A 92 anni è scomparso un altro dei nostri grandi autori cinematografici. Francesco Rosi, nato a Napoli il 15 novembre 1922, è morto a Roma, dove si era trasferito dopo aver trascorso la giovinezza nella sua città. Fin da bambino fu attratto dal cinema ed a tre anni vince un concorso fotografico indetto da una casa di produzione americana che cercava bambini somiglianti a Jackie Coogan, il bimbo protagonista de Il monello di Chaplin. Lavorerà anche a fianco di Luchino Visconti per La terra trema e Senso. Dopo aver lavorato come sceneggiatore, comincerà a diventare sempre più indipendente e lasciando le pellicole melodrammatiche come Tormento arrivano le collaborazioni a film più importanti, come I vinti di Michelangelo Antonioni e Proibito di Mario Monicelli. Il 1958 sarà l’anno della sua completa emancipazione e La sfida è il primo lungometraggio a portare la sua firma, mentre l’anno successivo si troverà a dirigere Alberto Sordi ne I magliari, che racconta la storia di un immigrato che, dalla Germani all’Italia, si troverà faccia a faccia con la camorra. Gli anni sessanta coincidono con il filone cinematografico d’inchiesta e Rosi è interessato all’evoluzione della società italiana nel bene e nel male. Questa volta dalla sua Napoli i riflettori li punta sulla Sicilia. Nel suo capolavoro Salvatore Giuliano utilizza una tecnica innovativa e molto efficace, fatta di flashback non in ordine cronologico ed arrivano i primi grandi riconoscimenti: prima l’Orso d’Argento al Festival di Berlino e poi il Nastro d’Argento come miglior regista, statuetta che riceve ex aequo con Nanni Loy. Rosi lavorerà poi al suo secondo capolavoro e sceglie Rod Steiger per interpretare il costruttore edile Eduardo Nottola in Le mani sulla città, un’incursione più reale della realtà nell’Italia del boom economico e dei palazzinari. Il film racconta la sua Napoli, lo sfruttamento edilizio e la collusione tra malavita e Stato. Per la sua tragica bellezza il film otterrà il Leone d’Oro al Festival di Venezia e due candidature ai Nastri d’Argento come miglior regista e miglior soggetto. Il riconoscimento culminerà con un David di Donatello ricevuto nel 1965 insieme a Vittorio De Sica.