Uscirà il 4 dicembre, sedicesimo lavoro in studio della cinquantennale carriera di Claudio Baglioni, "In questa storia che è la mia": 14 brani, 1 ouverture, 4 interludi piano e voce, 1 finale. "Tutto fatto a mano, interamente suonato, come si faceva 50 anni fa, un po' vintage". Un "concept" che disegna la parabola dell'amore, sia personale che universale, in cui non mancano gli echi di lavori passati. ANSA/ UFFICIO STAMPA +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Claudio Baglioni, dopo sette anni torno con un disco ‘vintage’

Ci sono voluti sette anni per tornare con un nuovo disco di inediti. L’ultimo era stato ConVoi del 2013.

Sette anni durante i quali Claudio Baglioni non è certo stato a riposo: c’è stata la direzione artistica di due Festival di Sanremo di successo, il progetto dei Capitani Coraggiosi con Gianni Morandi, un paio di tour che hanno girato mezza Italia.

“E il disco era lì, correva parallelo, anche se ho pensato spesso che non lo avrei mai finito. Soprattutto nell’ultimo periodo, con il lockdown che mi ha paralizzato a livello artistico e compositivo per 3-4 mesi – racconta il cantautore romano, presentando il disco in collegamento zoom -. Forse avevo anche meno da dire rispetto al passato, ma alla mia età quello che si vuole dire si cerca di dirlo meglio, anche se, come tanti colleghi, sono consapevole che combattiamo con una storia che vince sempre”. E per questo, dunque, si è preso tutto il tempo che ha ritenuto necessario per “In questa storia che è la mia”.

Un disco che ha preso per mano, coccolato, curato, e infine finito “anche se ci sono già venti cose che vorrei rifare”, aggiunge confermando la sua nomea di artista pignolo, preciso, alla ricerca della perfezione assoluta.
Uscirà il 4 dicembre (in cinque versioni fisiche), sedicesimo lavoro in studio della sua cinquantennale carriera: 14 brani, 1 ouverture, 4 interludi piano e voce, 1 finale. “Tutto fatto a mano, interamente suonato, come si faceva 50 anni fa, un po’ vintage, un po’ demodé, per le sonorità, per lo spirito anni Sessanta”. Un “concept” nel quale ogni strumento rivendica il suo spazio sonoro, in cui le linee melodiche sono nettamente tracciate e che disegna la parabola dell’amore, sia personale che universale, (“perché per quanto sia stato scandagliato ha sempre qualcosa da raccontarci”), in cui non mancano gli echi e i rimandi a lavori passati, espliciti o più nascosti, come ammette lo stesso Baglioni. “Il padre è Oltre, la madre Strada Facendo, ma ci sono connessioni anche con Io sono qui. Voce e pianoforte sono i miei arnesi del mestiere. Forse nella mia vita ho tenuto stretta la chitarra più di qualsiasi altra persona”.

Quello che non c’è è invece il riferimento al momento che stiamo vivendo. “Sono convinto che espressione dell’arte popolare sia astrarsi dal succedersi degli eventi di cronaca”, dice.

“Il disco sente questi miei 50 anni di musica. E cerca di essere affermativo in quello che so fare”. Ed è al brano Uomo di varie età che viene affidato il compito di fare il punto. “Una sorta di autobiografia, ma senza date, nomi, fatti. Una scorsa veloce su quello che è stato, perché ormai nella mia mente la rivivo così: ho perso il ricordo nitido di quando una cosa è successo. Più che nostalgia, è la voglia di fermare il tempo, di lasciare un segno”, come canta anche nel primo verso che apre il disco (“Ho vissuto per lasciare un segno”, in Altrove e qui).

“Credo sia la missione di chiunque venga al mondo. Ed io non mi lamento del mio viaggio, anche se c’è stato qualche passaggio a vuoto”, aggiunge ancora Baglioni, fermo come tutti con l’attività live, rimandata all’anno prossimo con Dodici Note, i dodici appuntamenti in programma alle Terme di Caracalla di Roma, dal 4 al 18 giugno 2021, ai quali faranno seguito altri quatto live a luglio e settembre al Teatro Greco di Siracusa e all’Arena di Verona. “Siamo tutti appiedati da questa situazione. I lavoratori dello spettacolo, di cui faccio parte anche io pur se da ‘graduato’, sono in grande difficoltà. Non ho ricette, ma bisogna rimboccarsi le maniche: creare fondi di sostegno, come io e altri abbiamo già fatto con sottoscrizioni personali. E poi cercare nuove forme per i concerti: non sono d’accordo con chi dice che i live non si possano fare in streaming o in tv. Non è la stessa cosa della musica dal vivo, ma bisogna trovare una formula accattivante, nuove letture dei concerti per creare interazione. Il mio è un appello ad artisti ed editori tv”.

Un ultimo passaggio è su Sanremo, di cui è stato direttore artistico e padrone di casa nel 2018 e nel 2019. “Tornare da ospite? Potrei farlo, ma come mi ha fatto notare qualcuno non si può uscire papi e rientrare cardinali. Pensavo sarebbe stato più drammatico, invece ne sono uscito con un buon riscontro.

Quest’anno si farà quel che si potrà, di certo gli spazi dell’Ariston, nonostante il profumo mitico del teatro, non aiutano”.

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