“Sono stati arrecati danni monumentali a tutti i siti nucleari in Iran, come dimostrano le immagini satellitari. Annientamento è il termine più appropriato!”. Il presidente americano Donald Trump ha commentato il risultato dei raid aerei americani sui siti nucleari dell’Iran. “I danni più gravi si sono verificati molto al di sotto del livello del suolo. Centro del bersaglio, l’operazione Martello di Mezzanotte è stata un successo spettacolare“. Poi lancia il ‘movimento’ MIGA (Make Iran Great Again) alludendo per la prima volta, con un post su Truth, all’idea di cambio di regime a Teheran. In entrambi i casi, il presidente accenna una ‘fuga in avanti’. Nessuno al momento è in grado di stabilire i reali danni prodotti agli impianti nucleari iraniani. Per la prima volta, intanto, la Casa Bianca fa esplicito riferimento ad una nuova leadership a Teheran.
Danni contenuti agli impianti, riferisce Teheran. L’Aiea: “Non c’è contaminazione. Secondo Teheran invece, nei centri di Fordow, Natanz e Isfahan i danni riportati sembrano contenuti, tanto che non si registrano, al momento, significativi aumenti di radiazioni nella zona.
Da un lato, l’Iran sostiene che – contrariamente a quanto sostenuto dagli Stati Uniti – i siti non sono stati affatto «cancellati dalla faccia della Terra», bensì soltanto danneggiati: in particolare quello di Fordow.
Niente radiazioni e l’uranio spostato: i dubbi sugli effetti del raid anti-atomico. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha convocato una riunione straordinaria del suo Consiglio dei governatori a Vienna, in seguito ai bombardamenti effettuati dagli Stati Uniti su diversi siti nucleari iraniani.
Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, parla al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ma è già intervenuto, subito dopo la notte di bombardamenti sui siti nucleari iraniani, per escludere gravi rischi di una diffusa contaminazione radiologica.
Per il capo del Pentagono Hegseth è stato devastato il programma nucleare iraniano, per gli ayatollah nulla è compromesso e i danni sarebbero contenuti.
La svolta di Trump, in relazione ad una nuova era istituzionale in Iran, arriva poche ore dopo le parole del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, che nella conferenza mattutina al Pentagono scandiva: “L’operazione non punta al regime change. Questa missione non era e non è stata per un regime change – spiega rispondendo a domande sull’attacco a Fordow, Natanz e Isfahan – Il presidente ha autorizzato un’operazione mirata per neutralizzare le minacce ai nostri interessi nazionali rappresentate dal programma nucleare dell’Iran. Tutte le nostre munizioni di precisione hanno colpito dove volevamo e hanno avuto l’effetto desiderato”.
Nel pomeriggio americano, Trump tornava a farsi sentire sul suo social Truth e la linea cambiava. “Non è politicamente corretto usare le parole ‘regime change’ – scriveva il presidente – ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere l’Iran di nuovo grande (Make Iran Great Again) perché non dovrebbe esserci un cambio di regime?”, si chiede prima di lanciare il ‘movimento’ MIGA, versione iraniana del MAGA americano.
Un post di pochi caratteri apre nuove prospettive e fissa un potenziale obiettivo per Washington, che attraverso altri esponenti dell’amministrazione ha mostrato la volontà di impegnarsi in un dialogo reale. Finora, Trump ha dedicato poche parole alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei: “Sappiamo dov’è, non lo uccidiamo”, il laconico messaggio della scorsa settimana. L’agenzia atomica di Teheran fa sapere che il programma nucleare proseguirà.
Un elemento di valutazione è costituito dalle immagini satellitari. Quelle relative al sito di Isfahan evidenziano 18 strutture distrutte totalmente o parzialmente. L’area è stata colpita da più di una dozzina di missili Tomahawk che hanno centrato “obiettivi chiave in superficie”. Non si fa menzione di impianti sotterranei ed è lecito ipotizzare che le aree in cui è custodito l’uranio arricchito al 60% possano essere ancora integre.
Non la pensa così l’Institute for Science and International Security, con sede a Washington: per l’ente, i danni sono “pesanti”. Sono stati colpiti gli ingressi dei tunnel sotterranei e 3 ingressi su 4 sono collassati: “Potrebbero esserci danni enormi nel complesso sotterraneo” e il crollo delle strutture esterne, trasformate in una sorta di ‘tappo’, potrebbe essere determinante per evitare la dispersione di materiale. A Natanz, sono visibili due crateri provocati da altrettante bombe GBU. Le due voragini misurano 5,5 metri e 3,2 metri di diametro e sono localizzati in corrispondenza di strutture sotterranee del complesso, che ospita centrifughe. Anche Natanz è stato raggiunto da missili Tomahawk lanciati da un sottomarino.
Infine, il capitolo Fordow. Fonti iraniane fanno riferimento all’evacuazione degli impianti prima dell’attacco e alcune immagini farebbero pensare al trasferimento di materiali e apparecchiature nell’immediata vigilia del raid. La fortezza nucleare, protetta da una montagna, è stata colpita a ripetizione: i crateri visibili sono almeno 6 e l’ipotesi è che le bombe GBU sganciate dai bombardieri siano 12.
“Nel sito di Fordow, il principale luogo di arricchimento dell’uranio iraniano al 60%, sono visibili crateri che indicano l’uso da parte degli Stati Uniti d’America di munizioni a penetrazione sotterranea”, dice il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, nel suo intervento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nessuno, nemmeno l’agenzia per l’energia atomica, è in grado “di valutare i danni sotterranei a Fordow”.
Vladimir Putin difende l’Iran, definendo “inaccettabile” l’attacco a Teheran da parte degli Usa. Continuano i raid di missili reciproci fra Tel Aviv e Teheran, mentre il regime degli ayatollah minaccia gli Stati Uniti di reagire con le cellule dormienti di terroristi.
L’intervento di Putin
“L’aggressione contro l’Iran non ha alcuna giustificazione ne motivo d’essere. Tra noi e l’Iran esistono relazioni solide, durature e affidabili. Dal canto nostro, stiamo facendo tutto il possibile per sostenere il popolo iraniano”, ha dichiarato il capo dello Stato russo, Vladimir Putin.
Il capo del Cremlino ha aggiunto che, “la Federazione Russa si impegna a sostenere il popolo iraniano”, nel corso di un incontro con il ministro degli esteri di Teheran, Abbas Araghchi. Putin ha detto al rappresentante iraniano di, trasmettere, i suoi,” migliori auguri sia al presidente della Repubblica che al supremo leader religioso, Ali Khamenei”.
Sirene d’allarme hanno risuonato in Israele all’avvicinarsi dei missili iraniani. Fonti giornalistiche hanno riferito di esplosioni udite a Gerusalemme. Nelle immagini si vedono gli abitanti che sono corsi in una stazione di Tel Aviv dopo che l’esercito israeliano ha chiesto alla popolazione di mettersi al sicuro. Decine e decine di persone hanno raggiunto in poco tempo l’area sicura, aspettando notizie dell’attacco imminente annunciato.
Il sito di arricchimento sotterraneo di Fordow, secondo quanto riportano i media iraniani, è stato nuovamente colpito e un presunto attacco israeliano ha colpito anche la famigerata prigione di Evin a Teheran. Le notizie sono arrivate mentre l’Iran lanciava missili e droni contro Israele e avvertiva gli Stati Uniti che le sue forze armate hanno ora “mano libera” per attaccare obiettivi americani in seguito ai massicci attacchi dell’amministrazione Trump contro i siti nucleari iraniani. L’impianto di Fordow è uno di quelli colpiti nell’attacco di domenica.
Le minacce di terrorismo agli Usa
I media Usa, tra cui NBC News, hanno riferito che l’Iran ha minacciato di attivare cellule terroristiche dormienti all’interno degli Stati Uniti in caso di attacco da parte degli Usa contro il Paese. La minaccia diretta, ha precisato la stessa fonte, è contenuta in un comunicato che era stato inviato da Teheran a Donald Trump nei giorni precedenti gli attacchi lanciati sabato sera contro i suoi impianti nucleari. Il messaggio è stato consegnato al presidente Usa tramite un intermediario al vertice del G7 in Canada la scorsa settimana, prima della sua partenza in anticipo per valutare le opzioni nel contesto del conflitto tra Israele e Iran.