Attilio Fontana tra minacce e querele

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana, sentito venerdì scorso come parte offesa nell’ambito dell’indagine della Procura di Milano per minacce aggravate e diffamazione, da quanto si apprende, ha espresso grande preoccupazione sua e dei suoi familiari per il clima d’odio di queste ultime settimane per il quale vive anche sotto scorta. Ad Alberto Nobili, il responsabile dell’antiterrorismo milanese, Il presidente ha pure detto di essere “tranquillo” per il suo operato nella gestione dell’emergenza Covid.
   

Il governatore, che da qualche settimana è bersagliato da minacce e insulti, l’ultimo murale con scritto ‘assassino’ risale alla notte tra venerdì e sabato scorso, avrebbe spiegato che queste sono minacce che “preoccupano” lui e i suoi familiari ma ha anche rivendicato la correttezza del proprio operato in merito alla gestione dell’emergenza Coronavirus. Fontana, da quanto si è saputo, si è limitato a prendere atto delle minacce e si è riservato di valutare eventuali scelte processuali.
 

C’è poi  veleno su  Attilio Fontana da parte della stampa. È finito sotto attacco da parte de ‘Il Fatto Quotidiano’  che con un articolo ha anticipato quelli che saranno i contenuti della nuova puntata di “Report”.  Fontana fa sapere di voler querelare il quotidiano diretto da Travaglio. «Ho dato mandato ai miei legali di querelare Il Fatto Quotidiano», spiega il presidente, in quanto «si tratta dell’ennesimo attacco politico vergognoso, basato su fatti volutamente artefatti e scientemente omissivi per raccontare una realtà che semplicemente non esiste». L’articolo e l’inchiesta di Report raccontano di una fornitura di camici medici durante l’emergenza Covid-19. Fatta dalla società Dama Spa, partecipata dalla moglie di Fontana. Agli inviati della trasmissione televisiva Report – prosegue Fontana – avevo già spiegato per iscritto che non sapevo nulla della procedura attivata da Aria e che non sono mai intervenuto in alcun modo. Oggi il titolo di prima pagina del Fatto e il testo mettono in connessione la ditta fornitrice con la mia persona attraverso la partecipazione azionaria (10%) di mia moglie. E invocano un conflitto di interesse peraltro totalmente inesistente. Proprio perché non vi è stato da parte mia alcun intervento. Secondo il governatore, «il testo del Fatto in maniera consapevole e capziosa omette di dire chiaramente che la Regione Lombardia attraverso la stazione appaltante Aria non ha eseguito nessun pagamento per quei camici. E l’intera fornitura è stata erogata dall’azienda a titolo gratuito. Ho anche dato mandato a miei legali di diffidare immediatamente la trasmissione Report dal trasmettere un servizio che non chiarisca in maniera inequivocabile come si sono svolti i fatti e la mia totale estraneità alla vicenda».

Dama  aveva convertito la sua produzione in dispositivi di protezione individuale per medici e operatori sanitari. Lo scorso 14 aprile, c’erano articoli di stampa che ne parlavano e la stessa società «si è distinta anche con una donazione di 60mila euro sul fondo straordinario per l’emergenza istituito da Regione Lombardia. E ha fornito gratuitamente mascherine e camici ad ospedali e amministrazioni comunali».

Alla Dama SpA, una volta ottenute le certificazioni indispensabili per l’utilizzo sanitario, «il 16 aprile vengono ordinati 7mila set costituiti da camice, più copricapo, più calzari.  Al costo a 9 euro. (Prezzo più basso in assoluto) e 75mila camici al 6 euro (anche questi i più economici). Le forniture iniziano il giorno dopo e vengono immediatamente distribuite nei reparti ospedalieri per proteggere medici e infermieri». L’emissione della fattura è “l’automatismo burocratico”. A cui segue, però, la nota di credito per non incassare. Nessuna accusa – conclude il presidente – può esser fatta a coloro che nel periodo di guerra al Covid-19 hanno agito con responsabilità e senso civico per il bene comune. Respingo fermamente ogni strumentalizzazione affidando alle autorità competenti la tutela della Regione Lombardia.

 

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