Caso Palamara visto da Di Pietro e Colombo

Luca Palamara davanti ai magistrati, suoi colleghi. Oggi un nuovo interrogatorio del sostituto procuratore di Roma, ex consigliere del Csm, indagato per corruzione: avrebbe preso soldi e regali per pilotare nomine dei magistrati a capo delle procure. Lui rimanda le accuse al mittente,  mai ricevuto pagamenti – dice – su di me si abbattono i veleni di piazzale clodio. Secondo la procura di Perugia il pm sarebbe stato corrotto con viaggi e gioielli. Indagato per favoreggiamento anche il pm Fava.

Alla vigilia del processo al pm romano il parlamentino del Csm vuole aumentare i membri della disciplinare.

 Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo dicono la loro sul caso Palamara, e lo fanno entrambi parlando con Libero. E non sono parole che assolvono in toto la categoria della magistratura travolta dall’imbarazzante caso Palamara.

Antonio Di Pietro è severo nel giudizio:  ‘Allora tutti i politici si mettevano d’accordo per spartirsi le mazzette’, – dice Di Pietro a Libero ricordando il periodo di Mani Pulite, ‘mentre oggi le toghe si accordano per dividersi il potere. E in entrambi i casi c’è stata una degenerazione, un tempo dei partiti, adesso della magistratura. Però è anche vero che, ora come allora, anche nelle categorie screditate  ci sono molte brave persone’.

Lei – dice al giornalista che lo intervista – non deve guardare all’Anm. Che per quel che mi riguarda neppure dovrebbe esistere, visto che i sindacati servono per difendere i lavoratori dal potere ma i magistrati, che hanno il potere più grande, da che cosa si dovrebbero mai difendere?

Deve guardare i giudici della porta accanto, quelli che frequento tutti i giorni in tribunale da avvocato, gente preparatissima e laboriosa, ragiona Di Pietro. Smentendo che il caso Palamara possa rappresentare solo la punta dell’iceberg.

L’ex pm di Tangentopoli non condivide l’idea per cui Palamara è il male assoluto. Non era da solo a manovrare e mi preoccupano i tanti Palamara non emersi. Tutti coloro che non sono stati intercettati ma comunque hanno trasformato la magistratura da servizio in occasione di potere personale. Realizzando una mutazione genetica di un’istituzione nata per difendere lo Stato e i cittadini.

Nella mia vita – aggiunge Di Pietro – sono stato accusato di aver fatto un uso politico della giustizia. Ma la verità è che altri hanno fatto un uso politico della mia attività giudiziaria, sia contestandomi, sia per sfruttare il vento e farsi portare al traguardo.

Anche Gherardo Colombo, l’altro ex-pm di Mani Pulite, non fa sconti alla categoria. Ma, altrettanto, non ci sta a fare di ogni erba un fascio.

‘Se la cultura generale è quella della convenienza di parte e dell’opportunismo, è ovvio che ne siano contagiati anche dei magistrati. Anche per loro, però, come per qualsiasi altra categoria, non farei di ogni erba un fascio’, dice Colombo a Libero parlando del caso Palamara.

Quanto alle istituzioni in generale, se perdono credibilità – avverte l’ex-pm  di Mani Pulite – contribuiscono a indebolire il senso della collettività, con grave danno per tutto il Paese. Le cose camminano lente. E ho la sensazione che per poter vedere con chiarezza debba passare ancora tempo.

In Italia, sottolinea ancora Colombo, siamo di fronte a ‘un periodo di grande cambiamento ed enorme confusione. Tanti punti di riferimento contrastano tra loro. Ed è difficile orientarsi. Mi pare diffuso un moralismo esasperato, che mette sullo stesso piano situazioni molto serie ed episodi banali. Nelle stesse persone coincidono intransigenza verso il prossimo, o il rivale, e indulgenza verso se stessi.

È una contraddizione alla quale ormai non ci si preoccupa più neppure di trovare una giustificazione ideologica. Mi ricorda Mani Pulite, quando tanti italiani indignati chiedevano il rigoroso rispetto delle regole da parte altrui, ma ritenendosi liberi di violarle a piacimento. Che il tempo sia passato invano per le toghe?

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