Bologna, raid punitivo degli italiani contro i pusher africani

BOLOGNA. Chi vive a Bologna lo sa, il quartiere Bolognina è ormai da tempo invivibile. Gli italiani della zona sono sommersi dal degrado e lo spaccio di droga è diventata forse la principale attività del quartiere. La situazione è degenerata al punto che ieri un gruppo di italiani ha realizzato un raid punitivo contro gli spacciatori africani che stazionano di fronte al mercato locale. Manganelli e spray al peperoncino per ‘bonificare’ l’area. L’effetto raggiunto, dicono i testimoni, è stato quello sperato e per qualche ora non si sono visti altri spacciatori in giro. Sono sceso dalla macchina e un ragazzo chiaramente italiano e con il volto coperto mi ha detto di stare fermo e non immischiarmi, ha raccontato Francesco Nadalini, membro del Comitato azione bolognina, al ‘Carlino’. A quel punto ho visto sette-otto persone, con giubbotti scuri, cappelli e sciarpe alzate sul viso, correre verso una gruppo di spacciatori e prenderli a botte con dei manganelli. Il raid si è svolto in via Franco Bolognese, una via del capoluogo emiliano noto per essere tenuto sotto scacco dai pusher africani. In questa strada praticamente ogni sera ci sono liti, spiega Nadalini al ‘Carlino’.  Raid punitivi del genere, con manganelli e spray al peperoncino, dove vengono puntati gli spacciatori, non ne ho mai visti. È stata sicuramente un’azione punitiva. Erano tutti bianchi, italiani, avevano i tirapugni e le mazze, confida invece un pusher africano, sentito sempre dal quotidiano locale. Alcuni di noi sono stati accecati con lo spray negli occhi e poi presi a botte. Un senegalese di cinquant’anni è stato buttato a terra e picchiato. L’aggressione è durata poco, qualche minuto e la vicenda era rimasta nascosta. Nel frattempo il procuratore aggiunto Valter Giovannini ha aperto un fascicolo per scoprire i colpevoli: ‘Gli spacciatori sotto casa esasperano e creano risentimento ma non è tollerabile la giustizia fai da te. Piuttosto chi può li fotografi mentre spacciano, da distanza di sicurezza, e invii le foto alle forze dell’ordine o alla Procura, perché solo in questo modo si può veramente aiutare chi deve fare le indagini’.

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