Addio Scarponi, campione e gregario che vinse Giro 2011

Campione e gregario: Michele Scarponi era questo. E a 37 anni, un Giro d’Italia in bacheca (vinto nel 2011), si preparava ad una nuova avventura nella corsa rosa, stavolta da capitano dell’Astana. L’Aquila di Filottrano ha chiuso le ali per sempre in un giorno qualunque di primavera. Scarponi era tornato a casa ieri sera con il sorriso sulle labbra, come sempre, perché aveva chiuso positivamente il Tour of the Alps, vincendo la prima tappa in Austria, ma soprattutto avvertendo buone sensazioni in vista del 100/o Giro d’Italia, dov’era stato scelto come capitano al posto dell’infortunato Fabio Aru. E dove voleva presentarsi al top. Invece, a pochi metri da casa, ha trovato la morte. Un destino crudele, beffardo, gli ha stroncato la vita a soli 37 anni. Era sceso ieri dalla bici che amava, vi è risalito subito, stamattina, perché voleva presentarsi ad Alghero, il 5 maggio, all’appuntamento con la corsa rosa, nelle migliori condizioni possibili. Perché, a 37 anni, ripeteva Michele, “si ha ancora fame”. E infatti, il marchigiano aveva voglia di stupire, di scalare, di macinare chilometri, di regalare successi e sorrisi. Non potrà più farlo. Il suo amore per i pedali era nato da bambino: per la prima comunione ricevette in dono una bici e, a otto anni, si tesserò per la Pieralisi di Jesi. Il primo vero successo è datato 1997, all’età di 17 anni, nel Campionato italiano Juniores, dopo una piccola-grande impresa al Castello di Caneva. Cominciò quel giorno l’ascesa di un corridore capace di qualsiasi risultato. Gli si aprirono le porte della Nazionale e partecipò alla prova di categoria a San Sebastián, nei Paesi Baschi, lottando per la vittoria, prima di essere fermato da una foratura. Passò professionista nel 2002, gareggiando per Acqua & Sapone-Cantina Tollo, la squadra di Mario Cipollini: al debutto fra i professionisti conquistò una vittoria di tappa nella Settimana ciclistica lombarda. L’anno dopo si mise in luce nelle classiche di un giorno, ottenendo un 7/o all’Amstel Gold Race, e un 4/o alla Liegi-Bastogne-Liegi. Nel 2005 si trasferì in Spagna, alla Liberty Seguros-Wuerth di Manolo Saiz, fu in quel periodo che si mise in luce nelle corse a tappe.

Nel 2005 si trasferì in Spagna, alla Liberty Seguros-Wuerth di Manolo Saiz e l’anno seguente venne coinvolto, insieme ad alcuni compagni di squadra, nell’Operación puerto, dopo avere ammesso alla Procura Coni i rapporti col famigerato medico Eufemiano Fuentes; venne squalificato nel luglio 2007 per 18 mesi e rientrò alle gare nella stagione 2009, quella del Giro d’Italia del centenario. Nel 2010 vinse la Tirreno-Adriatico, con la maglia della Diquigiovanni Androni e, nello stesso anno, al Lombardia si arrese solo a Gilbert. Nel 2011 approdò nella Lampre, chiudendo il Giro d’Italia al secondo posto, alle spalle di Contador. La squalifica dello spagnolo, positivo al Clenbuterolo, gli permise di indossare virtualmente la maglia rosa, che gli venne consegnata – assieme al trofeo – a Herning (in Danimarca), alla partenza del Giro 2012. Quel giorno, come sempre sorridendo a 32 denti ‘Scarpa’ disse ai giornalisti: “Mettetela come vi pare, ma sempre di un successo si tratta”. Altro che vittoria ‘a tavolino’. Al prossimo Giro si sarebbe presentato da capitano dell’Astana, la squadra dove era rimasto per stare al fianco di Aru, dopo che aveva rifiutato il passaggio alla Bahrain-Merida di Vincenzo Nibali. Negli ultimi anni si era distinto come gregario di lusso, costruendo i successi del sardo come del siciliano, alla Vuelta come al Tour. Scarponi era l’amico della porta accanto, campione e gregario al tempo stesso. Così come il ciclismo gli ha regalato tante soddisfazioni, la vita gli ha riservato un finale drammatico, stamattina, poco dopo le 8, in un qualsiasi giorno di primavera.

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