In this image made from a video broadcast on the Saudi-owned Al-Arabiya satellite news channel on Saturday, Sept. 14, 2019, a man walks through a parking lot as the smoke from a fire at the Abqaiq oil processing facility can be seen behind him in Buqyaq, Saudi Arabia. Drones launched by Yemen's Houthi rebels attacked the world's largest oil processing facility in Saudi Arabia and another major oilfield Saturday, sparking huge fires at a vulnerable chokepoint for global energy supplies. (Al-Arabiya via AP) TV OUT NO SALES

Attacco al petrolio a Riad peggior danno alla produzione della storia

La perdita di produzione per l’attacco agli impianti di Saudi Aramco, in Arabia Saudita, rappresenta il più grande danno determinato da un singolo evento per i mercati petroliferi. Lo riporta Bloomberg. La perdita di 5,7 milioni di barili al giorno, il 5% della produzione mondiale, è superiore a quella nel 1979 con la rivoluzione iraniana e nel 1990 con l’invasione del Kuwait. Intanto Teheran respinge le accuse Usa: ‘sono infondate, con l’attacco non c’entriamo’. Il petrolio avanza e le borse aprono in calo, ma volano i titoli del greggio.

Gli Usa sono “pronti e carichi” per reagire agli attacchi contro Riad: lo twitta il presidente americano Donald Trump, precisando di attendere la conferma sulle responsabilità e le valutazioni dell’Arabia Saudita.

La Cina invita alla “moderazione” Stati Uniti e Iran dopo l’attacco di droni all’impianto della Aramco che ha avuto ripercussioni su metà della produzione petrolifera saudita. La portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying ha definito “non molto responsabile” accusare altri “in assenza di un’indagine o verdetto definitivo. “La posizione della Cina – ha dichiarato Hua in conferenza stampa – è che ci opponiamo ad ogni azione che possa ampliare e intensificare il conflitto”.

Gli attacchi con i droni a due maxi raffinerie saudite rivendicati dai ribelli yemeniti Houthi allarmano il mercato mondiale del petrolio e aumentano le tensioni nel Golfo tra Teheran da un lato e Arabia Saudita e Usa dall’altro, proprio alla vigilia di un possibile storico incontro fra Donald Trump e il presidente iraniano Hassan Rohani all’Onu. “Non c’è alcuna prova siano arrivati dallo Yemen”, ha sostenuto il segretario di Stato americano Mike Pompeo, che ha accusato direttamente l’Iran per questo “attacco senza precedenti alle forniture energetiche mondiali”. Ma neppure lui ha esibito prove, a parte il fatto che Teheran è alleata degli Houthi, combattuti in Yemen da una coalizione guidata da Riad. La Repubblica islamica ha comunque respinto le accuse e ha lanciato un monito a Washington. “Queste accuse ed affermazioni inutili e cieche sono incomprensibili e prive di senso”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mussavi, aggiungendo che esse servono solo a “giustificare future azioni” contro l’Iran. “Incolpare l’Iran non fermerà il disastro”, ha twittato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, contestando a Pompeo di aver fallito nella campagna di “massima pressione” e di essersi spostato su quella delle “massime bugie”. Nelle stesse ore Amir Ali Hajizadeh, comandante delle forze aerospaziali dei Guardiani della rivoluzione islamica, ha avvertito che l’Iran è pronto ad una “vera e propria” guerra: “Tutti dovrebbero sapere che le basi americane e le loro portaerei fino ad una distanza di 2000 km intorno all’Iran sono nel raggio dei nostri missili”. Intanto una nave da guerra statunitense, il cacciatorpediniere Uss Ramage, dotato di un sofisticato sistema missilistico guidato da radar, ha attraccato al porto di Beirut, in Libano, proprio all’indomani degli attacchi, mentre Trump ha offerto al principe ereditario saudita Mohammad bin Salman “il suo sostegno all’autodifesa dell’Arabia Saudita”.

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