Al Teatro Elicantropo di Napoli, dal 5 al 7 aprile, in scena ‘La Mar’ di Olimpia De Girolamo, con regia di Claudio Orlandini

Il Teatro Elicantropo di Napoli ospiterà, giovedì 5 aprile 2018 alle ore 21.00 (repliche fino a sabato 7), il debutto di ‘La mar’, un monologo scritto da Olimpia De Girolamo, interpretato da Marzio Paioni e diretto da Claudio Orlandini, con le musiche a cura di Gipo Gurrado, la scenografia di Dino Serra e le luci di Alessandro Bigatti.

Presentato da Agorà Teatro di Lugano ‘La mar’ racconta di Venerio, personaggio vecchio e solo su un’isola sperduta su cui si erge un faro. Potrebbe essere il guardiano della luce che orienta le navi, ma nell’oggetto della narrazione diventa molto di più.

È il testimone di una resa esistenziale, il rifugio di una bandiera bianca, una ‘stanza trasparente’ che illumina a intermittenza i ricordi ripercorsi nell’ultimo giorno di vita per poi finire avvolti dall’oscurità.

È, dunque, la sua storia, del rapporto frettoloso con le donne, spesso prostitute, o di quello, decisamente più tormentato, con il padre violento: un segreto che va raccontato per potersene liberare. La lingua di Venerio è contaminata, ora è napoletano, soprattutto italiano ma anche qualche slancio in francese, tedesco e qualche venatura nostrana.

Da fuori premono la modernità, la gioventù, la tecnica, e da dentro i ricordi, il passato, le paure e, infine, le speranze.

Rinchiuso in uno spazio attraversato dalla luce ci racconta in un viaggio, apparentemente immobile, la visione di un’anima umana, le paure, le solitudini, la sfida alle dicerie della gente e ai fantasmi del passato. Racconta soprattutto un mare vissuto al femminile, dignitoso, nobile, infinito: la mar.

La mar è il mare che accoglie e che offre, è spazio di viaggio e di ritorno che richiede coraggio e forza d’animo per essere conosciuto e rispettato.

Ciò che mi ha suggestionato sin dalla prima lettura del testo, scrive il regista in una nota,  è stata l’atmosfera di intima ricerca del personaggio, il suo bisogno di incontrarsi, di denudarsi, di mettersi di fronte al mondo per comunicare ciò che stava accadendo dentro di sé. Questa atmosfera è stata tradotta direttamente sul corpo dell’attore, spogliandolo, mettendolo in trasparenza di fronte al pubblico perché raccontasse tutto il movimento interiore di un uomo che ha curato per tutta la vita la luce del faro.

La stanza trasparente con la luce si trasforma in metafora dell’esistenza. Con le sue intermittenze luminose illumina e poi oscura le vicende della vita dell’uomo che, proprio in questo denudarsi nella trasparenza, impara a conoscere l’amore, a rimettersi al mondo per affrontare con nuova speranza il suo futuro. Il ritmo del faro si fonde con la musica e diviene racconto di vita, fatto di luci e di ombre, come la storia di ciascuno di noi.

 

La mar di Olimpia De Girolamo

Napoli, Teatro Elicantropo – dal 5 al 7 aprile 2018

Inizio delle rappresentazioni ore 21.00

Info al 3491925942 (mattina), 081296640 (pomeriggio)

Da giovedì 5 a sabato 7 aprile 2018

Napoli, Teatro Elicantropo

Vico Gerolomini, 3

Agorà Teatro di Lugano

presenta

                                                La mar

di Olimpia De Girolamo

Testo premiato al concorso per la Drammaturgia Femminile ‘Donna e Teatro’ 2017, Roma

con Marzio Paioni

canzoni e musiche di Gipo Gurrado

scenografia Dino Serra

luci Alessandro Bigatti

fotografie Michela Piccinini

regia Claudio Orlandini

Durata della rappresentazione 70’ circa, senza intervallo

La mar è il mare che accoglie e che offre, è spazio di viaggio e di ritorno che richiede coraggio e forza d’animo per essere conosciuto e rispettato. È un mare al femminile, dolce, imprevedibile, incantato.

Su una costa dimenticata e solitaria abita un uomo che decide di spingersi al largo della sua storia personale e si ritrova di fronte alla scelta obbligata di lasciare il suo lavoro di fanalista, a fare i conti con la perdita della donna amata e del suo bambino. Nello svuotare la casa da oggetti e ricordi, il guardiano snocciola l’intera sua vita e ripercorre, da adulto che si avvia alla vecchiaia, il tempo che fu, in un monologo che è una continua mescolanza di elementi quotidiani e di racconti di mare. Racconta la storia di un uomo che si sentiva destinato a un futuro eroico come un grande conquistatore dei mari, ma che poi finisce relegato a vivere nel faro di un’isola solare e mediterranea, percorsa da odori selvatici e popolata da gente curiosa e a tratti crudele e giudicante. L’isola lo seduce e lo attira come il canto di una sirena, ma al medesimo tempo lo spaventa e lo induce a salpare lontano fino all’approdo definitivo che lo riporta in mare aperto.

Il faro si trasforma in metafora dell’esistenza; con le sue intermittenze luminose illumina e poi oscura le vicende della vita dell’uomo che, proprio in questa torre alta sul mare, impara a conoscere l’amore, a sfidare le convenzioni sociali, a rimettersi al mondo per affrontare con nuova speranza il suo futuro.

Il ritmo del faro si fonde con la musica e diviene racconto di vita, fatto di luci e di ombre, come la storia di ciascuno di noi.

E come spesso accade, è tra le ombre, tra i segreti, tra gli scarti delle nostre esistenze o in quelli che noi riteniamo tali, che si cela l’identità più profonda, quella che contiene un’essenza vitale, quella che trattiene talmente tanta luce da abbagliare tutto attorno, persino i propri stessi occhi.

Note di regia

Ciò che mi ha suggestionato, sin dalla prima lettura del testo, è stata l’atmosfera di intima ricerca del personaggio, il suo bisogno di incontrarsi, di denudarsi, di mettersi di fronte al mondo per comunicare ciò che stava accadendo dentro di sé. Questa atmosfera è stata tradotta direttamente sul corpo dell’attore, spogliandolo, mettendolo in trasparenza di fronte al pubblico perché raccontasse tutto il movimento interiore di un uomo che ha curato per tutta la vita la luce del faro. In questo spogliarsi, ho rivisto il tema del sacrificio e le immagini hanno richiamato alla memoria un Cristo, un Prometeo che si sacrifica per cercare il fuoco. Gli oggetti di scena mi hanno guidato in un viaggio archetipico, fatto di simboli antichi: il mare come alterità, i pesci come simbolo sacro. L’acqua, elemento che mi pareva permeasse a fondo sia l’autrice dell’opera, sia le sue parole, come un liquido amniotico, come abisso del subconscio, è arrivata in scena attraverso la luce e la musica in una traduzione di immagini sonore e di colore. La scenografia è arrivata dopo, quasi come arricchimento, come ulteriore possibilità. La regia, tramite il lavoro di ricerca dell’attore, desiderava restituire tutto il mondo di solitudine e di resurrezione del personaggio Venerio, coraggioso navigatore che ama disperatamente la vita.

Claudio Orlandini

L’Agorà Teatro è un’Associazione culturale educativa e artistica fondata nel 2005 da Marzio Paioni e Claudio Orlandini.

Marzio Paioni è il Direttore artistico. Al centro del progetto teatrale c’è la ricerca dell’espressività, nella sua radice più profonda, in modo da consentire di scoprire sulla scena nuove risorse personali.

 

 

 

 

 

 

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