Arte restituita

Dall’America parte la polemica che riguarda i  capolavori  finiti nel dimenticatoio e ne diviene portavoce il  New York Times  che liquida il tutto con questa precise parole “Così le nostre opere sono passate dagli occhi di milioni di visitatori  a quelli di sparute scolaresche”.  Si parla di capolavori espatriati abusivamente e recuperati dopo trattative diplomatiche durate per lunghe anni.  “Alcuni oggetti resi con grande fanfara hanno acquistato maggior significato una volta riportati nei Paesi di origine, altre volte però, svanito il trionfalismo, sono caduti vittima di benevolo abbandono, o non sempre sono facilmente raggiungibili», scrive la corrispondente italiana del quotidiano trinciando un  articolo pro States. Ad esempio  la Venere di Morgantina e il Cratere di Eufronio, restituiti all’Italia rispettivamente dal Getty Museum di Los Angeles nel 2011 e dal Metropolitan di New York nel 2008,  sono passati dagli occhi di milioni di visitatori negli Usa a quelli di sparute scolaresche. Il punto di vista degli storici dell’arte italiana è che  viene ritenuto   che nel loro contesto originario le opere riacquistino il  duplice valore di dare un forte impulso economico alla zona che oggi li ospita  e rimotivano  chi ci vive, con un’iniezione di orgoglio nazionale. Stando al New York Times il rimedio è peggiore del male.  Il viaggio parte da Aidone in  Sicilia che ospita la Venere di Morgantina: «L’anno scorso l’hanno vista 26mila persone contro le 400mila passate attraverso la villa Getty nel 2010, l’ultimo anno della statua in California», scrive la giornalista perché  uno dei problemi del piccolo museo siciliano risiede nella sua difficoltosa accessibilità. E rincara la dose: «Nota per la corruzione, la Sicilia non ha reti di trasporto affidabili. Molte strade locali a volte sono chiuse». Maggiore fortuna spetterebbe al Cratere di Eufronio, orgoglio del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, ora esposto al Quirinale, in attesa di partire a fine settembre per un “soggiorno” a Cerveteri, nel cuore dell’Etruria meridionale, dopo il lungo braccio di ferro con il Metropolitan che lo aveva acquistato nel 1972 da un mercante d’arte. Il vaso, scavato l’anno prima da tombaroli nella necropoli di Cerveteri, «al Met era stato visto da milioni di visitatori»,  mentre nella Capitale italiana si trova «semi-abbandonato in una teca di vetro, visitato da qualche scolaresca e pochi turisti» e illustrato da didascalie tradotte in uno scarso inglese». Noi abbiamo generalmente 90mila visitatori l’anno,   replica il museo Romano, ma attualmente il Cratere si trova al Quirinale. E lì il pubblico non manca.

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