Al Ridotto del Mercadante di Napoli in scena ‘Fine di Donna Lionora’

Dopo Anna Maria Ortese, Raffaele La Capria e Giuseppe Patroni Griffi, è Enzo Striano l’autore al centro della quarta edizione del progetto di Teatro e Letteratura dello Stabile dedicato a adattamenti teatrali delle opere di scrittori napoletani o a Napoli particolarmente legati. Al celebre romanzo storico del 1986 di Enzo Striano, Il resto di niente, sulla vita di Eleonora de Fonseca Pimentel all’epoca della Rivoluzione Napoletana del 1799, è dedicato il trittico di allestimenti Inizio, Sviluppo e Fine di Donna Lionora, con drammaturgia di Maurizio Braucci. Tra le prime donne giornaliste in Europa, scrittrice, amica di intellettuali e rivoluzionari come Vincenzo Cuoco e Guglielmo Pepe, la Pimentel ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende dei moti partenopei del 1799. Come nel precedente Sviluppo di Donna Lionora, protagonista di Fine di Donna Lionora – terzo e ultimo del ciclo, in scena da giovedì 7 a domenica 15 aprile al Ridotto del Mercadante di Napoli con la regia di Alessandra Cutolo – è Teresa Saponangelo, accompagnata da Vincenzo Nemolato. Con loro recitano Flora Faliti e Anna Patierno del laboratorio “Piazza bella piazza” del Quartiere Forcella, lo storico progetto teatrale delle donne-attrici nato nel 2006 al Teatro Trianon diretto da Marina Rippa. Fine di Donna Lionora è l’ultimo atto della rivoluzione napoletana del 1799. E’ il racconto della morte della donna che l’ha rappresentata. Ma anche del naufragio di un’utopia, la fine del sogno di abolire i privilegi di una parte della città. Il sogno di accorciare la distanza tra lazzari e giacobini, ignoranti e colti, selvaggi ed educati. Lo sforzo di portare in città l’enorme potenziale di modernità che il secolo dei lumi aveva diffuso in Europa. Il tentativo di comunicare coi lazzari recalcitranti e d’imporre loro una visione del mondo. Ma anche la fine del Monitore Napoletano, il giornale che avrebbe voluto educare il popolo. Cosa resta oggi di quest’utopia? Il resto di niente? O forse alcune delle questioni centrali della città sono le stesse di allora? La parola di Enzo Striano, nell’adattamento drammaturgo di Maurizio Braucci, si integra con quella di Vincenzo Cuoco, giacobino sopravvissuto alla sconfitta, addolorato nel raccontare il sacrificio della sua generazione e teso nello sforzo di “giovare ai posteri”. Le scene e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta; le luci di Gigi Saccomandi; la produzione del Teatro Stabile di Napoli.

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