A Pompei spunta il tesoro della fattucchiera

Morbide ambre, lucidi cristalli, ametiste. Ma anche bottoni in osso, delicate fayence, scarabei dell’oriente. A Pompei, negli scavi ancora in corso nella Regio V, la Casa col Giardino restituisce un nuovo strabiliante tesoro, di nome e di fatto: i resti di uno scrigno in legno e metallo pieno di oggetti femminili, specchi, collane. Ma soprattutto tantissimi amuleti, dalle bamboline alle campanelle, una spiga di grano, un piccolo teschio, falli, pugni chiusi. Decine di portafortuna accanto ad altri oggetti ai quali si attribuiva il potere di scacciare la malasorte, sottolinea all’ANSA  Massimo Osanna l’archeologo direttore del Parco.

Meraviglie che certo potrebbero essere appartenute alla padrona di casa. Ma non è detto. Perché quella cassetta di legno, la cui impronta è rimasta impressa nella cenere indurita di duemila anni fa, si trovava in un ambiente di servizio, lontano dalla stanza da letto della matrona e anche dall’atrio della domus dove gli archeologi hanno ritrovato gli scheletri di dieci persone, praticamente l’intera famiglia, sterminata dalla violenza dell’eruzione mentre tentava di mettersi in salvo.

Non solo: in questo tesoro non ci sono gli ori,  che a Pompei  tutte le donne amavano esibire e che certamente non potevano mancare nel portagioie di una giovane signora benestante, tanto che sulla parete di una delle stanze di rappresentanza della casa è sopravvissuto il delicato ritratto di una giovane donna, quasi certamente la proprietaria, che sfoggia ai lobi un paio di brillanti e raffinati orecchini.

 

Le collane contenute nel piccolo forziere, certo bellissime ma non di grandissimo valore economico, sembrano quindi raccontare un’altra storia, ancora più intrigante:  Si potrebbe trattare, spiega Osanna,  “di monili da indossare  per occasioni rituali, più che per mostrarsi elegante”.

Oggetti preziosi, ma in un senso diverso dai gioielli. Una raccolta di piccole cose in qualche modo legate alla magia  che potrebbero essere state l’armamentario di una persona, forse anche una schiava, dotata di particolari  capacità taumaturgiche, di un rapporto privilegiato con gli aspetti più magici del vivere quotidiano.

Si potrebbe spiegare così la presenza di tanti strani oggetti, tutti per un verso o o per l’altro legati mondo romano con la fertilità, la seduzione, il buon esito di un parto o di un matrimonio, dai falli alle pigne, dalla spiga alle ambre. Anche gli specchi, del resto, potevano avere una funzione nei rituali.

Osanna allarga le braccia. Gli studi sulla Casa del Giardino – la stessa nella quale è stata ritrovata l’iscrizione che ha cambiato la data dell’eruzione del Vesuvio  posticipandola dal 24 agosto al 24 ottobre del 79 d.C-  sono di fatto ancora agli inizi.  Gli oggetti dello scrigno sono appena stati ripuliti e restaurati, soltanto ora si potrà cominciare ad esaminarli e studiarli uno ad uno.

La squadra di esperti del Grande Progetto Pompei sta lavorando anche per fare luce sulla composizione della famiglia, il primo passo per cercare di ricostruirne la storia. “Gli esami sui resti delle dieci persone ritrovate nell’atrio – racconta il direttore – hanno dimostrato che si tratta di un gruppo interamente composto da donne e fanciulli”. Gli uomini erano andati in avanscoperta, due sono morti a pochi metri dalla porta di casa. “Stiamo cercando di ricostruire il dna di tutti e i rapporti di parentela. Pensiamo si trattasse di un’intera familia nel senso romano del termine , comprensiva quindi degli schiavi al servizio”.

Tant’è. Tra loro forse c’era una donna alla quale la famiglia, se non addirittura la comunità, riconosceva poteri in qualche modo magici, il talento di aiutare gli altri , in particolare le fanciulle e le signore, ma non è detto soltanto loro, nelle piccole cose della quotidianità come nei momenti più delicati dell’esistenza. Una capacità di attirare il bene e di tenere lontana la malasorte che purtroppo nulla ha potuto davanti al nemico più grande.

 

 

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