Brexit e Cameron: ‘Sarà un testa a testa’

Domani è il giorno del referendum sulla ‘Brexit’ e milioni di cittadini britannici sono chiamati a decidere se il Regno Unito deve uscire dall’Unione europea o rimanerci. Il termine Brexit è formato dalla crasi delle parole ‘Britain’ ed ‘Exit’ e si riferisce all’eventuale uscita del Regno Unito dall’Europa. La decisione sul rimanere o meno nell’Ue è stata demandata ai cittadini britannici attraverso il referendum consultivo e dovranno esprimere un ‘Leave’ o ‘Remain’ che troveranno sulla scheda.  Gli elettori hanno quindi  due alternative: barrare la casella con la risposta ‘Remain a member of the European Union’ (per restare nell’Ue) oppure  quella con la scritta ‘Leave the European Union’ (per lasciarla).Urne aperte domani dalle 7 alle 22 (8-23, ora italiana). Hanno diritto di esprimere il loro parere, dopo essersi registrati nelle liste elettorali, circa 50 milioni di cittadini maggiorenni britannici, irlandesi e del Commonwealth che vivono nel Regno Unito e quelli residenti a Gibilterra, oltre a coloro che sono espatriati dal Paese da non più di 15 anni. Esclusi i cittadini dei Paesi Ue residenti in Gran Bretagna, che votano alle elezioni europee e amministrative. Il referendum è di tipo consultivo e non serve un quorum per renderlo valido. Si vota in 382 circoscrizioni: 326 in Inghilterra, 32 in Scozia, 22 in Galles, una in Irlanda del Nord e una a Gibilterra. I risultati cominceranno ad arrivare tra le 4 e le 7 (5-8 italiane) di venerdì, il verdetto definitivo sarà annunciato dalla presidente della commissione elettorale, Jenny Watson, alla Manchester Town Hall. Non sono previsti exit poll. Durante la campagna elettorale del 2015, David Cameron aveva promesso che se fosse stato rieletto avrebbe indetto un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. A spingerlo versa questa direzione erano state le pressioni di diversi membri del suo partito (conservatore) e dei nazionalisti dell’Ukip: secondo loro molto cose sono cambiate in Europa dall’ultima consultazione, nel 1975, ed era quindi tempo di organizzarne un’altra. All’inizio il primo ministro britannico era a favore dell’uscita dall’Ue se le autorità europee non avessero accolto alcune sue richieste su temi di politica estera ed economica. Dopo una serie di negoziati, a febbraio Cameron si è detto soddisfatto delle concessioni ottenute  dall’Ue ed è diventato il principale sostenitore del ‘Remain’.
Oltre a Cameron, sono contro la Brexit 16 ministri del suo esecutivo, il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, alcuni membri del partito conservatore, la maggior parte del partito laburista, lo Scottish national party, i LibDem e i Verdi. Appoggiano la campagna ‘Britain stronger in Europe’ anche leader internazionali come Angela Merkel, Francois Hollande e Barack Obama. Il fronte del ‘Remain’ crede che il Paese sarebbe molto danneggiato dalla Brexit. Posti di lavoro, commercio, crescita economica, sicurezza: sono tutti aspetti che, sostengono, traggono vantaggio dalla permanenza nell’Ue. Il premier Cameron ha dichiarato che l’uscita sarebbe disastrosa per il Regno Unito e metterebbe a rischio sanità, pensioni, difesa e sterlina. Anche il fronte del ‘Leave’ è guidato da un conservatore, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson. Con lui ci sono anche Michael Gove, ministro della Giustizia, altri 4 membri del governo Cameron, alcuni esponenti dei Tory e alcuni deputati  laburisti. Tra i partiti a favore della Brexit ci sono piccole formazioni radicali e, soprattutto, l’Ukip di Nigel Farage. I sostenitori dell’uscita ritengono che l’Ue imponga troppe norme, soprattutto a livello commerciale e di affari, e che stia frenando lo sviluppo del Regno Unito. Vorrebbero recuperare i pezzi di sovranità ceduti all’Europa, avere più libertà nella scrittura delle leggi, poter gestire liberamente l’immigrazione e frenare la libera circolazione per impedire che troppe persone arrivino nel Paese. I sondaggi ritengono che la maggior parte dei cittadini britannici voterà contro la Brexit. La campagna elettorale è stata segnata anche da un episodio drammatico con l’omicidio della deputata laburista Jo Cox, sostenitrice della permanenza nell’Ue, uccisa da un estremista di destra il 16 giugn. Se vince il ‘Leave’, il Regno Unito sarà il primo Stato membro a lasciare l’Unione europea. Il Regno Unito fa parte dell’Unione europea dal 1972: il 22 gennaio firmò il Trattato di adesione, il 16 ottobre la ratifica fu approvata dal Parlamento britannico e il giorno dopo promulgata dalla regina, il primo gennaio 1973 il Paese divenne membro della Comunità europea. Nel 1975 fu organizzato un referendum sulla Cee e il 67,2% degli elettori britannici scelse di rimanere dentro. L’uscita dall’Ue è prevista dall’articolo 50 ‘Cosiddetta clausola di ritiro’, introdotto dal Trattato di Lisbona nel 2009 e prima di allora non era prevista la possibilità per uno Stato membro di ritirarsi. L’articolo definisce i termini del ritiro unilaterale volontario, un diritto che non richiede nessuna giustificazione. Il risultato del referendum non è vincolante. In teoria, anche se vincesse la Brexit, il Parlamento britannico potrebbe decidere di non uscire dall’Ue. In pratica, però, si seguirà il volere del popolo. In caso di trionfo del ‘Leave’, il premier Cameron demanderà probabilmente al Parlamento, che ratificherà la decisione e inizierà la procedura d’uscita. Seguiranno almeno due anni di negoziati, durante i quali il Regno Unito rimarrà ancora parte dell’Ue. Per venerdì 24 è già stato programmato un incontro a Bruxelles tra i presidenti della Commissione, Jean-Claude Juncker, del Consiglio europeo, Donald Tusk, del Parlamento europeo, Martin Schulz, e con il premier olandese Mark Rutte (presidenza di turno del Consiglio dell’Ue). Già previsti una sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo e, il 28 e 29 giugno, un vertice dei capi di Stato e di governo. Potrebbe essere questa la prima occasione per Cameron di chiedere al Consiglio europeo l’attivazione dell’articolo 50: in questo caso scatterebbe il conto alla rovescia dei due anni massimi previsti per negoziare l’uscita. oltre all’accordo per il ritiro dell’Uk, quindi, dovrebbe partire un negoziato sulle relazioni post-Brexit. Le due trattative potrebbero andare in parallelo, ma difficilmente si chiuderebbero in un paio d’anni. Il presidente Ue Tusk ha parlato di 7 anni almeno, il governo britannico di un decennio o più.

Circa Cocis

Riprova

E’ ‘controvento’ la candidatura di Mario Draghi a presidente del Consiglio Europeo, successore di Charles Michel?

‘La sera in cui Draghi decise di dimettersi, per le insanabili divergenze politiche, mi rendevo …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com