Baby boom

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’articolo ricevuto da James Hansen:

 

Il momento attuale offre pochissime certezze, specialmente perché c’è da dubitare che le informazioni che riceviamo siano pienamente veritiere. Però, esiste una notizia buona, innegabile e assolutamente certa: prima o poi finirà… Per quanto riguarda il “dopo”, ogni ipotesi è ammessa. Una è che, a nove mesi dall’inizio dell’isolamento in casa, partirà un boom delle nascite. La logica è ineccepibile: dopo aver esaurito  le possibilità di Netflix e finito di lavoricchiare in smart working, che altro c’è per far passare la serata oltre a un po’ di onesto sesso?

Non mancano precedenti storici, come i picchi delle nascite a seguito di due massicci blackout elettrici a New York nel 1965 e nel 1977. Durarono però poco e i dati sono controversi. Più calzante il caso inglese provocato dalla coincidenza di un lungo sciopero dei minatori del carbone e un embargo petrolifero che—dal primo gennaio al 7 marzo del 1974—obbligarono il Governo britannico a limitare la settimana lavorativa a soli tre giorni per l’impossibilità di alimentare le centrali elettriche. Anche lì si verificò un boom delle nascite. Più recenti sono i casi della Colombiadove il collasso della rete elettrica nel 1992 provocò un aumento delle nascite del 4% (altri 27mila bambini)—e specialmente di Zanzibar, dove per quattro settimane nel 2008 una larga fetta dell’isola rimase senza elettricità. Siccome una parte del territorio continuò invece ad averla, è stato possibile paragonare i relativi tassi di natalità. Dove la luce era mancata a lungo le nascite furono più alte del 17%

L’espressione inglese “baby boom” proviene dall’incredibile impennata delle nascite—specialmente negli Stati Uniti, ma anche in Europa—a seguito della fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel decennio tra il 1946 e il 1955 nacquero oltre 38 milioni di nuovi americani. Sono due le spiegazioni comunemente proposte: i “romantici” sono più inclini alla versione “riaffermazione della vita” dopo i sacrifici che segnarono il conflitto. Altri attribuiscono il fenomeno al rientro nelle rispettive patrie—dopo una lunga guerra—di milioni di giovani ex combattenti in età riproduttiva.

Il baby boom americano fu certamente favorito anche dalla spettacolare prosperità del Paese nel primo dopoguerra e dall’aria di ottimismo che la pace portò con sé. La crisi coronavirus invece non si fermerà in un istante con la firma di un armistizio, scatenando balli nelle strade…

I governi occidentali—avendo sospeso molte garanzie democratiche—tendono a sottolineare i rischi sanitari ed economici che la “non-obbedienza” potrebbe provocare, ciò per giustificare certi eccessi e anche per preparare il terreno per un “post-crisi” organizzato in termini più graditi alle burocrazie e alle ideologie “centralizzanti” fino a poco fa minacciate da rivolte elettorali di stampo populista.

Le ipotesi che prospettano un prossimo futuro di miseria non incoraggeranno a mettere al mondo nuovi figli. È anche vero però che il momento induce un sano scetticismo nelle popolazioni, capaci di abbandonare le leadership politiche che non si saranno dimostrate all’altezza. Calcolando dalla data d’inizio dell’auto-isolamento, la prossima stagione natalizia potrebbe portare un magnifico regalo: una nuova e fresca generazione di nascituri, pronti a fare meglio di quanto abbiamo fatto noi.

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