Cinquanta sfumature di niente

Lancio del film “all over the world” alla 65esima Berlinale.   Per conquistare un posto all’anteprima mondiale di uno dei più banali “soft erotic movie” del ventennio bisogna affidarsi a una fila di due ore, anche se il film è uscito ieri in tutta Europa e domani in Nordamerica. Pronti, via: negli Usa le prenotazioni al botteghino sono alcuni milioni. In Italia la prevendita registra circa 300mila biglietti. Una mutandina bianca e una frustatina valgono oro, come perdere l’occasione? Bloccate nei volti e nei corpi puliti e patinati della sana post adolescenza di Dakota Johnson, figlia di Melanie Griffith e Don Johnson, e Jamie Dornan, sul grande schermo le “Cinquanta sfumature di grigio” dirette da Miss Sam Taylor-Johnson. Dakota e Dornan sembrano Romeo e Giulietta tra i grattacieli di Seattle. Al posto del conflitto tra Capuleti e Montecchi, un vero contratto che sembra mettere il classico paletto all’amore: lui, ricco e potente, deviato da pratiche erotiche di dominazione riesce ad ottenere da lei, timida vergine studentessa, la firma di appartenenza. Con precisazione: sì legacci, no fisting, si “sospensioni”, ni frustate, solo se concordate. Tra appartamenti lussosi, elicotteri e auto da urlo, sculacciate da educanda, un coito inverso castissimo e il solito ghiaccio sul pancino, ogni aspettativa si sgonfia in un percorso privo di erotismo cinematografico. Quando è chiaro che lui è un principe azzurro col difettino e che il suo sadismo nella “playroom” a luci rosse fa meno male delle zanzare in Maremma, ecco le celebri sei frustate del libro. Una buffonata: lei lo lascia, pronti per il sequel.

 

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