Campagna elettorale e Bankitalia

Un’audizione durata oltre 6 ore e mezza, una raffica di domande,  una relazione di 15 cartelle più alcuni grafici, accompagnata da tre schede di cui due secretate. Tutto questo non basta al capo della Vigilanza di Bankitalia a placare i toni sul caso delle banche venete e sul ruolo di Via Nazionale. Anzi, semmai l’audizione dell’alto dirigente (da 38 anni a Palazzo Koch) fa da detonatore a nuove accuse, che i parlamentari lanciano a raffica sui social prima ancora che l’audizione abbia termine. Il grosso degli attacchi è concentrato sulle cosiddette “porte girevoli”, cioè sui passaggi di diversi dipendenti dai ranghi dell’autorità vigilante a quelli delle banche vigilate.

 Scintille anche su alcuni passaggi della relazione, sulla mancata allerta sulle condizioni effettive delle due popolari venete, e soprattutto sul supposto ruolo di ‘suggeritore’ di Bankitalia rispetto a ipotesi di fusione tra i due istituti (poi mai realizzata), ruolo negato recisamente da Barbagallo. ‘Chi lo afferma è indagato e si deve difendere’, dice il dirigente. Ma i parlamentari vogliono vederci chiaro. ‘Ci sono molte testimonianze in quel senso’,  dichiara Matteo Orfini, capogruppo Pd in commissione: ‘Valuteremo se passare dalla semplice audizione alla testimonianza: in quel caso se non si dice la verità si commette reato’. La puntata di oggi, infatti, avrà un seguito immediato. Entro una settimana Barbagallo dovrà rispondere alle domande scritte depositate da diversi parlamentari. E se del caso dovrà affrontare una seconda audizione.

Insomma, Bankitalia e il tema del risparmio tornano al centro delle battaglie politiche, e presumibilmente ci resteranno per tutta la campagna elettorale, con schieramenti ben riconoscibili, anche se spaccano gli stessi partiti. Nel Pd sono soprattutto i renziani che cavalcano l’assalto a Palazzo Koch, mentre gli orlandiani prendono le distanze. In FI invece, il capogruppo Renato Brunetta è più vicino a Via Nazionale, e critico con il governo, mentre Maurizio Gasparri ‘spara’ ad alzo zero sulla banca centrale. I centristi con Enrico Zanetti chiedono la ‘testa’ dei vertici sia di Bankitalia che di Consob, mentre i 5 Stelle attaccano a tutto campo, mentre Sinistra italiana sottolinea le responsabilità delle scelte dell’esecutivo nella risoluzione delle 4 banche fallite a fine 2014, che ha causato un crollo della fiducia dei risparmiatori. Sotto tono la Lega, che sulle banche venete evita toni allarmistici, cosa che provoca la reazione del Pd.

 I renziani non si fermano qui nell’assalto al Palazzo. Il senatore Mauro Del Barba, e il deputato Francesco Bonifazi, depositano 10 domande scritte (elaborate dal gruppo), che chiedono conto in dettaglio sui ritardi della Vigilanza nel denunciare lo stato effettivo dei conti delle popolari venete, sulla mancata richiesta di copertura dei crediti deteriorati, e sul mancato riconoscimento delle esposizioni in sofferenza. Se avesse fatto queste due cose, osservano i due parlamentari, avrebbe certamente costretto il board a rivedere il prezzo dell’azione in sede di aumento di capitale, ed evitato di azzerare i risparmi di circa 100.000 azionisti/famiglie che con l’aumento di capitale guidato da Atlante nel 2016 sono stati diluiti quasi al 100%. Del Barba e Bonifazi chiedono lumi sulle ispezioni svolte, e anche sulla cessione di Palazzo Repeta (ex-sede Banca d’Italia) a  Popolare Vicenza, argomento più volte emerso durante l’audizione.

In qualità di organo di vigilanza bancaria nazionale, Banca d’Italia avrebbe dovuto conoscere lo stato di difficoltà in cui versava la banca al momento dell’acquisto di Palazzo Repeta – si legge nella nota – crediti deteriorati più che raddoppiati in soli 3 anni (dai 2,7 miliardi di fine 2010 ai 5,4 miliardi di dicembre 2013), arrivati a rappresentare il 17% del totale dei crediti lordi contro una media Ue del 6.8%; copertura sui crediti deteriorati (30%) insufficiente e ben al di sotto della media Europea (46%); due aumenti di capitale (253 milioni a dicembre 2013 e 1 miliardo ad agosto 2014, il cui prospetto era stato depositato in Consob a maggio) e conversione di un’obbligazione venduta a clienti retail (253 milioni) effettuati in soli 6 mesi prima dell’acquisto del Palazzo per coprire le perdite su crediti evidenziate dal Comprehensive Assessment della Bce e per riportare il capitale sopra le soglie regolamentari. La scarsa qualità del portafoglio di crediti alla clientela e i risultati dell’esercizio Bce non potevano non essere noti a giugno 2014, sia alla Popolare Vicenza che a Banca D’Italia. Perché quindi Banca d’Italia ha permesso ad una banca in profonda ed evidente difficoltà di procedere all’acquisto di un immobile di rappresentanza del valore di 9,5 milioni, facendone pagare le conseguenze alle famiglie italiane tramite diluzioni causate da continui aumenti di capitale e conversione di obbligazioni?. Alla domanda Barbagallo replica, chiarendo che le conoscenze di allora non sono quelle di oggi e che sulla cessione dell’immobile fu istruita una gara, vinta appunto dalla Banca.

 

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