“Ogni volta che un bambino muore, scende sulla terra un angelo, prende in braccio il bimbo morto, allarga le grandi ali bianche e vola in tutti i posti che il bambino ha amato.” H.C. Andersen
L’esergo di apertura dello spettacolo, ovvero della “riscrittura” della Sirenetta di Andersen, da parte di Emma Dante, non potrebbe essere più adatto, alla circostanza, di quanto non lo sia stato, perché la platea di questa matinée al Teatro Vascello era gremita soprattutto da bambini per assistere a “Il Canto della Sirena”.
Si avverte, nella presentazione che ne fa il teatro stesso, che lo spettacolo è adatto a tutti, grandi e piccini, sicché genitori e figli, ognuno, con le sue prospettive temporali ed esistenziali, interpreterà il canto della sirena con una chiave di lettura diversa. Le storie quindi potrebbero essere molte, ma soprattutto due sono state le linee di sviluppo interpretativo.
C’è la favola con le sue meraviglie, i suoi sortilegi, l’evocazione degli abissi marini, il canto sublime della sirena, la trasformazione della sirena stessa in donna, la perfidia della strega del mare; tutto ciò attiene alla favola che lascia a bocca aperta i bambini, ma oltre a questa c’è anche la storia di chi non si sente a posto nel proprio corpo, di chi tenta con coraggio, o forse con incoscienza e forse ancora con presunzione di abbandonare il proprio mondo. Questa seconda storia la può percepire solo chi ha un passato alle spalle, chi ha operato scelte di rottura o anche chi si è voltato dall’altra parte e non volendo scegliere ha di fatto scelto lo stesso.
La storia, è bene ricordarlo, racconta di una sirena che se ne sta ore e ore sulla spiaggia o su uno scoglio a contemplare il mare. Il suo corpo ama invece la terraferma, da dove si può osservare il mare che appare una distesa bellissima con un odore buono. Ogni sera, la sirena canta a riva sotto le stelle, finché un giorno, a causa di una terribile tempesta, vede affondare una nave, si tuffa e salva dalla violenza dei flutti un bellissimo principe che sta per affogare. Lo riporta a riva e se ne innamora perdutamente.
È a questo punto del racconto che la sirena opererà la sua scelta, quella di rinunciare alla coda di pesce per inseguire il grande amore. Sarà disposta a tutto e chiederà alla strega del mare di realizzare il sortilegio che le consentirà di avere due gambe per correre dal suo principe ma a condizione di perdere la sua voce di cui se ne approprierà la strega. E se il principe non ricambierà il suo amore? Lei diventerà schiuma del mare. La sirena accetterà tutto, anche di morire e in una mutazione dolorosissima la sua coda si dividerà in due, generando le gambe ad una donna senza voce.
Il suo principe sarà disposto ad amarla?
La sirena si sentirà a casa sulla terraferma?
Quale sarà il suo destino?
L’atto unico dura un’ora precisa in cui la bravura dei tre attori Viola Carinci, Davide Celona e Stephanie Taillandier sulla scena è fuori discussione, ma l’interpretazione di Viola Carinci nella parte della sirena è da sottolineare per la carica di passionalità, per l’esibizione canora e la sensualità durante le acrobazie sulla scena, che l’hanno vista trasformarsi da sirena in donna.
Straordinaria la regia di Emma Dante che ha anche saputo rendere, concreto, tangibile un mondo fantastico attraverso l’allestimento di elementi di scena esclusivamente evocativi. Ma questo mondo fantastico e questa storia impossibile sono ammantati da un velo di pessimistico mistero, così spesso da rendere questo canto della sirena seducente per tutti, dei sei anni in poi, ognuno in un modo diverso, ognuno per un modo diverso.
IL CANTO DELLA SIRENA
liberamente tratto da “La Sirenetta” di H.C. Andersen
testo e regia Emma Dante
con Viola Carinci, Davide Celona, Stephanie Taillandier
Luci Cristian Zucaro
Coordinamento e distribuzione Daniela Gusmano
Rappresentazione del 1° Dicembre 2024
Teatro Vascello di Roma
Roberto Cavallini