Sei giorni dopo l’enorme esplosione che ha devastato Beirut, e dopo le violente proteste popolari contro la corruzione e l’inadeguatezza della classe politica, il governo sotto pressione, ha già perso quattro ministri. L’ultimo è quello delle Finanze, Ghazi Wazni. È il quarto ministro a dimettersi nel Paese a seguito dell’esplosione al porto di Beirut, che ha ucciso circa 160 persone. Lo ha riferito al-Arabiya. Le dimissioni erano state anticipate da quelle della ministra dell’Informazione, Manal Abdel-Samad: “mi dimetto nel rispetto dei martiri” e “in risposta alla volontà pubblica di cambiamento”, ha detto. Mimissioni anche per Damianos Kattar, il ministro dell’Ambiente che fa parte della stessa setta cristiano-maronita del presidente Michel Aoun, alleato di Hezbollah e il ministro della Difesa Zeina Akar. Hanno fatto lo stesso mezza dozzina di deputati, mentre i media prevedono che altri ministri la seguiranno.

Scossoni che aumentano ulteriormente l’incertezza e la debolezza del premier Hassan Diab, mentre la rabbia popolare resta altissima. Tra le macerie si continua a scavare, ma la speranza di trovare sopravvissuti è scemata. Intanto domenica i libanesi sono tornati a protestare nelle strade, dove sabato hanno assaltato i ministeri e i feriti sono stati centinaia. Il governo ha promesso un’indagine sul disastro, ma la fiducia è ai minimi. Sia la popolazione sia vari attori internazionali, tra cui Onu e Ue, hanno chiesto che l’inchiesta sia indipendente. Dalle autorità di Beirut è arrivato un secco no.