ph. Fabrizio Sansoni

ALL’OPERA DI ROMA DEBUTTO ITALIANO PER “ADRIANA MATER” DI KAIJA SAARIAHO, maternità, violenza ed etica del perdono

Un teatro spoglio, l’orchestra e il coro sul palco, la buca chiusa da un sistema di pedane a più livelli che diventano spazio d’azione e di ascolto. È in questa geometria essenziale che prende forma Adriana Mater di Kaija Saariaho, in scena fino al 16 ottobre al Teatro dell’Opera di Roma con la regia di Peter Sellars e la direzione di Ernest Martínez Izquierdo, una prima italiana significativa e toccante. 

Sellars, al suo debutto romano, sceglie una scena di grande sobrietà: “Alcune piattaforme immerse tra i musicisti dell’orchestra, posti a loro volta sulla scena, pochissimi oggetti, ecco cosa vedrete, ma è tutto quel che serve”, spiega il regista nell’intervista contenuta nel programma di sala.
La buca orchestrale è tamponata da vari piani che accolgono gli interpreti nelle loro interazioni, linee di luce orizzontali sospese a varie altezze e profondità, quasi a disegnare un respiro visivo che pulsa come quello di Adriana, madre e vittima, corpo e coscienza insieme. L’effetto è quello di un rito laico, in cui la musica e la parola si intrecciano in una trama di ferite e riconciliazioni.

Kaija Saariaho, scomparsa nel 2023, aveva concepito Adriana Mater come una riflessione sulla maternità nata dalla violenza, su quell’avere due battiti nel cuore in un solo corpo che la compositrice e il librettista Amin Maalouf fanno risuonare come metafora di vita e di colpa.
“Adesso che la società intorno a noi è costantemente impegnata a individuare dei nemici e a condannarli — afferma il regista — Adriana Mater ci propone di resistere strenuamente a quell’atteggiamento. Sulla scena e all’ascolto sarete sorpresi dalla tenerezza che si instaura fra persone che hanno sofferto, che rivelano le loro cicatrici.”

ph. Fabrizio Sansoni

La vocalità di tutti gli interpreti è spinta e fisica: prevale il centro della voce, la risonanza piena, talvolta quasi “gridata”, coerente con la drammaturgia che richiede evidentemente esposizione emotiva. Fleur Barron è un’Adriana intensa, magnetica, di voce scura e duttile, capace di tenere insieme vulnerabilità e forza. Axelle Fanyo, nel ruolo della sorella Refka, offre una presenza scenica limpida, sostenuta da un fraseggio incisivo.

ph. Fabrizio Sansoni

Nel secondo atto emerge il coro, preparato da Ciro Visco, che diventa voce collettiva del dolore e della memoria. Nicholas Phan (Yonas) e Christopher Purves (Tsargo) incarnano con sensibilità due poli opposti del maschile: il figlio inquieto e il padre violentatore. Nella scena del loro incontro, Purves canta sdraiato, con una morbidezza e una proiezione perfette, dimostrando padronanza tecnica e controllo espressivo.

ph. Fabrizio Sansoni

Il momento più toccante arriva nel finale, quando Adriana dice al figlio: “Quest’uomo meritava di morire, ma tu non meritavi di ucciderlo.” E ancora: “Non siamo vendicati, ma siamo salvi.” È il cuore morale dell’opera, un gesto di rinuncia alla violenza come unica forma di giustizia.
Sellars sottolinea questo passaggio come punto culminante del percorso dei personaggi: “Ci sono frasi davvero toccanti scritte da Maalouf nella scena settima, la più importante, in cui i quattro personaggi cantano in momenti diversi, per conto proprio o insieme, la medesima frase ‘Avrei dovuto’. La confessione che ogni personaggio fa a sé stesso è potente e intima: ci mostra che dentro ciascuno alberga un fallimento.”
In questa dimensione di confessione collettiva, l’opera si apre a un sentimento di condivisione che va oltre la trama: “Un sentimento di esperienza condivisa in cui ogni personaggio si rende conto delle proprie mancanze e della vulnerabilità dell’altro, mentre si sviluppa una strana, insondabile corrente d’affetto.”

Izquierdo, da tempo vicino al linguaggio di Saariaho, guida orchestra e coro con equilibrio, disegnando trasparenze e densità timbriche che rendono la musica un vero paesaggio interiore. Le luci di Ben Zamora, con linee sospese e tagli improvvisi, costruiscono uno spazio di percezione più che di azione e i costumi di Camille Assaf mantengono una neutralità non distraente.

Questa Adriana Mater romana, che sarà trasmessa in diretta il 14 ottobre su Rai Radio 3, è un’impresa drammatica che si nutre di vulnerabilità, coraggio e perdono. Non un’operazione intellettuale, ma un incontro con la carne dell’anima, in cui dopo l’ultima nota si rimane con il cuore pulsante di interrogativi su maternità, responsabilità, violenza e perdono. Un’opera che persiste non concedendo conforto, ma restituendo una fragile speranza, un’opera che invita a guardare dentro la paura, a trasformare il dolore in comprensione.

ph. Fabrizio Sansoni

VOLTI DEL POTERE – STAGIONE 2024/2025 DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

ADRIANA MATER

Musica Kaija Saariaho
Opera in due atti e sette scene
Libretto di Amin Maalouf
Direttore Ernest Martínez Izquierdo
Regia Peter Sellars

Maestro del Coro Ciro Visco
Costumi Camille Assaf
Luci Ben Zamora
Sound designer Timo Kurkikangas

PERSONAGGI E INTERPRETI
Adriana Fleur Barron
Refka Axelle Fanyo
Yonas Nicholas Phan
Tsargo Christopher Purves

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
in collaborazione con The San Francisco Symphony
PRIMA RAPPRESENTAZIONE ITALIANA
In scena fino a giovedì 16 ottobre 2025

www.operaroma.it

Loredana Margheriti

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