Migrants wait to disembark from Italian Coast Guard ship Diciotti in the port of Catania, Italy, 24 August 2018. The vessel arrived between Sunday and Monday with 177 migrants on board, but the Italian Interior Ministry denied them to disembark, calling EU member states to find a solution on how to distribute them. On 22 August, 27 unaccompanied minors were let off from the ship, assisted by Red Cross, UNHCR and Save the Children. ANSA/ORIETTA SCARDINO

Cassazione e caso Diciotti, sentenza beffa: risarcimenti agli immigrati, 1600 euro a clandestino ‘respinto”

Le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato da un gruppo di migranti a cui, dal 16 al 25 agosto del 2018, dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, fu impedito di sbarcare dalla nave Diciotti della Guardia Costiera che li aveva soccorsi in mare. la vicenda è giuridicamente diversa, comunque, da quella della open arms perché la nave, essendo della Guardia Costiera e dunque battendo bandiera italiana, è territorio italiano e non straniero (pur se comunitario) come nel caso della open Arms.

Centosessanta euro al giorno, per dieci giorni, per un totale di 1600 euro a immigrato clandestino a cui il governo italiano, nel 2018, impedì di sbarcare. La decisione della Corte di Cassazione sul caso Diciotti stabilisce un principio che può diventare devastante, sia sotto il profilo della gestione dell’ordine pubblico che per le casse dello Stato, riconoscendo il diritto al risarcimento del danno a uno dei cittadini eritrei bloccati per dieci giorni sulla nave militare all’epoca del governo leghista e grillino.

Uno per tutti coloro che erano a bordo della nave, una ventina, anche se molti di loro sono all’estero e dunque irrintracciabili. La cifra del risarcimento è di 160 euro al giorno, e quindi 1600 per dieci giorni più le spese legali. Secondo Nunzio Sarpietro, già presidente dei Gip di Catania, la sentenza permetterà di presentare ricorsi «a tutti quelli che, come nel caso della Diciotti, sono stati trattenuti per giorni e giorni a bordo delle navi militari o private che li hanno salvati. Per il governo è davvero un bel problema e le nuove norme che separano il giudicato penale da quello civile di certo non aiutano», dice oggi a Repubblica il giudice che ha assolto Salvini per il caso della nave Gregoretti.

La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti, definendo “illegittima” la restrizione della loro libertà personale voluta dall’allora governo giallo-verde con ministro dell’Interno Salvini. La sentenza ieri ha scatenato dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che ha espresso il suo disappunto con un tweet molto critico: è “assai opinabile”, secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della “presunzione del danno”, in contrasto “con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”.

In sostanza, scrive nel post la leader di Fdi, “per effetto di questa decisione, il governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano“. “Non credo”, insiste Meloni, “siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante”.

Anche altri esponenti della maggioranza di governo hanno criticato la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.
Durissimo Matteo Salvini, che all’epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. “Mi sembra un’altra invasione di campo indebita”, dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come “vergognosa” invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: “Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno”.
Non ci sta la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale “sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto”. “Di inaccettabile c’è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso”, replica la Lega.

Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio – presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra – anche i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, sono stati sollecitati sulla questione.

Il titolare del Viminale (che all’epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: “Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto”, chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato “stabilì l’inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico”.

Netto anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente “devastanti” legati alla sentenza della Cassazione: “Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali. Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina”. Una bufera politica ma anche e soprattutto un nuovo scontro fra governo e magistratura.

Per la vicenda non c’è, però, un procedimento di natura penale. Il Tribunale dei ministri di Palermo indagò l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini per sequestro di persona ritenendo illegittimo il trattenimento dei profughi sull’imbarcazione italiana. Il caso fu poi trasmesso a Catania per competenza territoriale e la Procura etnea chiese l’archiviazione.

Il tribunale dei ministri locale, però, respinse l’archiviazione e chiese al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega. A Palazzo Madama, quando in carica era il governo Conte uno, la Giunta per le Autorizzazioni a procedere votò, però, contro bloccando il procedimento.

“L’obbligo del soccorso in mare corrisponde ad una antica regola di carattere consuetudinario, rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano e costituisce un preciso dovere tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo esistente in qualsiasi zona di mare in cui si verifichi tale necessità e come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”.

“Nel caso di specie, i migranti sono stati soccorsi e accolti da una unità della Guardia Costiera e a bordo di essa si trovavano quando ha avuto inizio e si è protratta la condotta di cui si assume il carattere lesivo e civilmente illecito. Deve dunque ritenersi che, indipendentemente dalle contestazioni sullo Stato competente secondo la ripartizione in zone SAR, le operazioni di soccorso erano state di fatto assunte sotto la responsabilità di una autorità SAR italiana, la quale era tenuta in base alle norme convenzionali a portarle a termine, organizzando lo sbarco, ‘nel più breve tempo ragionevolmente possibile” hanno scritto i giudici delle Sezioni unite della Cassazione.

Alla Premier risponde la segretaria del Pd Elly Schlein per la quale “Giorgia Meloni continua ad alimentare lo scontro con la magistratura per coprire i fallimenti del suo governo. Ma la Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, come stabilito dalla Costituzione, che non cambia in base al suo umore. Non è possibile che ogni giorno il governo attacchi le sentenze” sostiene.

“Ciò che allontana i cittadini dalle istituzioni – aggiunge – è una sanità pubblica presa a picconate dai tagli del suo governo, sono salari da fame, è il quasi miliardo di euro dei contribuenti scialacquato in Albania per costruire delle prigioni vuote: il prezzo delle sue scelte intanto continuano a pagarlo gli italiani”.
Scarcerato per decorrenza dei termini uno degli scafisti dell’imbarcazione che portò 177 migranti verso la Sicilia. Ora, nonostante una condanna, l’uomo torna il libertà.

Lo scafista scarcerato
Così Ashraf Abnibrahim, uno degli scafisti del viaggio di 177 migranti verso la Sicilia, poi salvati dalla nave Diciotti nell’agosto 2018, nonostante abbia rimediato una condanna a otto anni di carcere, viene adesso fatto uscire dal carcere. La motivazione della liberazione sarebbe da imputare alla decorrenza dei termini di custodia cautelare. Scaduti i termini, il presunto scafista lascia così la detenzione. Ora lo scafista Abnibrahim, egiziano di 43 anni, individuato grazie alle indagini degli investigatori sul caso della nave carica di migranti esce dal carcere. L’uomo, riconosciuto colpevole ad Agrigento, è riuscito a fruire di una serie di circostanze processuali favorevoli.

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