La Catalogna ieri si è dichiarata indipendente. Per un minuto. Alle 19.41 il presidente Carles Puigdemont ha proclamato la Repubblica catalana. Alle 19.42 ha sospeso la secessione, per tentare ‘una tappa di dialogo’ con Madrid. Ma in serata c’è stato anche tempo per la firma della dichiarazione da parte delle massime cariche della Catalogna e dai rappresentanti della maggioranza di governo. Un gesto simbolico, visto che, come ha detto anche un portavoce della Cup, l’ala più oltranzista del fronte indipendentista, la dichiarazione firmata ‘non è ancora valida’. Immediata la reazione di Madrid.

Prima con fonti che hanno definito ‘inammissibile una dichiarazione implicita di indipendenza e poi una sua sospensione esplicita.  Il governo, hanno aggiunto,  non cederà a ricatti. Poi con la vice di Rajoy, Soraya Saenz de Santamaria, che ha detto che  Puidgemont ha esposto la Catalogna al grado massimo di incertezza. Non si può accettare una legge che non esiste o dare validità ad un referendum mai avvenuto.

Stamattina alle 9 è stato convocata una riunione d’emergenza del governo.  Ieri  sera Rajoy ha visto i principali leader politici di Madrid, tra cui il capo dei socialisti Pedro Sanchez.

Il leader catalano alla fine ha optato per la ‘formula slovena’. Così aveva fatto Lubiana al momento della separazione da Belgrado: aveva dichiarato l’indipendenza, ma l’aveva sospesa per sei mesi, per arrivare a un divorzio negoziato con Belgrado. Una grandissima incertezza su quanto avrebbe detto incombeva su Barcellona da due giorni. I suoi ministri da domenica hanno tenuto le bocche cucite. La legge catalana del referendum prevedeva una dichiarazione di indipendenza entro due giorni dalla proclamazione dei risultati, in caso di vittoria del ‘sì’ al referendum del primo ottobre. Mille giornalisti di tutto il mondo hanno invaso il parlamento per seguire il suo storico discorso, trasmesso in diretta planetaria. Un discorso iniziato con un’ora di ritardo. Sessanta minuti nei quali ci sono state frenetiche trattative con la Cup, l’ala sinistra del fronte indipendentista, ostile all’indipendenza sospesa. E, sembra, telefonate con una personalità europea impegnata in un’opera di mediazione. Si è parlato di Jean Claude Juncker e del Consiglio d’Europa. Che hanno smentito.

C’è stato invece poco prima dell’intervento di Puigdemont un appello del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che ha chiesto al leader catalano di evitare l’irreparabile. Probabilmente ha avuto effetto. Il cammino già percorso dal governo secessionista catalano è impressionante. Ha potuto tenere il referendum nonostante la repressione di Madrid, ha reso la causa catalana popolare nel mondo, grazie anche allo shock delle immagini delle cariche della polizia spagnola contro la folla ai seggi. Ma sul cammino della vera indipendenza, il difficile inizia ora.

Perché la Catalogna possa diventare davvero una Repubblica in grado di reggersi sulle sue gambe, un accordo con Madrid sembra necessario. Come avevano capito i dirigenti sloveni. Puigdemont  ha teso ancora una volta la mano a Madrid: ‘Non abbiamo nulla contro la Spagna e contro gli spagnoli. Anzi, vogliamo capirci meglio. Non siamo delinquenti, pazzi o golpisti, siamo gente normale che vuole poter votare’.

Il ‘president’ ha ricordato l’infelice vicenda dello ‘statuto catalano’ del 2006, ratificato dal popolo della Catalogna e poi bocciato nel 2010 dalla Corte costituzionale spagnola, ‘i cui giudici sono eletti dai due grandi partiti’ di Madrid, Pp e Psoe. Così la Catalogna, ha accusato, è stata ‘umiliata’. Da allora sono iniziate le marce oceaniche per l’indipendenza a Barcellona, e la corsa al referendum. La sospensione della dichiarazione di indipendenza deve permettere uno spazio di dialogo, ha auspicato Puigdemont. L’obiettivo è arrivare a un compromesso con Madrid.

In realtà  Carles Puigdemont ha scelto di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. O almeno di provarci. Con le mani legate dalla legge sul referendum,  che lo obbligava a dichiarare l’indipendenza, Puigdemont ha scartato l’idea di una dichiarazione ‘sull’indipendenza’ anziché ‘di indipendenza’ perché, non solo Cup, ma anche Esquerra Republicana hanno detto chiaramente che non ci sarebbero stati.

E allora ha scelto la dichiarazione di indipendenza con immediata sospensione per tentare di avviare una trattativa con Madrid. Tv3, la tv catalana, ha captato il dialogo tra Jordi Cuixart, presidente di Òmnium Cultural – una delle associazioni chiave dell’indipendentismo – e il vicepresidente Junqueras. ‘Se il presidente dice: tra sette giorni, questi (la Cup) possono dire, perché tra sette giorni? Occhio che la Cup parte come una moto!’. ‘Dirà nei prossimi giorni! È mezz’ora’, gli replica Junqueras,  ‘che discutiamo se costituiamo un stato indipendente se dichiariamo uno stato indipendente, una repubblica indipendente. Vogliamo discutere ancora?’. Alla fine Puigdemont trova la sintesi. ‘E speriamo basti per fermare Madrid’, dice ai suoi.

Al momento c’è una  dichiarazione di indipendenza unilaterale, pur se sospesa. Con il rischio di vedersi congelare l’autonomia e travolgere dalla magistratura.