emittente indiana, NDTV. Il suo primo pensiero è rivolto al suo compagno, ancora nelle mani dei rapitori, “è stata un’esperienza spaventosa, spero che venga rilasciato presto anche Paolo Bosusco”. Il loro doveva essere un viaggio alla scoperta di un mondo “diverso” da dove vivevano, con tradizioni e culture totalmente differenti da quelle occidentali. È stata proprio la cultura e la curiosità dei due che,ha scatenato l’ira dei rapitori. Panda, leader maoista, ha sostenuto in un’intervista nella selva con i giornalisti a cui ha consegnato Colangelo, “noi non accettiamo il concetto di ‘globalizzazione culturale’ a cui i due italiani sembrano aderire”, “non si sono sentiti colpevoli per avere preso fotografie di donne tribali semi-nude. Noi maoisti siamo invece molto contrari a questo modo di fare”.

Il capogruppo continua dicendo, “non abbiamo commesso alcun errore prendendo in ostaggio i turisti. I nostri valori culturali sono oggi in pericolo”, ha spiegato Panda, additando le colpe ai diversi governi che si sono succeduti e che “hanno permesso agli stranieri di scattare le loro fotografie”. “Gli ostaggi ci hanno anche detto che per loro non sarebbe un problema se cittadini indiani dovessero scattare foto di donne seminude in Italia. Non accettiamo questo punto di vista”. Colangelo però afferma di non aver scattato nessuna foto.”Sono finito senza colpe in una guerra non mia”, preso in ostaggio “lungo un fiumiciattolo” mentre “facevamo il bagno”, ma “nessuna foto compromettente”, “facevamo solo foto ricordo”, così ha commentato la vittima poche ore dopo il suo rilascio.

Rilasciato per ragioni umanitarie. “Abbiamo rilasciato uno dei due italiani per ragioni umanitarie. Non possiamo rilasciare l’altro fino a quando non abbiamo la sensazione che il governo dello Stato stia prendendo in seria considerazione le nostre richieste”queste sono le parole di Sabyasachi Panda ad alcuni cronisti locali.

Il rapimento una provocazione. “Ero là in maniera pacifica, non ho fatto niente di strano, rapirmi è stata una provocazione ingiusta”, ha sostenuto il ricercatore medico laziale, spiegando di star bene, “non ho mai avuto la malaria, è Paolo che ha avuto un attacco, ma limitatissimo”, ha precisato. “Semmai abbiamo sofferto il caldo, una cosa veramente pesante. Bevevamo acqua dai fiumi”. “Non ho mai avuto paura che finisse male”, sebbene i suoi rapitori, una ventina, fossero armati. Avevano “kalashnikov, pistole, fucili automatici. Erano dieci giorni che ci inciampavamo. I primi giorni i maoisti erano accorti, poi c’erano fucili dappertutto. Sono ragazzi, poverini, c’era persino una ragazzina minorenne. Una cosa tristissima, mi piange il cuore”.

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