Le telecamere del Senato che trasmettono la diretta dell’Aula online hanno catturato il gesto del 16enne del liceo Righi di Roma, che al momento dei saluti del presidente Ignazio La Russa alla sua classe ha mimato una pistola con la mano. Dalle immagini il giovane non sembra puntare direttamente verso la premier Meloni, che aveva da poco terminato le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, ma alza la mano puntando verso l’alto, subito rimproverato dalla professoressa seduta accanto. L’insegnante prova ad abbassargli il braccio, senza successo. Subito dopo interviene anche un commesso a redarguire il ragazzo.
‘Non sottovalutare i segnali, ma non drammatizzare le situazioni e, anzi, lavorare per smorzarle’, Ignazio La Russa è tornare a lanciare il suo doppio appello contro l’inasprimento di un clima che per certi versi ricorda gli anni ’70, ma che proprio alla luce della lezione appresa da quella stagione può e deve avere un esito diverso. Lo ha fatto soffermandosi in particolare sul caso dello studente romano che al Senato ha fatto il gesto della pistola contro il premier Giorgia Meloni e sugli episodi di intolleranza che si sono registrati in diverse università.
Intervistato da Bruno Vespa nella trasmissione ‘Cinque minuti’, della quale sono state rilasciate alcune anticipazioni, La Russa è tornato sulla vicenda del gesto della pistola, spiegando perché, dopo aver letto in Aula la lettera di scusa della preside del Righi, ha voluto “spezzare una lancia” per il ragazzo, chiedendo che la punizione non fosse “eccessiva”. ‘Mi sono permesso di dire non punitelo troppo perché credo che la responsabilità del ragazzo ci sia, anche se sei minorenne sei responsabile, fino a un certo punto almeno, dei tuoi atti. Ma io credo – ha aggiunto – che sia il clima esterno che lo ha indotto a ritenere normale, ospite al Senato, di fare il gesto della pistola verso il presidente del Consiglio”.
“Il problema – ha avvertito il presidente del Senato – sta lì, nel clima di odio. Anche senza volerlo, certe parole e atteggiamenti, che vengono da quelli che una volta si chiamavano cattivi maestri, non voglio fare il paragone con chi oggi ha più responsabilità, possono indurre un ragazzino a ritenere normale” quel gesto. Un’analisi, quella di La Russa, che in fondo trova conferma nella parole dello stesso studente, il quale, pur riconoscendo di aver fatto “una cavolata”, ha derubricato il suo gesto ad atto di “dissenso”, negando che avesse “un connotato violento come invece poteva averlo in passato” e aggiungendo che avrebbe concluso la sua lettera di scuse con “saluti antifascisti”. Affermazioni che tradiscono, purtroppo, una profonda inconsapevolezza, rispetto alla quale quella fornita da La Russa appare come l’unica spiegazione plausibile.
Il presidente del Senato si è soffermato poi anche sui ripetuti episodi di intolleranza che si sono registrati nelle università e rispetto ai quali, già nei giorni scorsi, aveva spiegato che gli ricordavano il clima degli anni ’70. “Il tentativo di non far parlare chi non la pensa come te assomiglia agli inizi degli anni ’70, che io ho vissuto sulla mia pelle”, ha ribadito, sottolineando che “io penso però che la lezione degli anni ’70 in qualche modo sia servita. Le parole del Presidente della Repubblica, le prese di posizione di molti esponenti politici di varia area mi fanno sperare bene”.
“Spero che quegli anni non si ripetano. Lo credo anche, a patto – ha concluso – che l’allarme venga recepito, che non si sottovaluti quello che sta avvenendo, nel tentativo di giustificare in qualche modo qualcuno che non vuole che un altro dica delle cose diverse da come la pensa lui e allora gli impedisce di parlare”.
La scuola valuta la sospensione massima, 14 giorni, nei confronti dello studente che martedì in Senato ha fatto il gesto della pistola contro la premier Giorgia Meloni. Il gesto ha lasciato il segno. Ricordiamo che si tratta di uno studente del liceo Righi di Roma, presente con la scolaresca alle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo. L’episodio è stato denunciato dal presidente Ignazio La Russa, che in apertura di seduta aveva rivolto un saluto affettuoso ai liceali. Il ragazzo ha simulato uno sparo contro il presidente del Consiglio. Gesto “inaccettabile” stigmatizzato subito dal presidente del Senato La Russa e da FdI, a nome del quale Foti si era augurato che la politica prendesse le distanze. Non è avvenuto.
Intervenne la preside del Righi, Cinzia Giacomobono, annunciando, appunto, un provvedimento disciplinare. E intervenne con delle scuse formali lo studente stesso autore della “bravata”. Parlando con il questore anziano di Palazzo Madama, Gaetano Nastri, il 16enne, si è scusato, chiarendo che il suo gesto è stato frutto di una emotività fuori luogo. Ma le sue parole successive sono state sconcertanti, in verità. «Ho soltanto ripetuto un atto tipico, che fu di Autonomia operaia», ha precisato lo studente del liceo Righi di Roma. Una spiegazione che non fa cambiare idea all’istituto vicino a via Veneto, scuola che vanta la vetta alle classifiche Eduscopio sugli istituti di eccellenza, ma che in queste ore ha ricevuto mail di accuse e minacce: «Come li formate questi ragazzi, vergogna!», hanno scritto mittenti sconosciuti. Si valuta una denuncia ai carabinieri, riporta ‘Corriere della Sera’.
La preside Cinzia Giacomobono si dice «dispiaciuta, ma una punizione è necessaria». Infatti il sedicenne ha formulato scuse alquanto bizzarre. Anzi, dichiamo che ha rivendicato, se non l’atto, la sostanza: “Questo non è un governo di santi e di bravi. E in Aula c’erano anche altri politici che in passato non hanno certo fatto il bene di studenti e cittadini”, ha sostenuto in una lunga intervista rilasciata a ‘Repubblica’. Il ragazzo, che si definisce “antifascista”, smentisce pure di avere mirato l’arma immaginaria nei confronti del presidente del Consiglio: “Era verso l’alto. Le immagini e la prospettiva possono ingannare. Non ce l’ho con lei in particolare”. Aggiungendo: «Se avessi fatto il gesto del pugno chiuso forse tutto questo casino non sarebbe successo».
“È stata una cavolata e lo riconosco. Non volevo minacciare nessuno”, ha detto il liceale. Si tratterebbe di una mossa “che ha radici precise di lotta, ma oggi non ha un connotato violento come invece poteva averlo in passato”. Pertanto, la sostanza è che non intende pentirsi ” di avere espresso la sua critica. Rimarca la sua avversione a questo governo (“che non è un buon governo”) e ha annunciato che presto arriverà una lettera di scuse alle istituzioni e, in particolare, alla premier. Non ne anticipa il contenuto, solo la chiosa: “Con chiari saluti antifascisti”. Criticare e dissentire è ovviamente lecito. L’impressione è che lo studente non si renda conto che certi gesti e il richiamo ad Autonomia Operaia riportano a tempi bui che un ragazzo a 16 anni dovrebbe bandire dalla sua visione del mondo.
Nei giorni scorsi, proprio La Russa, era intervenuto nel dibattito sui casi di intolleranza che si sono registrati nelle università, segnalando l’importanza di pronunciare parole chiare contro “vergognosi episodi” che per “fatti e slogan” richiamano alla memoria gli anni ’70 “quando in pochi condannarono l’occupazione violenta e ideologica delle università e di molte scuole, aprendo la strada ad anni di scontri e di violenze, anche reciproche, che furono poi concausa della nascita del terrorismo”. La Russa, quindi, aveva concluso sottolineando che le reazioni in particolare alla cacciata del direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, dall’Università di Napoli facevano “ben sperare che la lezione degli anni ’70 sia servita e che oggi tutti si rendano conto della gravità della questione.
II consiglio di classe che dovrà pronunciarsi su una eventuale sanzione a carico del 17enne di terza liceo, invece, si terrà lunedì 25 marzo. La scuola valuta la sospensione massima, come detto, 14 giorni, nei confronti dello studente.
“Il padre l’ho trovato costernato – dice la dirigente scolastica – sul ragazzo ho l’impressione che non si renda ancora conto del gesto, che non abbia maturato la coscienza della gravità del fatto nel contesto in cui è avvenuto, ha dimostrato il suo dissenso in modo scomposto e in una sede non opportuna”.
La risposta della comunità scolastica varia: da un lato, c’è chi condanna il gesto per l’inadeguatezza del contesto in cui è stato compiuto; dall’altro, alcuni studenti e membri del collettivo considerano la sospensione una reazione sproporzionata, evidenziando la natura simbolica dell’azione. La preside ha rivelato di aver ricevuto mail di attacco e minacce, amplificando il clima di tensione e di critiche indirizzate al liceo.