Un’audizione durata oltre 6 ore e mezza, una raffica di domande, una relazione di 15 cartelle più alcuni grafici, accompagnata da tre schede di cui due secretate. Tutto questo non basta al capo della Vigilanza di Bankitalia a placare i toni sul caso delle banche venete e sul ruolo di Via Nazionale. Anzi, semmai l’audizione dell’alto dirigente (da 38 anni a Palazzo Koch) fa da detonatore a nuove accuse, che i parlamentari lanciano a raffica sui social prima ancora che l’audizione abbia termine. Il grosso degli attacchi è concentrato sulle cosiddette “porte girevoli”, cioè sui passaggi di diversi dipendenti dai ranghi dell’autorità vigilante a quelli delle banche vigilate.
Insomma, Bankitalia e il tema del risparmio tornano al centro delle battaglie politiche, e presumibilmente ci resteranno per tutta la campagna elettorale, con schieramenti ben riconoscibili, anche se spaccano gli stessi partiti. Nel Pd sono soprattutto i renziani che cavalcano l’assalto a Palazzo Koch, mentre gli orlandiani prendono le distanze. In FI invece, il capogruppo Renato Brunetta è più vicino a Via Nazionale, e critico con il governo, mentre Maurizio Gasparri ‘spara’ ad alzo zero sulla banca centrale. I centristi con Enrico Zanetti chiedono la ‘testa’ dei vertici sia di Bankitalia che di Consob, mentre i 5 Stelle attaccano a tutto campo, mentre Sinistra italiana sottolinea le responsabilità delle scelte dell’esecutivo nella risoluzione delle 4 banche fallite a fine 2014, che ha causato un crollo della fiducia dei risparmiatori. Sotto tono la Lega, che sulle banche venete evita toni allarmistici, cosa che provoca la reazione del Pd.
In qualità di organo di vigilanza bancaria nazionale, Banca d’Italia avrebbe dovuto conoscere lo stato di difficoltà in cui versava la banca al momento dell’acquisto di Palazzo Repeta – si legge nella nota – crediti deteriorati più che raddoppiati in soli 3 anni (dai 2,7 miliardi di fine 2010 ai 5,4 miliardi di dicembre 2013), arrivati a rappresentare il 17% del totale dei crediti lordi contro una media Ue del 6.8%; copertura sui crediti deteriorati (30%) insufficiente e ben al di sotto della media Europea (46%); due aumenti di capitale (253 milioni a dicembre 2013 e 1 miliardo ad agosto 2014, il cui prospetto era stato depositato in Consob a maggio) e conversione di un’obbligazione venduta a clienti retail (253 milioni) effettuati in soli 6 mesi prima dell’acquisto del Palazzo per coprire le perdite su crediti evidenziate dal Comprehensive Assessment della Bce e per riportare il capitale sopra le soglie regolamentari. La scarsa qualità del portafoglio di crediti alla clientela e i risultati dell’esercizio Bce non potevano non essere noti a giugno 2014, sia alla Popolare Vicenza che a Banca D’Italia. Perché quindi Banca d’Italia ha permesso ad una banca in profonda ed evidente difficoltà di procedere all’acquisto di un immobile di rappresentanza del valore di 9,5 milioni, facendone pagare le conseguenze alle famiglie italiane tramite diluzioni causate da continui aumenti di capitale e conversione di obbligazioni?. Alla domanda Barbagallo replica, chiarendo che le conoscenze di allora non sono quelle di oggi e che sulla cessione dell’immobile fu istruita una gara, vinta appunto dalla Banca.