Aluko lascia Juve e Italia. “Trattata come Escobar, scappo da Torino per razzismo”

Razzismo. Torna ancora alla ribalta nel calcio italiano questa parola. E questa volta la denuncia arriva da una calciatrice, da una donna. Si chiama Eni Aluko, stella delle Juventus Women, di ruolo attaccante, che dopo 18 mesi ha deciso di lasciare Torino per ritornare nella più multietnica e tollerante Inghilterra.

“Mi sono stancata di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che rubi qualcosa. Con i tifosi nessun problema, ma la città è un paio di decenni indietro”. Il j’accuse della calciatrice è pesante e lo fa con una lettera al Guardian, giornale del quale è editorialista da qualche tempo. “A volte Torino sembra un paio di decenni indietro rispetto all’apertura verso diversi tipi di persone. Mi sono stancata di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che rubi qualcosa. Può capitarti tante volte di arrivare all’aeroporto di Torino ed essere trattata come Pablo Escobar per via dei cani anti-droga intorno a te. Non ho mai avuto problemi di razzismo dai tifosi della Juve né in campionato, ma c’è un problema nel calcio italiano e in Italia. La risposta che viene data mi preoccupa: dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono come parte della cultura del tifo”.

La giocatrice ha invitato la società, per continuare ad attrarre i talenti dell’Europa dall’Italia, a “farli sentire a casa”. Questa, ha concluso, “è una parte importante di un progetto a lungo termine”. Lei, comunque, non tornerà indietro. La decisione è stata presa. Sabato, contro la Fiorentina, Eni Aluko giocherà la sua ultima partita con la maglia della Juventus Womens. L’ultima partita a Torino. L’ultima partita in Italia.

Le affermazioni di Eniola Aluko, giocatrice della Juventus Women che ha accusato Torino di essere una città razzista “pesano come un macigno”, dice il sindaco Chiara Appendino, ricordando che quella di Torino è “storia di porte aperte”. “Purtroppo nel Paese sono tornati episodi discriminatori – ammette – ma ad essere tornata indietro non è la città, solo alcune persone che non rappresentano che loro stesse. Torino non si rassegna”.

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